Fca: nuova organizzazione, peggiori condizioni di lavoro - di Davide Bubbico

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Nel mese di ottobre le edizioni della Fondazione Feltrinelli hanno dato alle stampe il volume “Lavorare in fabbrica oggi. Inchiesta sulle condizioni di lavoro in Fca/Cnh”. Si tratta della pubblicazione di una voluminosa ricerca, promossa dalla Fiom e dalla Cgil con il supporto delle Fondazioni Claudio Sabattini e Di Vittorio, avviata nell’autunno del 2017 e terminata nei primi mesi del 2018, che ha visto coinvolti una ventina di ricercatori di diverse università italiane e delle due Fondazioni.

L’ampiezza dell’inchiesta è spiegata dai 55 stabilimenti coinvolti nella somministrazione del questionario, e dal numero di questionari raccolti (circa 10mila). Il questionario era rivolto esclusivamente alla componente operaia (diretti e indiretti di produzione), che contava circa 50mila unità sulle 65mila complessive. I questionari raccolti hanno coperto il 20% degli operai, anche se sono stati solo circa 8 mila quelli utilizzati nell’analisi statistica. L’inchiesta si è inoltre avvalsa di circa 170 interviste qualitative con lavoratori dei vari stabilimenti, di cui circa 60 tra Rsa o Rls della Fiom, e di due “gruppi di discussione” con lavoratori della Fca di Pomigliano e della Iveco di Suzzara.

L’inchiesta aveva come obiettivo di analizzare lo stato delle condizioni di lavoro anche in conseguenza dell’introduzione, dalla prima metà del decennio scorso, di un nuovo modello organizzativo, il Wcm (World Class Manufacturing), e in alcuni stabilimenti (principalmente quelli di Fca maggiormente dediti all’assemblaggio) di una nuova metrica del lavoro associata a un nuovo sistema ergonomico, l’Ergo-Uas.

L’inchiesta ha indagato condizioni di lavoro molto differenziate per la diversità degli stabilimenti dal punto di vista produttivo (assemblaggio di auto, veicoli commerciali, motori, componenti, ecc.), e che dunque presentavano situazioni diverse sul piano dei carichi di lavoro e dell’applicazione effettiva sia del Wcm sia dell’Ergo-Uas.

Tuttavia l’indicazione di un peggioramento delle condizioni di lavoro negli ultimi anni è venuta dal 60% del campione, a fronte di circa un 30% che ha indicato una situazione invariata, e del rimanente 10% che ha indicato un miglioramento (prevalentemente team leader e indiretti di produzione).

Un dato tanto più significativo perché non ascrivibile ai soli iscritti alla Fiom (il 22% nel campione), ma condiviso tra il 50 e il 60% anche tra iscritti alle altre organizzazioni sindacali (un altro 25% del campione, che comprende anche un 20% di ex iscritti e il 30% di lavoratori mai iscritti ad un sindacato).

Il peggioramento delle condizioni di lavoro raccoglie anche valori dell’80% se si considerano solo gli addetti linea, aree di preparazione, controllo qualità e movimentazione dei materiali degli stabilimenti che negli ultimi anni hanno conosciuto un aumento dei volumi di produzione (es. la Fca di Melfi e la Sevel di Atessa). La criticità delle condizioni di lavoro cresce inoltre negli stabilimenti con regimi di turnazione diversi da quello dei 10 turni. La presenza di circa il 30% di lavoratori e lavoratrici con ridotte capacità lavorative (tra limitazioni permanenti e temporanee) contribuisce a delineare un quadro ulteriormente critico che ha conseguenze dirette sull’organizzazione del lavoro, ad esempio in relazione ai vincoli nella rotazione sulle postazioni, ancora più accentuato in quegli stabilimenti in cui è cresciuta l’età media, generalmente più alta negli stabilimenti settentrionali rispetto a quelli meridionali.

Ma è l’effettiva applicazione del Wcm, ad esempio sul concreto funzionamento del modello partecipativo, che rappresenta uno dei punti critici più evidenti della nuova strategia organizzativa che ha finito, in molti casi, per ridursi soprattutto ad una attenta operazione di riduzione dei costi (complici i bassi investimenti in impianti e macchinari, al di là di quelli in occasione dei nuovi lanci produttivi).

Ciò non significa che l’azienda non abbia perseguito obiettivi di miglioramento della qualità e di riduzione degli infortuni, ma il maggior impegno aziendale (anche ai fini del Wcm) sul piano della prevenzione è stato spesso declinato sul tema dei Dpi, tralasciando gli effetti determinati dalla nuova metrica e dall’intensificazione dei ritmi di lavoro. In tal senso anche i miglioramenti in tema di ergonomia del lavoro sono stati, in molti casi, valorizzati quasi esclusivamente dall’azienda per saturare ulteriormente i tempi di lavoro. L’elevato numero di infortuni trasformati in eventi diversi (malattia, incidenti in itinere, spostamenti, permessi, ecc.) ha rivelato inoltre una pratica di occultamento degli infortuni sensibilmente maggiore rispetto agli anni passati.

Un quadro critico, dunque, che restituisce una condizione del lavoro operaio che ha subito le conseguenze del susseguirsi di modelli organizzativi mai oggetto di un confronto sindacale, e in un sistema di relazioni ostativo nei confronti della Fiom Cgil. Che tuttavia non ha impedito proprio a questa organizzazione, in occasione delle ultime tornate elettorali, di risultare la prima per numero di Rls eletti.

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