Cuneo: salute e diritti per il lavoro essenziale dell’agroalimentare - di Loredana Sasia

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Serve un modello sociale ed ecologico sostenibile, perché quello fondato sul mercato e la priorità dei profitti non garantisce alcuna protezione.  

Nella filiera agroalimentare cuneese, le lavoratrici e i lavoratori, dalla raccolta nei campi alla trasformazione dei prodotti nelle fabbriche, sono in prima linea quotidianamente nel contribuire a tenere in piedi il paese, per assicurare il rifornimento alimentare ai cittadini. A questi lavoratori che operano in filiere necessarie per assicurare servizi indispensabili, alle quali il governo chiede di restare aperte, si devono garantire le misure di protezione.

Salute e sicurezza sono le nostre parole d’ordine, nessuna mediazione è stata fatta sul rispetto del protocollo siglato il 14 marzo da Cgil Cisl Uil e Confindustria. A questo proposito abbiamo avuto assieme alle Rsu/Rls numerosi incontri con le aziende, per declinare in ogni realtà lavorativa ogni punto del protocollo. Fin da subito le nostre delegate e delegati hanno ricoperto un ruolo sociale, di grande responsabilità.

Il confronto sindacale ha determinato anche in alcune aziende il ricorso agli ammortizzatori sociali per mettere in sicurezza il luogo di lavoro, e in altre la riduzione di parte della produzione modificando l’organizzazione del lavoro. E se alcune aziende del territorio hanno voluto elargire un riconoscimento economico, è stato un di più e non uno scambio sulla salute, che viene prima del profitto.

Contestualmente all’esigibilità del protocollo nei luoghi di lavoro, abbiamo sottoscritto al momento un centinaio di accordi sindacali sull’utilizzo degli ammortizzatori sociali previsti dal decreto legge “Cura Italia” soprattutto in piccole-medie aziende e in cooperative anche del settore vinicolo (circa 3mila lavoratori); aziende che rischiano di subire un duro colpo come attori meno forti della filiera, con ricadute sociali pesanti.

Per dare liquidità alle famiglie in Piemonte, Cgil Cisl Uil stanno martellando la Regione per rendere operativo ed esigibile l’anticipo dell’erogazione degli ammortizzatori, dopo la definizione dell’accordo regionale sulla deroga e dopo l’accordo nazionale con Abi.

Uno dei maggiori distretti ortofrutticoli italiani presenti nel cuneese, nella zona saluzzese, rischia il collasso a causa della pandemia per la mancanza di manodopera agricola: mancano quest’anno 9mila stagionali, dei quali il 75% è costituita da stranieri che si spostano su tutto il territorio nazionale a seconda delle raccolte di stagione. A causa della carenza di lavoratori, la riduzione della quantità dei raccolti rischia di avere ricadute in tutta la filiera dal punto di vista occupazionale, con pesanti ripercussioni nella fornitura di cibo alla popolazione, e un incremento dei prezzi che ricadrà sulle classi sociali più deboli.

Non si può pensare che la soluzione avanzata dalle associazioni datoriali agricole di utilizzo dei voucher sia una risposta alla richiesta di manodopera, perché quest’ultimi strumenti precarizzano il lavoro, con contrazioni dei salari e dei diritti, con il rischio che aumentino fenomeni quali quelli dell’intermediazione irregolare o impropria, del caporalato.

Si devono dare risposte chiare e trasparenti al mondo agricolo, e lo Stato deve ricoprire un ruolo fondamentale, con una lista pubblica di raccolta del fabbisogno di manodopera delle aziende e di disponibilità dei lavoratori stagionali. Per uscire dalla crisi attraverso il lavoro e il rispetto della legalità, è importante agire di concerto tra i soggetti coinvolti con regole certe e l’applicazione integrale dei contratti collettivi di riferimento, per gestire la situazione alloggiativa e garantire un presidio medico permanente nella zona di raccolta dei lavoratori stagionali.

Da quando è iniziata questa emergenza epidemiologica tutto è cambiato, è cambiato il nostro modo di vivere, le nostri abitudini lasciando un segno profondo nelle nostre coscienze.

La drammatica emergenza sanitaria e sociale ci consegna la consapevolezza che dobbiamo avere il coraggio di ripensare agli attuali modelli di produzione, di distribuzione, di consumo per un modello sociale ed ecologico sostenibile, perché un modello fondato sul mercato e sulle priorità dei profitti non garantisce protezione alcuna!

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