Il volto di Josefa - di Riccardo Chiari

Quest’ultima settimana è iniziata con la denuncia fatta dall’ong catalana Proactiva Open Arms che la Guardia costiera di Tripoli aveva lasciato morire una donna e un bambino che erano su un gommone in difficoltà, mentre un’altra donna camerunense, Josefa, era stata raccolta dalla nave della ong. La foto del salvataggio ha fatto il giro del mondo, mentre la Marina di Tripoli si difendeva così: “Non volevano salire sulle motovedette”.

Alla difesa a spada tratta delle autorità di Tripoli, fatta dal ministro italiano Matteo Salvini, ha fatto da contraltare la denuncia della ong catalana, la cui nave è infine attraccata al porto di Maiorca. Nel mentre un servizio-inchiesta del quotidiano “Il Fatto”, che riporta alcune dichiarazioni – purtroppo in forma anonima - di autorità militari italiane, racconta che la Guardia costiera di Tripoli ha preso l’abitudine di affondare i barconi in mare, per poi raccogliere i pochi naufraghi che sanno nuotare e riportarli nei campi di detenzione. Questo perché l’Unione europea dà loro i soldi dei contribuenti, anche tanti, pur di non fare arrivare migranti sulle sue sponde.

L’Organizzazione internazionale per le migrazioni, nata nel 1951 e con sede in Svizzera, ha diffuso i dati di questi primi mesi del 2018 sui morti nel Mediterraneo. Sono stati 1.443, in proporzione molti di più rispetto al 2017, visto che gli sbarchi sono calati dell’81%. Ma il governo italiano proprio non ci sente, in buona compagnia peraltro, visto che nell’Ue si fa a gara a non accogliere rifugiati e migranti. “C’è chi strumentalizza le vittime per fini politici” dichiara stentoreo il ministro Salvini. “Soccorrere e salvare i rifugiati e i richiedenti asilo costretti a fuggire da guerre, conflitti, violenze, fame e povertà, deve essere la priorità per ogni paese civile”, fa sapere in risposta la Cgil.

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