Lo scorso 28 agosto a Milano si sono incontrati il ministro Salvini e il premier ungherese Orban, accomunati dal contrasto all’immigrazione su cui si fondano la loro ricerca di consenso basata sull’odio verso l’altro, il diverso da noi a prescindere dalla condizione reale o soggettiva. Nell’occasione il vicepremier italiano afferma di “ritenere un assoluto diritto dell’Ungheria difendere i confini e la sicurezza del suo popolo. L’obiettivo condiviso è quello della difesa delle frontiere esterne”.

Se sui controlli alle frontiere la comunione d’intenti tra Salvini e Orban è cosa nota, sulla redistribuzione dei migranti e la riforma del diritto d’asilo europeo gli interessi italiani divergono radicalmente da quelli di Orban. Tutto questo senza una presa di distanza degli alleati di governo, che in questo modo attuano una scelta di continuità verso una politica xenofoba e razzista.

C’è un ulteriore tratto comune fra i due partiti di governo. Durante tutta l’estate i due vicepremier si sono espressi su qualsiasi questione, anche al di fuori delle loro competenze istituzionali, fino ad incontrare capi di governo stranieri, finendo con l’indebolire il premier e la stessa compagine di governo, non tanto per improvvisazione, ma più probabilmente per un disegno di ricostruire un’idea di Europa nazionalista, anche in vista delle prossime elezioni europee.

Al tempo stesso Salvini, con una patetica e odiosa ipocrisia, parla di sensibilità e solidarietà come se non continuasse a strumentalizzare questi temi per fini elettorali, da un lato per alimentare la paura, dall’altro per nascondere il fatto che non si affrontano i nodi reali di questo paese, come la crisi economica, la disoccupazione, l’aumento della povertà che è trasversale a italiani e immigrati. Perché quando si tratta di sfruttare le persone nei campi di lavoro, nel sud come nella “civilissima” Lombardia, italiani e stranieri hanno lo stesso trattamento, come la Cgil denuncia da tempo.

Più semplice allora alimentare il clima di odio nel quale ci troviamo, trovando tempo per pensare di togliere la scorta a Roberto Saviano invece di combattere il vero male della nostra società: la mafia, e l’illegalità diffusa nel mondo produttivo e istituzionale.

Dall’insediamento del ministro dell’interno, abbiamo assistito a una battaglia senza tregua proprio alle persone più deboli e indifese, anche se con l’etichetta di migranti economici, o peggio ancora di ‘palestrati’, si vuole nascondere la tragedia dalla quale fuggono e l’inferno che è la Libia a cui vogliamo ricacciarli. Sempre per voltare lo sguardo da un’altra parte, esattamente come all’avvento del nazifascismo. Solo slogan privi di fondamento, dal “siamo invasi” a “le nostre radici culturali sono sotto attacco”.

Rischiamo purtroppo di abituarci a tutto, di ricadere in un individualismo nel quale pensiamo di poterci difendere da soli, mentre dobbiamo ritrovare un senso di comunità. Per tutte queste ragioni è stato organizzato un presidio che ha raccolto forze trasversali ma con un messaggio comune. Lanciato dai “Sentinelli di Milano” e “Insieme senza muri”, ha raccolto nel capoluogo lombardo persone che si ritrovano nei valori della solidarietà e soprattutto dell’umanità. Non assistenzialismo, non facile buonismo, solo umanità, verso gli immigrati, che forse un giorno smetteremo di etichettare e guarderemo per quello che sono: donne, uomini, bambini. Solo questo.

La Cgil, ancora una volta, come sempre, è stata in prima linea. Tanti messaggi lanciati da questa piazza: Orban deve fare la sua parte, Salvini deve smettere di giocare con la vita dei migranti, per ricordare a entrambi il valore della solidarietà e dell’accoglienza. Negli interventi è stato ricordato che in Ungheria, quello che adesso ci vogliono far passare come paese modello, è stato sospeso il musical Billy Elliot perché “fa propaganda gay e corrompe i giovanissimi”. Non 40 o 20 anni fa, nel giugno scorso.

Tre frasi da ricordare della manifestazione del 28 agosto: “Ho paura per noi ma anche per voi” (un migrante); “Nessuno può scegliere dove nascere ma tutti devono poter scegliere dove vivere” (una migrante); e, per sdrammatizzare un po’, “Veniamo a cantarvi tutto il repertorio degli Abba” (Luca Paladini).

Siamo comunque a un punto di svolta, stiamo assistendo a una lenta e progressiva trasformazione della nostra società, e per questo siamo solo all’inizio della nostra battaglia e di una nuova resistenza. Nei giorni scorsi, alla mostra del cinema di Venezia, Ottavia Piccolo è stata fermata dalla polizia perché indossava un fazzoletto dell’Anpi! Anche questi non sono episodi isolati e non dobbiamo sottovalutarli. Ripartiamo dunque da quella piazza, in attesa del prossimo 30 settembre in Piazza del Duomo a Milano per #stophate intolleranza zero. Riprendiamoci la democrazia, la libertà, la ricchezza delle diversità. Sarà una battaglia dura, ma che non dobbiamo rinunciare a combattere.

©2024 Sinistra Sindacale Cgil. Tutti i diritti riservati. Realizzazione: mirko bozzato

Search