Probabilmente quando verrà letto questo articolo staremo già parlando di come attuare la “fase 2”, di come riprendere a produrre. Per quanto mi riguarda cerco di andare controcorrente alla limitatezza della nostra capacità di memoria e della scarsa attitudine ai ragionamenti di prospettiva, slegati dal contingente.
Il coronavirus ci ha investito globalmente, ci ha travolto in poche settimane, ci ha modificato drasticamente la vita, le consuetudini, gli affetti. Questo certamente vale per la gran parte di noi, privi di conoscenze mediche; vale molto meno per chi invece le competenze in materia le ha e avrebbe dovuto prevedere e provvedere. Non mi riferisco certamente alle migliaia di medici ed infermieri che lodevolmente si sono abnegati per garantire ai pazienti quel minimo/massimo di assistenza possibile, dati gli strumenti a disposizione e le direttive ricevute. Altro discorso per chi doveva dirigerli, indirizzarli, munirli di strumenti di difesa per loro e per i malati: è qui infatti il punto dolente di questa brutta storia lombarda.
Non vogliamo buttarla in politica o in propaganda, come invece fa il “nostro” duo Gallera-Fontana tutti i giorni in tutte le tv, siano esse personali (della Regione), locali o nazionali. Proviamo a far parlare i fatti, approfondendo un solo aspetto del loro pessimo operato: le residenze per anziani. Ma si potrebbe parlare della non chiusura dell’ospedale di Alzano e quindi della partenza del più grosso focolaio del paese, della mancata dichiarazione di zona rossa per Bergamo e Brescia, della obbligatorietà delle mascherine senza averle rese disponibili, ecc.
Sin dai primi giorni del contagio tutti gli organi d’informazione hanno profuso a non finire il dato che il virus uccideva quasi esclusivamente i più anziani (oltre 80 anni) e i pluripatologici; tanto che lo stesso Spi e il suo segretario generale si sono giustamente risentiti per questo accanimento verso gli anziani, trattati come ineluttabile dato statistico.
Ebbene a fronte di questo clima e di questo bombardamento mediatico, cosa fa il “nostro” duo Gallera-Fontana? Una qualsiasi persona di buon senso, e per di più consigliata da fior di specialisti medici, avrebbe certamente blindato, protetto e doverosamente assistito le strutture che più di tutte ospitavano anziani oltre gli 80 e pluripatologici e cioè le Rsa. Una barriera forte e impenetrabile per impedire qualsiasi contatto con chi poteva risultare positivo al coronavirus. Io stesso ho una zia ospite presso una Rsa, e già dal 20 febbraio mi sono rassegnato a non vederla per un lungo periodo onde evitare ogni possibile contagio. E infatti, a distanza di pochi giorni, ho ricevuto comunicazione dalla Rsa della chiusura delle visite dei familiari. Molte altre strutture non hanno adottato analoghi provvedimenti.
Ebbene, cosa ha deciso il duo? Con delibera 2906 dell’8 marzo 2020 e nella foga di trovare luoghi ove destinare il numero crescente di contagiati che intasavano gli ospedali, le Rsa vengono individuate come luoghi “da dedicare all’assistenza a bassa intensità dei pazienti Covid positivi” (testuale). Traduco: per cercare di spegnere l’incendio che dilaga, getto alcuni fiammiferi nelle polveriere presenti sul territorio. E infatti a partire da quella data è derivato gran parte di ciò che poi ha riempito i quotidiani e le tv del paese: da Mediglia al Trivulzio, dal Palazzolo al Don Gnocchi. Migliaia di contagiati e centinaia di anziani deceduti, molti dei quali fuori dalle statistiche perché privi del tampone attestante la positività al virus.
E nella tragedia la farsa dei dirigenti del Pio Albergo Trivulzio che non hanno fatto indossare le mascherine al personale per evitare di spaventare gli ospiti: una gran parte di queste persone sono decedute ma senza provare il brivido di vedere una mascherina.
Naturalmente attendiamo il responso delle perquisizioni della Guardia di Finanza e delle indagini aperte dalla procura di Milano che sembrano proprio indirizzate a capire quali siano state le direttive e gli indirizzi dati da Regione Lombardia.
Non possiamo che unirci al coro di chi chiede che si nomini, a brevissimo, un commissario che prenda in carico una situazione sfuggita di mano sin dai primi giorni.
Infine, sulla declinazione della sanità in salsa lombarda: l’enorme spreco di denaro pubblico regalato alla sanità privata deve terminare da subito! La sanità deve tornare a essere pubblica, gratuita e omogenea sull’intero territorio nazionale e deve investire sempre di più nella medicina di vicinanza territoriale al malato. Le esperienze del Veneto e dell’Emilia hanno dimostrato che, anche in questa emergenza, la territorialità si sta rivelando come la soluzione migliore - certo più efficace della ospedalizzazione - per sconfiggere il contagio.
Medici di base attrezzati e protetti e specialisti sul territorio (Usca - Unità Speciali di Continuità Assistenziale) sono essenziali per governare la fase attuale e sopratutto la fase 2 di ripresa lenta e progressiva della nostra quotidianità.