Un paese infelice - di Riccardo Chiari

Seminascosta in un take d’agenzia - in cui l’asse portante è “Il debito italiano è cresciuto ancora nel 2017, in valore assoluto lo stock è aumentato di oltre 36 miliardi di euro” (in proposito su queste pagine interviene Marco Bersani di Attac) – ecco la notizia che l’Ufficio di valutazione impatto del Senato ha scattato una fotografia del benessere degli italiani, “che sarà misurato negli indicatori Bes nel prossimo Def”. Il Def è il Documento di economia e finanza. Ma è il Bes, il “benessere equo e sostenibile”, che riveste un interesse particolare, in un’epoca di trapasso fra l’ortodossa economia “quantitativa”, e le pulsioni “qualitative” che muovono una parte sempre più consistente delle società contemporanee.

Nella relazione dell’Ufficio di valutazione impatto del Senato si segnala, fra le tante, che la situazione del lavoro in Italia, vista con gli occhi del benessere equo e sostenibile, peggiora. Ad esempio l’indicatore del “tasso di mancata partecipazione al mercato del lavoro”, e che considera il fenomeno dello scoraggiamento sul “lavoro potenziale totale”, è molto negativo: si è passati dai 15,5 “mancati partecipanti” su 100 del 2004, ai 21,6 del 2016.

Nelle conclusioni del documento si spiega che economicamente stiamo un po’ meglio, rispetto agli anni più duri della crisi. Al tempo stesso, le condizioni della nostra vita quotidiana peggiorano. In proposito, valgono gli indicatori (negativi) sia per il trasporto pubblico locale, che per la sanità. Risultato: nel 2017 l’Italia è risultata trentesima su 187 Paesi nella classifica del Pil pro capite della Banca mondiale. Ma è solo al 48° posto nel World Happiness Report, in coda rispetto ai principali Stati europei. E il dato, in costante peggioramento, fa emergere “una forte caduta in Italia della soddisfazione della vita negli ultimi anni”.

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