Iln Italia l’8 marzo 1945 l’Udi celebrò la “Giornata della Donna” nelle zone già liberate. Con la fine della guerra, l’8 marzo ‘46 fu celebrato in tutta Italia e comparve per la prima volta il suo simbolo: la mimosa, che fiorisce in quei giorni.
Sono oltre settant’anni che l’8 marzo rappresenta un appuntamento di mobilitazione per l’affermazione dei diritti delle donne, che si sono passate il testimone di generazione in generazione, portando avanti una politica fondata sulla nostra storia di lotte e di conquiste, costruendo relazioni tra donne per ottenere e difendere libertà legate al lavoro, alla maternità, alla salute, alla sessualità, all’autodeterminazione, contrastando ogni forma di discriminazione e violenza e di tentativo di possesso dei nostri corpi.
Nel campo delle Pari opportunità l’Italia migliora, ma resta il fanalino di coda tra i Paesi avanzati. Il “Global Gender Gap Report” del World Economic Forum ripropone le storiche debolezze del nostro paese nel divario tra donne e uomini, ma piccoli passi avanti nella situazione lavorativa e la maggiore presenza femminile in politica ci permettono di risalire al 70° posto su 149 Paesi, dall’82° del 2017.
Il divario di genere è un problema serio in gran parte del mondo e lo è anche nel nostro paese. Se questa è la situazione generale, credo che la Cgil possa rappresentare un modello, diventando laboratorio di democrazia e di promozione delle diversità. Deve avere un ruolo culturale nel paese, esercitandolo anche nel campo delle pari opportunità, per promuovere con la sua azione ed il suo impegno valori di equità e di pari opportunità per tutte e tutti, partendo dal suo interno.
Siamo all’8 marzo ed il contatore della violenza maschile sulle donne non si è mai fermato; discriminazioni e violenze continuano ad essere esercitate nell’indifferenza generale della politica e nella tolleranza collettiva, culturale e sociale.
Il governo giallo-verde ha alimentato desideri di ritorno al passato. Il ddl Pillon è un tassello di un progetto politico di ridefinizione dei rapporti sociali in chiave illiberale e sessista, espressione di una politica volta a ristabilire il controllo pubblico sui rapporti familiari. Si mira a restaurare un regime di genere all’interno della famiglia e della società, respingendo di nuovo le donne in una posizione di subordinazione al potere maschile. Introduce disposizioni finalizzate a occultare la violenza domestica, sabotando l’efficacia di tutti gli strumenti di prevenzione e protezione ottenuti negli ultimi trent’anni di impegno politico delle donne.
Il ddl Pillon non è emendabile, va ritirato, perché frutto di una “nostalgia reazionaria” che riporta l’Italia al medioevo. Se cominciano a cambiare la famiglia, cadranno uno dopo l’altro i diritti conquistati, in primis la legge 194. Ecco perché serve una grande mobilitazione per questo 8 marzo e per gli appuntamenti a venire, perché mai, dal dopoguerra ad oggi, i diritti delle donne sono così a rischio. Le crisi possono riportare indietro le lancette della recente storia femminile, perché non esistono deleghe o tutele che possano garantirci da ritorni al passato e da tentativi di restaurazione.
Quest’anno Cgil, Cisl e Uil celebrano la Giornata Internazionale della Donna, con lo slogan: “…si chiamerà futura”, una giornata di riflessione, di impegno e protagonismo delle donne. “Il dibattito politico e sociale degli ultimi mesi è stato caratterizzato dal tentativo di rimettere in discussione anche le conquiste e i diritti che le donne hanno con fatica e determinazione raggiunto nel corso di decenni”, spiegano Cgil, Cisl e Uil, ricordando che “gli ultimi anni sono stati segnati da femminicidi, atti di violenza, molestie e discriminazioni di ogni tipo”. Per questo “le donne devono far sentire forte la loro voce!”.
Mentre assistiamo ad una politica sempre più misogina, sessista e razzista, è necessario che ci impegniamo, tutte e tutti, a rivendicare la nostra cittadinanza e autodeterminazione. A chi pretende di avere il controllo sui nostri corpi, sulle nostre vite e sui nostri figli, rispondiamo che non ci lasceremo sottrarre ciò che faticosamente abbiamo conquistato per arrivare ad una parità di diritti che è ancora ben lontana dall’essere raggiunta. Bisogna cominciare a pretendere un ruolo che ci rappresenti adeguatamente, perché nessuna conquista è per sempre.