Roma non si liquida - di Mimmo Dieni

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La lotta dei lavoratori delle partecipate di Roma nel pieno dell’emergenza Covid. 

Le fasi emergenziali, quale quella che stiamo vivendo per l’esplosione della seconda ondata del virus Covid, fanno spesso passare in secondo piano, agli occhi della pubblica opinione, altre drammatiche emergenze che pure riguardano decine di migliaia di lavoratori e le loro famiglie. A volte, però, come nel caso della vertenza delle aziende dei servizi e delle partecipate di Roma Capitale, è proprio dalla risoluzione di tali problematiche che si potrebbero dare risposte (oggi più che mai necessarie!) non solo ai lavoratori protagonisti, ma anche e soprattutto ai cittadini, che vedrebbero alleviate quotidiane sofferenze, per di più aggravate, come mai prima, dall’emergenza in corso.

Poco più di un anno fa, decine di migliaia di lavoratori delle aziende partecipate e di servizi invasero, con un partecipato sciopero, le strade della capitale, arrivando in Campidoglio. Si iniziò una trattativa che poteva dare ottimi frutti in termini di miglioramento di tanti servizi pubblici essenziali per i romani e per l’intero hinterland. L’ennesima occasione sprecata per una riprogettazione di questi servizi va addebitata in toto alla sindaca Raggi ed all’ineffabile (e inafferrabile) assessore al Bilancio, Lemmetti.

Ci va giù duro il segretario generale delle Cgil regionale, Michele Azzola, durante l’evento online ‘Roma non si liquida’, un dibattito pubblico tra sindacati e presidenti dei gruppi consiliari di Roma Capitale, che il 3 novembre scorso ha sostituito, per i problemi legati alla pandemia, la prevista mobilitazione di Cgil, Cisl, Uil: “A un anno dallo sciopero generale delle partecipate non abbiamo mai visto Lemmetti, se non nei corridoi della città. Si è sempre rifiutato di incontrare i sindacati. Raggi si impegnò a portare l’assessore al tavolo ma non abbiamo rivisto nemmeno lei. Non si è parlato delle partecipate né del loro ruolo fondamentale nella gestione della città”.

Il capo vero sembra essere diventato proprio l’assessore al Bilancio, che sfugge ad ogni confronto ed ha una visione “commercialista” della città. La maggior parte delle partecipate non ha nemmeno i bilanci, non sono approvati da anni e manca una qualsiasi progettualità. “Ad esempio l’Atac - prosegue Azzola - da sola non può organizzare completamente il servizio di tpl. Se volessi gestire l’interesse dei cittadini, dovrei mettere insieme le ferrovie concesse, le ferrovie regionali, il Cotral, il tpl, e organizzare il viaggio del cittadino che ogni giorno fa il pendolare da Roma o fuori Roma, per arrivare sul posto di lavoro o a scuola”. Si calcola che lo spostamento quotidiano verso la capitale interessi circa mezzo milione di residenti nell’area metropolitana.

La palla passa ora alla politica che, dopo anni di privatizzazioni e smantellamento di servizi pubblici, rivelatisi essenziali, in nome dei tagli al bilancio, si trova nell’obbligo di dare risposte e di cambiare marcia e direzione, anche per i servizi a gestione diretta comunale. Un esempio lo dà quello che è oramai lo scheletro di quello che era, fino agli ultimi anni del secolo scorso, il miglior servizio giardini di Europa. Sono decine gli interventi giornalieri, compiuti in emergenza (con conseguente lievitazione dei costi), a causa dell’oggettiva impossibilità di programmare le previste potature degli alberi, effettuati da poche unità di addetti e con un’elevata età media.

Troppi i tesori di professionalità individuale andati perduti col naturale susseguirsi dei pensionamenti del personale, non sostituito in numero adeguato, mentre i parchi e il verde pubblico cadono sempre più nel degrado. Cgil Cisl Uil, in un documento unitario, denunciano gli anni e le occasioni perse (come quella del tavolo interistituzionale o i confronti col governo, che se ben fatti, avrebbero potuto consentire una svolta epocale per i servizi a Roma), la mancanza di bilanci, e di conseguenza di programmazione per le società partecipate. Tutto ciò mentre i lavoratori addetti patiscono una continua incertezza sul proprio futuro lavorativo, con stipendi inadeguati e non vedendo riconosciute le loro professionalità.

 

I cittadini, che comprensibilmente si infuriano per l’inadeguatezza dei servizi, devono sapere di chi sono le responsabilità: non certo di chi lavora con forte disagio. I sindacati concludono il loro documento chiedendo che, visto il silenzio assordante della giunta, almeno le forze del Consiglio comunale si attivino concretamente per il bene di Roma.

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