Ettore Masina - di Giancarla Codrignani

 

Quelli che hanno ascoltato un suo intervento anche una volta sola non hanno potuto dimenticare la carica di entusiasmo che trasmetteva. E’ l’immagine che resta di lui, a partire dall’attività professionale di giornalista, passato dalla carta stampata alla tv. Da vaticanista attraversò la storia di una Chiesa passata da Pio XII alla rivoluzione di Giovanni XXIII, poi alle timidezze di Paolo VI; nessuno poteva assolutamente prevedere il recupero dogmatico di Giovanni Paolo II.

Ettore era un cristiano fedele che, come tanti, mordeva il freno sotto il tradizionalismo devoto e mal sopportava la connivenza politica che induceva la Chiesa a sostenere strumentalmente come partito proprio la Democrazia cristiana. Con il rinnovamento prodotto dal Vaticano II si aprirono spazi nuovi anche nella comunicazione e Masina comunicava “buone notizie” che finalmente uscivano dal Vaticano.

Non durò. La chiesa preconciliare riprese lo spazio che una comunità non “adulta” non era stata in grado di difendere e riprese l’interferenza politica. Anche Masina, non senza conseguenze, optò con i “cattolici per il no” a sostegno del referendum sul divorzio e molti - che venivano chiamati impropriamente “il dissenso” - auspicavano scelte “di sinistra” che rispondevano a ragioni di coscienza non solo civile, ma morale. Quello che oggi Papa Francesco chiama “il discernimento”.

Il nostro vaticanista sviluppava l’informazione sui paesi del sud del mondo e, soprattutto quando la tematica verteva sulle situazioni dell’America Latina, non trasmetteva solo notizie. Bisognerà pur ricordare che negli anni sessanta e settanta del secolo scorso il continente sudamericano scontava la condanna della vicinanza con gli Usa ed era diventato una specie di lager di governi militari a impedire qualunque sviluppo democratico. Per fare il punto sulla storia di Ettore si deve passare attraverso un Brasile oppresso dai generali, un Cile che uccide il presidente Allende, un’Argentina che vede sparire 30mila suoi cittadini, un vescovo, Oscar Romero, assassinato sull’altare della chiesa.

Va detto che l’uomo Masina non si accontentava di essere un giornalista coraggioso: da buon cristiano cercava di migliorare il mondo con il proprio contributo. Fu sua, cinquant’anni fa, l’invenzione di una rete di solidarietà chiamata Radié Resch dal nome di una bambina palestinese morta di miseria in una grotta. Il problema israelo-palestinese - che è alla base di tutta la conflittualità che pervade tuttora (e in forme ancor più drammatiche e cruente) il Medio Oriente - intrigava particolarmente i cattolici adulti. Allora non mancavano i simpatizzanti della Palestina memori della vecchia condanna del’ebraismo “deicida”; la cancellazione del pregiudizio voluta da Papa Giovanni riportò la questione sui binari storico-politici che conosciamo e si estese la solidarietà di iniziative a favore del popolo palestinese. Da deputato Ettore presentò molte interrogazioni sulle condizioni di quel popolo, vittima di violenze innumerevoli, di uccisioni, imprigionamenti, distruzione di case, sottrazione di acqua ed energia; infine imprigionato da un muro.

Siamo stati eletti entrambi nelle liste del Pci senza essere comunisti. Pensavamo – credo che fosse l’idea di entrambi - che non era sano un paese che non avesse mai avuto alternanza di governo e che il Partito comunista italiano fosse invece ormai degno di governare perché, a partire dalle amministrazioni locali che controllava, rappresentava una seria possibilità di avanzare politiche più democratiche e garantiste di quelle fino ad allora al potere.

Berlinguer aveva infatti aperto quel progetto di “compromesso storico” - poi distorto all’interno dello stesso Pci a creare relazioni “consociative” con la Democrazia Cristiana – che doveva valorizzare la cultura di base del paese comunista, socialista e cattolica. Ettore arrivò in parlamento nell’VIII legislatura e l’amicizia fra noi divenne complicità quotidiana di interessi comuni, lui in commissione esteri, io alla difesa. Anche nel gruppo degli Indipendenti si distingueva per portare la carica di uomo che rifuggiva dai tatticismi e dalle velature diplomatiche: la barra della sua mente restava sempre orientata sul cuore. Uno stile.

Era nato a Breno, in Valcamonica, un posto di monti tagliati con l’accetta. Gente schietta, tenace, fedele, essenziale. Gente sulla cui amicizia si può contare. Quando uno così viene a mancare, se ne addolorano tutti; ma resta, altrettanto solida, la memoria grata per la generosità dei doni.

©2024 Sinistra Sindacale Cgil. Tutti i diritti riservati. Realizzazione: mirko bozzato

Search