Le cinque giornate di Catania - di Donatella Ingrillì e Vittorio Turco

Martedi 21 agosto. Seguivamo un po’ distrattamente, ma con rabbia crescente, le vicende del pattugliatore “Umberto Diciotti” della Guardia Costiera italiana. Dopo uno scaricabarile con Malta, aveva salvato 177 esseri umani, in gran parte eritrei, in balìa del mare. Dal 15 al 20 agosto il nostro ministro dell’interno si era permesso di impedire ad un’unità della Marina militare di approdare in un porto italiano. Nella notte fra il 20 e il 21, la Diciotti entra nel porto di Catania. Pochissimi compagni sono già al porto. Partono già di notte le prime telefonate fra i militanti storici della Rete Antirazzista di Catania. La mattina del 21 ci ritroviamo in 20-25: gli irriducibili antirazzisti, i dirigenti di Usb e Cobas, i soliti “ostinati e contrari” della Cgil catanese, qualche professoressa libera pensatrice, insomma i soliti quattro gatti.

Mercoledì 22 agosto: arancini e magistrati. A fronte della scellerata determinazione del governo di non far scendere dalla nave i migranti, compare un evento su facebook, promosso da un “attor giovine” del Teatro Stabile di Catania: “Catania città ospitale. Stasera andiamo tutti al porto per offrire arancini ai migranti”. L’evento si diffonde in rete a macchia d’olio. Si verifica un’impennata nelle vendite di arancini in tutti i bar e le rosticcerie di Catania. A sera ci ritroviamo in 500 persone, ognuno col suo carico di solidarietà, di generosità, di vita, che si materializza in migliaia e migliaia di arancini, che le forze dell’ordine schierate per impedire l’accesso alla nave Diciotti, agli ordini del ministro dell’interno, non ci consentono di portare ai migranti.

Nonostante una discreta presenza dei mass media, tutto questo avviene nel silenzio delle istituzioni politiche catanesi. Tutte. In particolare c’è il silenzio del procuratore della Repubblica di Catania, Zuccaro, a fronte di un’evidente flagranza di reato, zelante invece nel perseguire i presunti reati commessi dalle navi delle ong nel Mediterraneo. Al contrario il procuratore di Agrigento, Luigi Patronaggio, dopo aver ispezionato la Diciotti, avviava con coraggio e senso del dovere un’inchiesta che avrebbe portato all’individuazione dei reati di sequestro, abuso d’ufficio ed altro, per i quali il ministro dell’interno Salvini viene indagato presso il Tribunale dei ministri, ed evidenziato al tempo stesso le ombre sulla magistratura catanese.

Sabato 25 agosto 2018: la svolta. Non è semplice descrivere quella giornata. Nei due giorni precedenti i segnali che sabato pomeriggio al porto di Catania sarebbe successo qualcosa di molto importante c’erano tutti. La Cgil regionale aveva indetto una manifestazione al porto, molto partecipata. Si era consolidata ed estesa la presenza stabile di operatori dell’informazione, italiani ed internazionali. Si era rafforzata la presenza militante di tanti ragazzi e ragazze, non solo catanesi, in aggregazioni spontanee o con le bandiere di associazioni e formazioni politiche. C’era stato un pellegrinaggio continuo di medici, psicologi, avvocati, professionisti, e soprattutto gente comune che veniva al presidio permanente per avere notizie, sapere, conoscere. La chiesa e le organizzazioni cattoliche si erano espresse con chiarezza e davano anche loro un apporto militante. Persino il Pd, attraverso suoi esponenti locali, amministratori di comuni, e il reggente Maurizio Martina, si era presentato al porto di Catania. Erano giunte notizie di presidi in altre città, e di un’estesa rete organizzativa per essere a Catania sabato alla manifestazione.

Insomma la tempesta perfetta era pronta. Ed è arrivata: tremila persone, a partire dalle 17 di sabato, si ritrovano padroni delle banchine del porto! Prima i comizi dal palco, poi il corteo, enorme, combattivo, incavolato, si snoda in direzione del molo di fronte alla Diciotti, l’unico posto da cui i migranti ci possono vedere e rispondere ai nostri saluti e slogan. Poi torniamo nel punto del presidio e troviamo una fila di blindati dei Carabinieri, della Polizia e della Guardia di Finanza, agenti in assetto antisommossa, a protezione della perpetuazione del reato di sequestro di persona a scopo politico (sic!), operato non da una banda di terroristi, ma da pezzi dello Stato, su ordine telefonico del Viminale. Un sit-in davanti agli scarponi e agli scudi dei Carabinieri. Una piccola carica immotivata della Polizia ai danni dei ragazzi e delle ragazze che cercavano di forzare lo sbarramento. Un bellissimo “megafonaggio” di una grande compagna, sempre presente in tutte le lotte. La determinazione di tanti, anche se distrutti dalla stanchezza a restare ore ed ore, nella notte fra sabato e domenica, in attesa della liberazione dei migranti-ostaggi di Salvini. Liberazione avvenuta, alle ore 4,45 di domenica 26 agosto, alla presenza dei 25 soliti noti che avevano iniziato tutto cinque giorni prima.

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