La protesta contro la decisione del governo di intervenire unilateralmente su reclutamento, formazione e valutazione dei docenti.
Flc Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola, Snals e Gilda hanno proclamato lo sciopero di tutto il personale docente, Ata ed educativo della scuola per l’intera giornata del 30 maggio prossimo. La scelta è del tutto necessaria e opportuna, dopo che il governo ha approvato il Dl n.36 del 30 aprile scorso in materia di reclutamento del personale docente e sistema di formazione e valutazione degli insegnanti. Si tratta di un atto governativo gravissimo poiché si interviene di forza, addirittura con lo strumento del decreto legge, su materie fondamentali e molto sensibili per la categoria, senza alcun confronto con le organizzazioni sindacali, e anche su aspetti che dovrebbero essere di esclusiva prerogativa contrattuale.
Il governo motiva il provvedimento perché applicativo del Pnrr, ma ovviamente non è scritta da nessuna parte la necessità di cancellare le relazioni sindacali. Si tratta invece di una discrezionale e irresponsabile scelta politica. Ciò è tanto più grave perché tutto questo avviene all’indomani del rinnovo delle Rsu, che ha visto nella scuola un’altissima partecipazione al voto (oltre il 70%), con cui alle organizzazioni sindacali è stato fortemente rinnovato il ruolo di rappresentanza dell’intera categoria. Invece il governo, disconoscendo qualsiasi ruolo alle rappresentanze sindacali e contravvenendo a tutti gli impegni assunti a partire dal “Patto sulla scuola” del maggio 2021, ha deciso di intervenire unilateralmente su tematiche di tutto rilievo per la categoria.
Il decreto infatti modifica il sistema di reclutamento del personale docente prevedendo una nuova procedura, estenuante e farraginosa, che non risolve però l’annoso problema del precariato, specie di quei supplenti che da anni insegnano nelle scuole ma che non vengono mai stabilizzati. Il nuovo sistema, inoltre, rischia di alimentare un oneroso - per i precari - e lucroso - per le università - mercato dei titoli e crediti universitari necessari per poter insegnare. Inoltre, si interviene sulla formazione in servizio e sulla valorizzazione professionale dei docenti, aspetti rilevanti del rapporto di lavoro che avrebbero dovuto essere affrontati e regolati in sede di rinnovo contrattuale.
Invece non solo le trattative per il rinnovo contrattuale non sono state ancora avviate, nonostante ormai il contratto sia scaduto da tre anni e cinque mesi, ma addirittura il governo esautora le relazioni sindacali, disciplinando la materia in modo autoritario per via legislativa.
La gravità della questione non è solo di metodo, ma anche di merito. Il decreto, infatti, prevede un discutibilissimo meccanismo premiale e selettivo per i docenti, basato sulla formazione in servizio, i cui percorsi sono definiti e strutturati da una Scuola di Alta formazione appositamente creata per l’occasione. Così facendo non solo si mortifica l’autonomia professionale dei docenti, la cui attività formativa viene decisa da un soggetto estraneo, ma la formazione diventa l’unico parametro per valutare la professionalità del personale, escludendo qualsiasi altro criterio basato su competenza, esperienza, impegno. Il sistema di valorizzazione così definito risulta pertanto del tutto astruso rispetto alle peculiarità del lavoro docente, che si caratterizza per la dimensione collegiale delle attività e il rifiuto di qualsiasi organizzazione gerarchica, oltre che per lo sviluppo delle molteplici dimensioni della professione non riducibile alla sola formazione.
Da ultimo va evidenziato che le novità di questo provvedimento legislativo vengono autofinanziate dal sistema d’istruzione, ovvero con la riduzione dell’organico di scuola (circa 10mila posti) e con il taglio delle risorse di cui beneficiano i docenti per l’autoformazione (la cosiddetta card docenti).
L’obiettivo della mobilitazione e dello sciopero del prossimo 30 maggio è che in sede di conversione in legge del Dl 36/2022, che contiene anche provvedimenti di altra natura, sia stralciata tutta la parte riguardante la scuola, a partire da quella che ha ricadute immediate sulla contrattazione. Qualora il governo non dovesse accogliere questa rivendicazione, è evidente che la mobilitazione non potrà che proseguire, eventualmente con lo sciopero degli scrutini, per contrastare l’approvazione di una norma irrispettosa delle prerogative sindacali e inadeguata riguardo i veri bisogni del personale della scuola.