Capitalismo o sostenibilità - di Simona Fabiani

L’impegno della Cgil per il benessere in un nuovo modello di sviluppo sostenibile, giusto, equo e democratico.

La crescita è un dogma? Una verità universale che non può essere messa in discussione? Un recente articolo “Perché la crescita non può essere verde”, di Joan Wong per Foreign Policy, ripercorre le ricerche degli ultimi anni che dimostrano l’incompatibilità fra capitalismo e tutela del pianeta e del clima. La crisi ambientale e climatica, determinata dalla crescita economica globale, dalla crescita dei consumi e dell’uso delle risorse, ha ormai oltrepassato i limiti che dovrebbero essere rispettati per evitare il collasso del pianeta. Gli studi, riportati nell’articolo, dimostrano che la “crescita verde”, intesa come crescita del Pil disaccoppiata dall’utilizzo di risorse naturali, non sia possibile.

Anche nelle ipotesi più ottimistiche utilizzate dai ricercatori - che prevedevano l’introduzione di una tassa globale sul carbonio di quasi 600 dollari per tonnellata, e tasse sull’estrazione e uso efficiente delle risorse - a fronte di una crescita globale del 3% all’anno entro il 2050 si determinerebbe un incremento superiore all’attuale nel consumo di risorse, ben oltre la soglia di sostenibilità fissata a 50 miliardi di tonnellate annue, un limite che abbiamo già superato nel 2000.

Per invertire questa tendenza non sono sufficienti la leva fiscale e l’innovazione tecnologica. Per evitare il collasso ecologico alcuni economisti stanno proponendo da anni l’imposizione di limiti massimi all’uso delle risorse, per garantire che non si estragga dalla terra e dai mari più di quanto il pianeta è in grado di rigenerare in modo sicuro. Questo comporterebbe un limite alla crescita economica, a cominciare dalle nazioni ricche, a partire dai settori particolarmente dannosi per la nostra ecologia e da quelli non necessari. Il pianeta fornisce risorse più che sufficienti per soddisfare le esigenze di tutti; non è necessario aumentare la crescita, occorre invece ripartire le risorse in modo equo.

Il movimento sindacale è impegnato nella lotta per uno sviluppo sostenibile che, tenendo conto della limitatezza delle risorse, garantisca equità per tutti gli abitanti del pianeta e anche per le future generazioni (equità intra e intergenerazionale). Non è un caso che la Ces e l’Etui siano stati fra i promotori della Conferenza sull’economia post crescita (https://www.postgrowth2018.eu/), tenuta a settembre al Parlamento europeo.

La Conferenza è stata preceduta da una lettera alle istituzioni dell’Ue, firmata da oltre 200 scienziati (https://degrowth.org/2018/09/06/post-growth-open-letter/), ed è stata organizzata da diversi stakeholders e da alcuni parlamentari europei. L’obiettivo era quello di ripensare l’attuale processo decisionale dell’Unione e di esplorare politiche alternative all’attuale insostenibile modello di sviluppo, per far avanzare l’agenda dello sviluppo sostenibile, giusto, equo e democratico. Gli organizzatori della Conferenza hanno lanciato la riflessione sull’impossibilità di rispondere alle sfide ambientali e climatiche con la continua ricerca della crescita e utilizzando il Pil quale unica misura dello sviluppo, senza tenere conto di ingiustizie sociali, crisi ambientali e altri parametri che misurano il benessere delle popolazioni.

La Cgil è impegnata con forza nella battaglia per cambiare radicalmente il modello di sviluppo, con una giusta transizione verso uno sviluppo sostenibile. Di recente ha lanciato la ‘Piattaforma per lo sviluppo sostenibile’, per rafforzare l’impegno nella contrattazione integrata e multilivello, tenendo insieme sviluppo, ricerca di piena occupazione, rispetto del pianeta e diritti umani.

Questi temi saranno centrali anche nel dibattito congressuale perché, come dice il documento congressuale “Il lavoro è” nel capitolo dello sviluppo: “L’aumento delle disuguaglianze sociali e territoriali e le grandi transizioni - ambientale e tecnologica - richiedono una strategia a lungo termine. I cardini di questo processo sono la sostenibilità ambientale, economica, sociale e territoriale per un nuovo modello di sviluppo che risponda ai bisogni di oggi e rispetti quelli delle prossime generazioni. La contrattazione per lo sviluppo rappresenta lo strumento per negoziare le precondizioni per la creazione di lavoro dignitoso e di benessere, per un nuovo e rafforzato modello di confederalità”.

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