Il 15 marzo sciopero generale delle costruzioni - di Stefano Rizzi

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Secondo gli ultimi dati Istat, riferiti al quarto trimestre 2018, il paese è tecnicamente in recessione.Il settore dell’edilizia, dopo aver attraversato dieci anni di crisi, ha perso oltre mezzo milione di posti di lavoro e oltre 100mila aziende (soprattutto di piccole e piccolissime dimensioni – tipiche del settore). I più grandi gruppi industriali - Condotte, Astaldi, Cmc - sono in dissesto finanziario, sottoposti a procedure concorsuali, se non già prossime alla dichiarazione di fallimento. Il permanere di questo stato di crisi dell’edilizia rischia di trascinare con sé l’intero comparto dei materiali da costruzione: cemento, lapidei, legno e laterizi.

Abbiamo guardato con attenzione e non poche aspettative al varo del Documento economico e finanziario, convinti che ci fossero gli spazi per un rilancio di politiche volte ad invertire la tendenza. Abbiamo purtroppo rilevato l’assoluta mancanza di investimenti e di politiche di programmazione industriali di respiro pluriennale, così come la disattenzione del governo alle proposte delle parti sociali. Un governo ad oggi disattento che, in continuità con quelli del recente passato, non comprende, di fronte ai grandi problemi che attanagliano il paese, la necessità di una stagione di confronto con le forze sociali e produttive.

Già la piattaforma di Cgil, Cisl e Uil dell’ottobre 2018 conteneva proposte specifiche per il settore, che abbiamo ritenuto utili per il paese e che, insistiamo, devono essere prese in considerazione. Invece l’impressione è che il tema grandi opere si sia ridotto a mero terreno di scontro ideologico e di reciproco ricatto tra le due forze di governo, dimenticando qualunque analisi circa la loro utilità, l’eventuale obsolescenza, il rispetto per il territorio e le popolazioni coinvolte.

Il risultato di questo scontro è il blocco indiscriminato di qualunque opera già cantierizzata. Sono passati in secondo piano, per non dire annullati, tutti quegli interventi necessari a colmare le fragilità e per la messa in sicurezza del territorio e le manutenzioni necessarie degli edifici sia pubblici che privati, in un paese ciclicamente colpito dal dissesto idrogeologico e da calamità sismiche. Accanto a questo, i provvedimenti e le risorse messe a disposizione nella manovra finanziaria, invece di puntare al rilancio dell’occupazione, assumono contorni meramente assistenzialistici.

La crisi del settore si è così trasformata in “crisi da incertezze” (programmazione) che si somma alla ormai sedimentata “crisi di liquidità” (tempi dei pagamenti delle opere concluse), e che rischia di trascinare, con effetto domino, anche quelle aziende, piccole e medie, che sono sopravvissute a questi anni difficili.

E’ dentro questa cornice che Fillea Cgil, Filca Cisl e Feneal Uil avanzano le loro rivendicazioni nella giornata di mobilitazione di tutti i settori delle costruzioni del 15 marzo, convinti che il settore possa fungere, così come nel passato, da volano per l’intera economia del paese. Non si tratta di avviare progetti a lungo termine che si avvitano su se stessi per creare economia fittizia: anzi, è sotto gli occhi di tutti che il nostro paese ha un disperato bisogno di un piano straordinario per la messa in sicurezza del territorio, capace di pianificare e programmare le manutenzioni e prevenire i troppi disastri che mettono in ginocchio intere aree.

Il nostro paese necessita di un piano di efficientamento energetico degli edifici, sia pubblici che privati, che sappia utilizzare le nuove tecnologie e i nuovi materiali. Il nostro paese dispone di un enorme patrimonio paesaggistico storico e artistico da tutelare e rilanciare, ipotizzando anche progetti sinergici tra comunità, luoghi e paesaggi. E per far questo servono risorse, nuove professionalità, nuovo lavoro buono.

Abbiamo proposte concrete e di buon senso: opere e investimenti, prevedendo la possibilità di istituire un fondo nazionale, alimentato anche dai fondi di previdenza, che colmi la cronica carenza di liquidità che sta mettendo in ginocchio le imprese; qualità del lavoro e delle imprese, con una revisione mirata del codice degli appalti, l’introduzione della “patente a punti” per le imprese virtuose, l’implementazione del Durc di congruità per il controllo della quantità di manodopera in relazione alla dimensione delle opere; dare attuazione alla nostra proposta legislativa “Stesso Lavoro, Stessi Diritti”, per contrastare il fenomeno del dumping salariale.

Ad oggi, queste nostre proposte sono rimaste lettera morta, proprio mentre il governo annuncia la riduzione delle aliquote Inail quale misura per il taglio del costo del lavoro alle imprese. Circa 400 milioni di euro in meno per la sicurezza sul lavoro. Intanto gli omicidi sul lavoro sono aumentati del 4,5%. Proprio non ci siamo.

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