Caso Federdistribuzione: continua la concorrenza sleale nel fronte padronale, a danno delle lavoratrici e dei lavoratori.

I lavoratori della grande distribuzione alimentare (anzi, come la chiamano i padroni, la “moderna distribuzione organizzata”) si trovano ad affrontare una situazione di difficoltà, determinata dalla contrazione dei consumi iniziata con la crisi e che tuttora perdura; dalle conseguenze delle liberalizzazioni che hanno portato al proliferare di punti vendita di medie e grandi dimensioni nell’arco di pochi chilometri di distanza l’uno dall’altro, perfino delle stesse catene, e che hanno finito per collassare; dall’arrivo di multinazionali portatrici di “modelli” di relazioni sindacali e di gestione del personale che affiancano, alla tradizionale fidelizzazione del personale (tipica del modello Esselunga), il ricorso al precariato su vasta scala, utilizzando tutte le forme di lavoro discontinuo e poco tutelato. La vicenda voucher-Carrefour è stata, da questo punto di vista, esemplare.

In questa situazione, si è prodotta una divisione all’interno della rappresentanza padronale. I grandi marchi della distribuzione alimentare hanno fatto secessione da Confcommercio, costituendo Federdistribuzione, e hanno deciso di non applicare il contratto collettivo di lavoro 2015-18 siglato il 30 marzo 2015 da Confcommercio con i sindacati di categoria Filcams, Fisascat e Uiltucs. La decisione di Federdistribuzione, in assenza di un rinnovo contrattuale, mette a rischio previdenza e sanità integrativa, gestiti oggi attraverso la bilateralità.

Il risultato è stato che si è creato, dentro la stessa categoria, uno squilibrio tra le retribuzioni dei dipendenti delle aziende che restano affiliate a Confcommercio (la stragrande maggioranza) e quelle dei lavoratori delle aziende affiliate a Federdistribuzione, che continua ad applicare le tabelle contrattuali del contratto scaduto nel 2014.

Il 24 ottobre scorso, su richiesta della organizzazione datoriale, Confcommercio Imprese per l’Italia e i sindacati di categoria hanno concordato di sospendere l’erogazione della tranche di aumento contrattuale prevista con decorrenza dal mese di novembre 2016. E’ una situazione nella quale i padroni si destreggiano, mentre i lavoratori e il sindacato sono in crescente difficoltà.

Mentre aziende dell’associazione procedono in modo unilaterale sul fronte degli orari di apertura dei negozi, provano a rimettere in discussione gli integrativi, procedono sulla via delle contrazioni di personale, Federdistribuzione si sottrae al confronto contrattuale; ma al fine di spegnere la conflittualità, ha proceduto ad erogare, in due tranche, 45 euro come elemento distinto della retribuzione.

I 15 euro elargiti a maggio 2016 senza alcun accordo con i sindacati, e i 30 euro che si accingono a mettere nella busta paga di luglio, non sono che una parte degli aumenti garantiti ai lavoratori dipendenti delle imprese aderenti ad altre associazioni datoriali. In questo modo persistono disparità di trattamento e discriminazioni inaccettabili. Infatti gli incrementi che le imprese di Federdistribuzione si sono rese disponibili a riconoscere unilateralmente sono inferiori a quelli previsti dal rinnovo del contratto nazionale di Confcommercio, sottoscritto a marzo del 2015.

“La decisione di elargire ai propri dipendenti un aumento unilateralmente traccia un solco profondo. Federdistribuzione non può pensare di essere moderna decidendo autonomamente quanto salario concedere e quando elargirlo”, ha sottolineato la segretaria generale della Filcams, Maria Grazia Gabrielli.

L’unica strada che resta alla Filcams Cgil è quella della mobilitazione dei lavoratori in tutta la rete della grande distribuzione organizzata, continuando a rivendicare caparbiamente il contratto, ridando al salario il suo valore, e ponendo fine a questa padronale pratica di elargizione, che non compensa né il lavoro né la professionalità e offende la dignità di chi accoglie tutti i giorni con un sorriso i clienti, e assicura la disponibilità delle merci e la qualità del cibo non confezionato nelle gastronomie, nelle macellerie, nelle peschiere e nelle panetterie.

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