Quando si tratta di fare affari, le multinazionali della grande distribuzione non guardano in faccia nessuno. Carrefour non fa eccezione e conferma la regola. L’ultima frontiera è il punto vendita aperto giorno e notte, ventiquattro ore su ventiquattro, come se fosse un autogrill sull’autostrada. La chiamano liberalizzazione degli orari, per chi ci lavora si traduce nell’ennesimo spezzettamento dei tempi della vita quotidiana. “Andrà a finire che ci faranno aprire per tutto il giorno anche a Natale, con tanti saluti al pranzo in famiglia e alla messa”, commenta amaro Carlo Morciano. Quindi i lavoratori Carrefour non andranno in Paradiso? “Mettiamola così: il supermercato, l’ipermercato, il centro commerciale, sono diventati la cifra stilistica della contemporaneità. Dei tempi che stiamo vivendo, della crisi che precarizza tutte le attività lavorative”.
Morciano lavora poco lontano da Roma, nella zona dei Castelli, nel supermercato di via Nettunense. Ha quarantacinque anni, è addetto della multinazionale francese dall’inizio del secolo. Diciassette anni di anzianità di servizio, passati scalando le gerarchie interne fino ad essere oggi caporeparto. Anche lui deve comunque fare i conti con la nuova organizzazione interna di Carrefour, che in parole povere vuol dire non chiudere mai. “Per dare l’opportunità a tutti i lavoratori di partecipare ad un’assemblea, bisognerebbe farne tre, sui tre turni”. Ora è il delegato sindacale della Filcams Cgil che parla, e denuncia un lavoro sempre più frenetico e frantumato.
Un problema annoso quello dell’apertura h24, al quale fino a pochi anni fa si cercava di dare risposta con accordi fra le istituzioni locali, le aziende, i delegati sindacali, i lavoratori. Linee di difesa che hanno ceduto fragorosamente di fronte all’offensiva delle multinazionali e al sostanziale via libera dei governi. “E nonostante l’orario continuato - spiega Morciano - è arrivata la comunicazione di esuberi nel settore Iper: circa 600 dipendenti e la contestuale chiusura di almeno due Iper nel nord Italia. Sono tre i formati Carrefour oltre agli Iper: Gourmet, Urbano, Attrazione”. Ma come è stato possibile? “Un turno di lavoro prevedeva 15/20 dipendenti ora ne prevede la metà, distribuiti nelle 14 ore. C’è dell’altro: Federdistribuzione e Carrefour sono unite a doppio filo nell’estenuante trattativa del rinnovo del contratto, scaduto da anni. Tanto più riescono ad ottenere i ‘francesi’, tanto più otterranno i vari Auchan, Sma, Pam, Panorama e via discorrendo”.
All’interno di uno stesso punto vendita ci sono commessi, lavoratori con contratto a termine, guardie giurate e facchini. “Quasi tutti con contratti diversi: interinali, dipendenti di cooperative, addetti diretti”. Morciano racconta la giornata tipo: “Si arriva alle 6 del mattino per dare il cambio al collega assunto dall’azienda per ricoprire la fascia oraria notturna. La guardia giurata smonta alle 5 del mattino. In quella fascia oraria sono presenti solo due addetti, un incentivo a furti e rapine. Poi arriva l’addetta alle pulizie, anche lei vittima del taglio delle ore, ma non della superficie da pulire”.
Se il settore non affonda sotto i colpi della crisi, comunque la rispecchia. “Una volta i carrelli erano stracolmi di merce, oggi la gente compra solo lo stretto necessario. Oppure sceglie i prodotti meno costosi, i marchi più scadenti. Perché - sottolinea Morciano - il supermercato è la cartina di tornasole di ciò che accade nella società. E negli anni della crisi i soldi sono sempre meno”. Ogni reparto ha un suo capo, anche se i continui tagli hanno portato a doversi arrangiare, cioè tutti fanno di tutto. “Un addetto Carrefour deve sapersi districare fra mansioni anche molto diverse. E non è semplice. Poi i diversi tipi di contratti innescano rivalità fra colleghi di lavoro. C’è chi pensa che sia lo studente squattrinato o il cinquantenne rimasto disoccupato a minacciare il suo posto di lavoro. Non è così. L’azienda usa interinali e cooperative per avere il coltello dalla parte del manico: se il lavoratore non ti va più bene, puoi sempre licenziarlo. L’inventario fiscale di fine anno, ad esempio, viene affidato ad una cooperativa di trenta persone. Non c’è niente di più brutto che vedere un cinquantenne senza lavoro che si mette a contare scatole”.
Ma è davvero indispensabile dare al consumatore la possibilità di comprare una scatola di biscotti alle tre di notte? E gli acquirenti nottambuli sono così tanti da giustificare l’apertura h24? “In termini di vendite e guadagni, il gioco non vale sicuramente la candela. Il ritorno è solo di immagine, pubblicitario. Il problema è che fra domeniche lavorative e notti non abbiamo più una vita privata”. L’intervista è finita, il supermercato resta aperto.