Struttati, truffati, buttati in mezzo alla strada. Agli operai della Castelfrigo di Modena potrebbe essere assegnato il metaforico primo premio del concorso ‘diritti calpestati’, nell’Italia che cerca di uscire dalla crisi. Sono lavoratori in appalto, si occupano di tagliare, disossare e preparare le carni che poi finiscono sulle nostre tavole. Hanno voluto partecipare alla festa che celebra lo zampone più grande del mondo, inaugurando la “Macelleria sociale Castelfrigo 2017 - Come tagliare lavoratori a costo zero”.
L’appuntamento, dichiaratamente non vegetariano e propagandato con ironia sui social (“adatto a un pubblico adulto”), serve a tenere accesi i riflettori su una storia incredibile. Quella di 127 lavoratori, quasi tutti immigrati dal Ghana, dalla Cina, dalla Costa d’Avorio, dall’Albania, in balia di una realtà kafkiana, prigionieri di pseudo-cooperative che nascono e muoiono come insetti molesti, e che sembrano avere come minimo comun denominatore quello di sfruttare il lavoro altrui, per poi prendere i soldi e scappare.
Tano, ivoriano, è uno dei 127 sfortunati operai. “Stiamo scioperando da settimane. Vogliono mandare a casa settantacinque facchini, tutti soci lavoratori, perché la cooperativa non ha pagato le tasse e chiude”. Il consorzio Job Service e la stessa Castelfrigo, come troppo spesso succede, stanno utilizzando spregiudicatamente il meccanismo delle false cooperative ‘apri e chiudi’. Le attuali società cooperative parte del consorzio (fra cui Ilia e Work Service) hanno fatto milioni di debiti non pagando tasse e contributi. Insomma gli operai sono ‘cornuti e mazziati’.
“Come soci della cooperativa - racconta Tano - non solo abbiamo perso lo stipendio, ma ci siamo trovati ad avere anche migliaia di euro di debiti”. Gli operai occupati nelle false cooperative in appalto presso la Castelfrigo di Castelnuovo Rangone hanno inviato alle loro ambasciate lettere che sono una vera e propria denuncia pubblica. “Per aver fatto conoscere le nostre condizioni di lavoro, e puntato l’indice contro le false cooperative, abbiamo subito autentiche rappresaglie. Soprattutto noi della Flai Cgil siamo visti come il fumo negli occhi”.
Tano, trentacinque anni, lavora per la Work Service Soc.Coop., altri suoi compagni per Ilia D.A.Soc.Coop. Sono soci-lavoratori in un appalto all’interno dell’azienda Castelfrigo srl. “Selezioniamo i tagli migliori e lavoriamo carni che vengono utilizzate per produrre salumi e insaccati. Siamo sottoposti a grandi sforzi fisici, lavoriamo a ritmi molto sostenuti, con orari di lavoro variabili e retribuzioni irregolari”. Dietro la parola ‘integrazione’, di cui si riempiono la bocca in tanti, ci sono anni di vessazioni e di sfruttamento. Caporali che urlano, che minacciano, che cambiano le mansioni di lavoro a piacimento, che negano perfino la possibilità di andare in bagno.
“Grazie alla Cgil di Modena ci siamo ribellati- spiega Tano - rivendicando i nostri diritti. Alla fine avevamo raggiunto un accordo sindacale con le cooperative in appalto e la stessa Castelfrigo per veder rispettato il nostro contratto di lavoro. Però da allora sono cominciate le rappresaglie, con il licenziamento di delegati sindacali, e riduzione dell’orario e quindi del salario per chi aveva protestato a voce più alta”. Oggi le cooperative si vogliono sbarazzare di loro, con la motivazione che non c’è più lavoro per tutti. “Non ci arrendiamo a questa ingiustizia. Nel sito della Castelfrigo il lavoro c’è. Anche tanto”.
In parallelo alla procedura di licenziamento collettivo, sia Work Service che Ilia D.A. hanno annunciato la cessazione delle attività, alimentando il sospetto che sia in atto l’ennesimo turn over di cooperative farlocche. Che, nel distretto delle carni di Modena, nascono e muoiono ogni stagione come gli insetti, appunto. Un fenomeno patologico, di cui la vertenza Castelfrigo, tra le più aspre nella storia del distretto emiliano, è un caso emblematico. “Da due mesi siamo senza stipendio - riepiloga Tano - è diventato quasi impossibile pagare l’affitto di casa e le bollette”.
La mancanza di ammortizzatori sociali e di Tfr - che dovrebbero essere garantiti - ha convinto anche la procura di Modena a interessarsi del caso. Tano lavora nel settore da otto anni, e ogni due, puntuale come un orologio svizzero, diventa socio lavoratore di una nuova (pseudo)cooperativa. L’età media degli operai è di circa trent’anni. “Non possiamo accettare di essere licenziati - ripete - perché il lavoro da fare è anche troppo. Stiamo in stabilimento fino a dodici ore al giorno, anche tutta la settimana, compresa la domenica. Nelle celle frigorifere fa molto freddo e i pezzi di carne pesano anche 60 chili”. Lo salutiamo così, lasciandolo fra assemblee, scioperi della fame, e grandi manifestazioni.