Transizione energetica: si vuole tornare indietro - di Mara D’Ercole

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èdifficile fare un fermo immagine sulla crisi energetica in questi giorni, fra guerra e sanzioni, tra il “fit for 55” e l’evocazione del ritorno al carbone, tra le angoscianti immagini di violenza dure da guardare e la minaccia di una crisi economica che potrebbe colpire duramente, ancora una volta, le fasce più deboli della popolazione anche qui da noi.

Ad ogni modo, su Sinistra Sindacale abbiamo seguito nel tempo le vicende della centrale a carbone di Civitavecchia che inizialmente sarebbe dovuta diventare una centrale turbogas, passando da una fonte fossile ad un’altra fonte fossile. Sarebbe stato un passaggio intermedio costoso e problematico anche dal punto di vista occupazionale, che avrebbe rallentato il cammino verso il green deal.

Dopo una battaglia lunga e difficile cui hanno partecipato associazioni, Camera del Lavoro, istituzioni locali e cittadinanza tutta, è arrivata la tanto attesa conquista: il 23 febbraio Enel ha annunciato di non aver partecipato all’asta di Terna per il capacity market, fermando, sostanzialmente, il progetto della riconversione a turbogas, e dando il via libera al progetto di riconversione in eolico off-shore. La soddisfazione di tutti i soggetti che dal basso hanno reso possibile questo risultato è stata grande.

Il giorno seguente, il 24 febbraio, le truppe russe hanno iniziato l’avanzata verso il Donbass dando inizio all’invasione dell’Ucraina. Il 25 febbraio il presidente del Consiglio Mario Draghi è andato in Parlamento per un’informativa sulla crisi internazionale e ha parlato diffusamente del problema energetico, della forte dipendenza dal gas russo, dell’utilizzo degli stoccaggi, della difficolta ad incrementare nell’immediato l’utilizzo del gnl (gas naturale liquefatto), della necessità di potenziare i flussi di gas in arrivo da gasdotti non a pieno carico come il Tap dall’Azerbaijan, il TransMed dall’Algeria e dalla Tunisia, il GreenStream dalla Libia. E poi ha detto: “Potrebbe essere necessaria la riapertura delle centrali a carbone, per colmare eventuali mancanze nell’immediato”.

Su Civitavecchia è calato il gelo, immediatamente il sindaco della città Ernesto Tedesco e l’assessora alla transizione ecologica della Regione Lazio, Roberta Lombardi, hanno dichiarato che su Torre Valdaliga Nord non si sarebbe fatta marcia indietro, e che si sarebbe andati avanti con il progetto sull’eolico offshore. Ma in realtà già nei tre mesi precedenti all’informativa di Draghi, con le quotazioni del metano alle stelle, l’utilizzo del carbone era cresciuto del 25%. La centrale Enel di La Spezia aveva già riacceso il “Gruppo 3” alimentato a carbone, che in precedenza aveva avuto il via libera allo spegnimento per passare al gas, ed era stata richiamata in servizio anche la centrale A2A di Monfalcone.

La levata di scudi sulle dichiarazioni relative al “ritorno al carbone” di Mario Draghi è stata fortissima, perché sì, è realistico considerare che senza energia il Paese di ferma, si fermano le fabbriche, si ferma l’agroalimentare, gli ospedali, le famiglie, il sistema. Ma è altrettanto realistico considerare il rapporto Ipcc (il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico dell’Onu) pubblicato e piombato sulla crisi energetica il 28 febbraio, e presentato online da Antonio Guterres, segretario generale delle Nazioni Unite. Che ha detto: “…di tanti report letti nella mia carriera, nessuno come questo è un atlante di sofferenze umane, un indice dei fallimenti delle leadership climatiche. Già oggi metà della popolazione umana vive in zone in pericolo a causa della crisi climatica. Molti ecosistemi sono già adesso ad un punto di non ritorno. L’impegno di Glasgow non è abbastanza…”. Il cambiamento climatico è un pericolo per la vita, per le società umane, foriero, come la guerra, di grandi sofferenze.

Le dichiarazioni, le azioni e le missioni diplomatiche sulla crisi energetica si sono susseguite precipitosamente, un po’ confuse e un po’ frettolose; i toni di Cingolani e di Draghi sono cambiati, e il presidente del Consiglio il 9 marzo ha risposto ad una raffica di interrogazioni parlamentari sulla crisi energetica puntando tutto sulla semplificazione amministrativa per accelerare sulle rinnovabili.

Per chiudere diremo solo che l’8 marzo la Commissione europea ha presentato “REPowerEU”, una proposta di azione europea comune che vuole accelerare la transizione verde, diversificare gli approvvigionamenti e ridurre la domanda, sostenere industrie ad alta intensità energetica, settore agroalimentare e famiglie in condizioni di povertà energetica. Le azioni, questa è una novità, potrebbero essere finanziate anche da “misure temporanee di carattere fiscale sui proventi straordinari”, che potrebbero rendere disponibili fino a 200 miliardi di euro nel 2022 per compensare parzialmente l’aumento delle bollette energetiche.

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