Cantieri Savona, i ricchi in yacht ma il lavoro non salpa - di Frida Nacinovich

In un mondo dove i ricchi sono sempre più ricchi (e i poveri sempre di più, ma questa è un’altra storia), la corsa a farsi lo yacht più bello, lungo, potente e accessoriato non conosce pause. A colpi di centinaia di milioni, euro o dollari non fa troppa differenza, i Paperoni del pianeta commissionano autentiche regge galleggianti. E si rivolgono alla nautica italiana, che ha una storia di tutto rispetto, e che per giunta può assicurare quell’eleganza assai richiesta dagli sceicchi arabi come dagli oligarchi russi, oltre che dal bel mondo del jet-set.

A Savona la tradizione della nautica, di lusso e non solo, porta il nome dei cantieri Campanella, che per oltre un secolo hanno operato nel ponente ligure. Sono sopravvissuti a due guerre mondiali, ma hanno subito il contraccolpo di una globalizzazione che li ha portati a concorrere con i rivali dell’est asiatico, molto aggressivi e ben poco attenti ai diritti e alle tutele di chi gli yacht li costruisce e li arreda.

Il risultato è stata una lunga, progressiva crisi, che ha portato i cantieri nelle mani di Mondomarine, società guidata dagli imprenditori Roberto Zambrini e Alessandro Falciai, prodighi di promesse di un luminoso futuro. In realtà nel marzo del 2017 Mondomarine è stata costretta a interrompere le lavorazioni, a causa di una gravissima crisi finanziaria. Nel giro di otto mesi, la parabola discendente ha raggiunto il punto di non ritorno. Fino a quando, nel gennaio scorso, il tribunale di Savona ha dichiarato fallita l’azienda.

Luca Valente, elettricista dei cantieri savonesi, ha vissuto in prima persona i mesi di calvario di Mondomarine. “Poco prima di Natale arrivammo ad occupare il cantiere, giorno e notte, chiedendo alle istituzioni, e alla stessa magistratura, di lavorare in fretta per assicurarci un futuro produttivo”. Un futuro che ha preso le forme del gruppo Palumbo, imprenditori napoletani ai quali i curatori fallimentari hanno affidato l’azienda ligure per alcuni mesi. “Stiamo lavorando per Palumbo, che appunto ha avuto l’affitto del ramo d’azienda dalla curatela fallimentare”, tira le somme Valente, delegato della Rsu.

In quasi vent’anni di lavoro sul cantiere, il capo elettricista Valente è stato testimone diretto di una crisi che non ha spiegazioni, se non nella incapacità del management di gestire un settore che, a giudicare dai dati della nautica italiana, non si può certo definire in crisi. Valente non vuole parlare sul sospetto di una sottrazione di fondi per decine di milioni su cui sta indagando la magistratura penale. Per certo, nell’attesa della chiusura dell’inchiesta, la realtà dice che la Palumbo super yachts di Napoli dà lavoro a una ventina di persone, subappaltando gran parte della produzione, mentre una quindicina di dipendenti non vede un euro da mesi. “Non ci danno la mobilità perché formalmente non siamo stati licenziati - precisa Valente - e anche la speranza della cassa integrazione straordinaria è sfumata”.

Così si vive alla giornata: in aspettativa non pagata, alcuni carpentieri, ingegneri e architetti sono finiti in Fincantieri, altri si arrangiano come possono. “Come delegato sindacale sono sempre stato contrario al lavoro in nero. Ma cosa dovrebbero fare i miei compagni che non hanno né impiego né ammortizzatori sociali?”. Nel giugno scorso Palumbo aveva fatto pervenire un’offerta di 3 milioni per rilevare Mondomarine. Ma un ricorso al Tar fatto da un altro potenziale acquirente, la Rodriguez yachts Italy - una semplice srl - ha bloccato la compravendita. “Così noi siamo rimasti a metà del guado, e stiamo facendo pressing sui sindaci, sull’autorità portuale, su tutte le istituzioni, perché si risolva questa situazione kafkiana”.

Nei momenti di massimo splendore i dipendenti diretti erano centoventi, e altri cinquecento gravitavano nell’indotto. Va da sé che gli addetti della cantieristica savonese hanno una consolidata professionalità. “Per costruire una barca c’è bisogno di tutti, carpentieri, elettricisti, tubisti, falegnami, ingegneri navali, architetti, designer. Uno yacht è come una villa, ci vuole molto tempo a costruirlo, ma poi ti trovi davanti a un’opera d’arte”. Con un pizzico di giustificato orgoglio Valente racconta di aver partecipato alla costruzione di più di venti mega-yacht.

Come facilmente immaginabile, all’interno dei cantieri il sindacato ha una tradizione importante. “Avevo quindici anni, ero ancora studente, quando ho preso la prima tessera della Cgil. Ora che ne ho 46 mi rendo conto che i giovani non sanno cosa sia una vertenza sindacale. È stato bello vedere la loro sorpresa quando abbiamo proposto in assemblea di occupare il cantiere. Sono stati catapultati in una lotta sindacale da noi ‘vecchi’, che abbiamo meno di cinquant’anni”.

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