L’intesa tra Ugl e Assodelivery ha una solo funzione: impedire che da novembre i riders possano ottenere le tutele del lavoro subordinato, così come stabilito dalla legge 128/2020.
Quando la Cgil, spesso per bocca del suo segretario generale, chiede a gran voce una legge sulla rappresentanza, non sta invocando chissà quale astrusa tecnicalità giuridico sindacale ma una norma di civiltà. Chi contratta lo deve fare in virtù di un mandato e di una base di interessi da rappresentare. Essere rappresentativi significa avere una responsabilità e rendere conto del proprio operato.
Avere una legge sulla rappresentanza avrebbe consentito, ad esempio, di evitare una pagina brutta come quella scritta da Assodelivery e Ugl il 15 settembre 2020. L’accordo, firmato in tutta fretta e in modo carbonaro, fra il sindacato confederale di destra e l’associazione delle piattaforme delle consegne a domicilio (Just Eat, Glovo, Deliveroo, etc), è un atto di aperta ostilità a Cgil, Cisl e Uil e anche al ministero del Lavoro. Ma soprattutto è un vero sfregio ai diritti di migliaia di lavoratrici e lavoratori in tutta Italia.
L’intesa ha una solo funzione: togliere le castagne dal fuoco ai nuovi padroni della gig economy, impedendo che da novembre i riders possano ottenere le tutele del lavoro subordinato a partire da una equa retribuzione, così come stabilito dalla legge 128/2020.
Definendo a ogni piè sospinto nel corpus del contratto che quello del rider è un lavoro autonomo, Ugl e Assodelivery provano a impedire che questi lavoratori abbiano dei diritti certi quali salario, minimo orario garantito, 13esima mensilità, malattia e ferie retribuite. Non contenti reintroducono un principio di cottimo cui legare non solo la teorica retribuzione oraria di 10 euro, ma anche la consegna dei dispositivi di protezione individuali.
In questi ultimi mesi abbiamo intrapreso un percorso non semplice, ma necessario, con la galassia di forme di rappresentanza autonoma cui, negli anni, queste lavoratrici e lavoratori hanno dato vita, arrivando a buoni punti di sintesi e condivisione. Lo stesso dicasi di Cisl e Uil. Un lavoro prezioso che ha iniziato a dare i suoi frutti in termini di rappresentatività, e che non intendiamo abbandonare.
Abbiamo immediatamente chiesto al ministero del Lavoro di riconvocare quel tavolo cui Assodelivery ha deciso di sottrarsi in modo così scorretto. Già sui territori si stanno organizzando iniziative di mobilitazione per spiegare ai riders il perché i contenuti del sedicente “Contratto nazionale dei Riders” vadano contrastati, e per acquisire consenso rispetto alla nostra proposta: prima si ragiona di diritti universali per tutti mutuabili dal nostro patrimonio di contrattazione collettiva, indipendentemente dalla natura del rapporto di lavoro (subordinato, autonomo, eterorganizzato), e successivamente si affronta il nodo della eventuale qualificazione del rapporto stesso.
Ci chiediamo infine se Ugl si è posta la questione di dover rendere conto ai lavoratori delle sue scelte, se intende cioè spiegare non tanto a noi ma ai ciclofattorini - cui rischiano di peggiorare le condizioni di vita da un giorno all’altro - su che mandato ha firmato un accordo così pericoloso.
Sulle ragioni di questa vicenda pesa l’ombra di un preoccupante ritorno agli anni ‘50, con sindacati di comodo che, per il proprio tornaconto anche economico, si prestano a operazioni spregiudicate e ai confini dell’etica.
Una legge sulla rappresentanza impedirebbe ad un passato che ritenevamo di aver sconfitto con le lotte di ripresentarsi. Una legge sulla rappresentanza obbligherebbe questi soggetti a render conto ai lavoratori. Ecco perché la Cgil continua a rivendicarla.