La Cgil, per la sua natura e storia di sindacato confederale, non può essere indifferente e non interrogarsi sui risultati delle elezioni amministrative. Ci riguardano. La nostra organizzazione aveva messo in evidenza la frattura tra politica e società reale; sentivamo la solitudine, l’estraneità delle persone che rappresentiamo e delle tante che incontriamo ogni giorno. Abbiamo denunciato con preoccupazione il pericolo, in mancanza di risposte sociali ed economiche alternative di sinistra, di un’uscita dalla crisi a destra.
Più ancora dei risultati deludenti per la sinistra in generale, il dato politico più significativo e preoccupante delle sconfitte nelle roccaforti storiche è l’astensione massiccia, la ripulsa di popolo verso tutti i partiti, che investe particolarmente il nostro mondo, e penalizza la sinistra politica e sociale. Disaffezione e disincanto verso la democrazia rappresentativa sottovalutati per l’arroganza e l’irresponsabilità di un segretario divisivo che ha ridotto il proprio partito a strumento personale, senza radicamento, identità, e senza un popolo di riferimento.
L’astensione trova alimento nella cattiva politica, fatta di partiti autoreferenziali che pensano di sopravvivere escludendo milioni di cittadini dal voto democratico. La politica non si regge sull’esclusione, sulla non partecipazione e sulla diseguaglianza tra cittadini. Questa è la degenerazione della democrazia costituzionale, la deriva valoriale e partecipativa che qualsiasi democratico, progressista e di sinistra dovrebbe contrastare con forza. E’ una protesta silenziosa ma lacerante del tessuto democratico, degli assetti istituzionali di rappresentanza, che coinvolge tutti i ceti, in particolare quelli popolari. E’ un’emergenza democratica non percepita da politici che si azzuffano sui campanili conquistati con il voto di una minoranza di popolo. Per loro gli astenuti non contano neppure se sono maggioranza. Non si pongono l’interrogativo su chi rappresenta chi e per che cosa e su come invertire questa tendenza.
La Cgil non può sottrarsi a questo contesto e deve aprire, nel prossimo percorso congressuale che si concluderà entro la fine del 2018, un confronto plurale e unitario anche sull’autonomia e sul rapporto con la politica e con i partiti, consapevoli del bisogno di una sinistra politica di massa che abbia al centro il lavoro. Sono questioni dirimenti e strategiche per l’organizzazione. Non è separatezza o indipendenza dalla politica, ma un’autonomia nuova esercitata con proposte di valore, con l’orizzonte strategico del Piano del lavoro e della Carta dei diritti universali, con le mobilitazioni sui tanti fronti contro le scelte del padronato e del governo, forti della nostra confederalità e dei nostri pluralismi.