Il nono rapporto sulla contrattazione sociale - dalla Redazione

Il 20 giugno scorso è stato presentato a Roma, presso la Cgil nazionale, il Nono rapporto annuale sulla contrattazione sociale territoriale, curato da Cgil, Spi e Fondazione Di Vittorio. L’Osservatorio sulla contrattazione sociale raccoglie ad oggi un patrimonio di 6.700 documenti, tra accordi e verbali firmati dai sindacati con le istituzioni locali, e, in numero molto inferiore, piattaforme rivendicative.

Dal Nono rapporto emerge che i principali destinatari degli interventi sono le famiglie e i cittadini in condizioni di povertà (77,3%). Ci sono poi due conferme: la contrattazione sociale territoriale resta saldamente centrata sul livello comunale (l’88% delle intese), ed è concentrata soprattutto nel nord del paese. Stando al 2017, i documenti che arrivano dalle regioni del nord-ovest rappresentano da soli la metà (50,5%), mentre il Mezzogiorno e le isole restano largamente marginali.

Il monitoraggio dell’Osservatorio segna un’incoraggiante ripresa dell’attività negoziale, che inverte la tendenza dopo la battuta di arresto del 2016: accordi e protocolli salgono da 646 a 668, e i verbali d’incontro sono 311 nel 2017 contro i 239 dell’anno precedente.

Sono segnali di ripresa, ma ancora insufficienti rispetto alla necessità di superare limiti più volte segnalati. Fra cui, come accennato, la limitata e disomogenea espansione territoriale, l’insufficiente rapporto con lavoratori e pensionati sulle piattaforme e sulle intese, e la mancata capacità di tradurre l’intensa attività di confronto con le istituzioni in veri e propri accordi. Per certo ci si interroga da anni anche sulle difficoltà nei rapporti con le controparti locali, sempre meno propense a un vero rapporto negoziale col sindacato, quando non del tutto indisponibili a qualsiasi confronto. E l’esito della recente tornata amministrativa non migliorerà la situazione.

Per quanto riguarda i contenuti, crescono i temi del lavoro, presenti nel 52% degli accordi del 2017, rispetto al 40,6% nel 2016. Si tratta in genere di misure, molto variegate, di inserimento lavorativo e di protezione sociale del lavoro, come dell’aumento di intese contro illegalità e irregolarità, in particolare in materia di appalti pubblici. Altro punto qualificante è l’aumento degli interventi per il contrasto alla povertà, dove il sindacato è impegnato alla sfida del decollo del Rei, alla verifica dei processi di inclusione, e del funzionamento dei servizi pubblici territoriali.

Analogo segnale di ancoraggio all’agenda sindacale è quello relativo ai programmi di accoglienza e integrazione dei migranti, così come alle misure trasversali per la parità dei diritti e il superamento di ogni discriminazione nell’accesso ai servizi sociali. Sono in crescita negli accordi (27,7%) i punti esplicitamente destinati alle politiche di accoglienza (Sprar in particolare), alla gestione dei servizi, e alla garanzia della legalità contro sfruttamento e lavoro nero.

Non a caso, “Immigrazione e contrattazione sociale” è il tema oggetto del focus di approfondimento in coda al rapporto di quest’anno, così come di una sessione di approfondimento nella giornata di presentazione del rapporto. “La contrattazione sociale e territoriale – scrivono in proposito Giuseppe Massafra e Selly Kane – ha tradizionalmente un valore strategico per migliorare le condizioni materiali delle persone, e contribuire al cambiamento culturale della società. Tanto più ha senso oggi, con le politiche territoriali che hanno assunto centralità, per compensare le falle e le storture del sistema italiano di welfare. Questo richiama la nostra capacità di investire su nuove azioni di contrattazione che guardino al complesso della società, e dunque anche della popolazione straniera presente nel nostro territorio”.

Nella presentazione del rapporto si sottolinea come sia soprattutto a livello locale che i legami comunitari e solidaristici rischiano di saltare. “Si accentuano i fenomeni di esclusione, separatezza e marginalità, nel momento in cui invece sarebbe necessario rinsaldare i legami per favorire lo sviluppo del territorio, rendendolo più coeso socialmente e competitivo sul piano economico”.

In una situazione in cui “la politica vive fino in fondo una crisi di progettualità, di valori e di rappresentanza, soprattutto all’interno del campo progressista”, a maggior ragione “l’esercizio della contrattazione sociale e territoriale rappresenta una leva fondamentale per riconnettere istituzioni e società, e per favorire e governare i processi sociali di trasformazione all’interno di un progetto condiviso”.

Di fronte ad un governo che mina la coesione sociale, basa il suo operato sulla guerra tra poveri, e non intende minimamente deflettere dalle politiche neoliberiste che hanno provocato tagli e privatizzazioni, per il sindacato e la contrattazione sociale c’è certamente molto lavoro da fare.

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