Inps: una gestione da bocciare - di Michele Gentile

 


Il Comitato di indirizzo e vigilanza dell’Inps ha rinviato il bilancio preventivo 2017 al presidente, negandone l’approvazione a larghissima maggioranza (il solo voto favorevole è del ministero del Lavoro: pur confermando critiche già rivolte alla gestione Inps, non poteva che esprimersi a favore). E’ il segno della grave crisi istituzionale nella quale versa l’Inps, che dura da molti anni (fin dai provvedimenti di commissariamento) e che si è aggravata nell’ultimo periodo, con la presidenza Boeri. Chiariamo innanzitutto che la bocciatura del bilancio non mette in discussione gli impegni finanziari e le prestazioni che lo Stato attraverso l’Inps eroga a pensionati e cittadini. Prestazioni che sono obbligatorie. Il bilancio, a norma di legge, potrà essere approvato dal ministro del Lavoro. Ma questo non toglie il fatto che siano in discussione il problema Inps e il suo assetto di governo.

Quali le ragioni del voto contrario? Il Civ si è mosso nella scia di quanto evidenziato dalla Corte dei Conti nella relazione sullo stato dell’istituto e delle innumerevoli osservazioni critiche sugli atti del presidente da parte dei ministeri vigilanti e del collegio dei sindaci. Il punto fondamentale si può racchiudere in un numero: la situazione economico-patrimoniale in rosso a fine 2017 per 7,8 miliardi di euro, senza alcuna indicazione di misure ed azioni da porre in essere per il superamento di tale situazione.

Questa situazione è frutto di due azioni. La prima è la grave mancanza di un provvedimento normativo del ministero dell’Economia che garantisca e trasferisca all’Inps le risorse necessarie per dare certezza anche finanziaria alle prestazioni dell’istituto: “trasferimenti a titolo definitivo” e non “anticipazioni di cassa”, che si riverberano sul debito dell’istituto. Non è un’operazione di maquillage. Con quel rosso patrimoniale potrebbe ripartire la campagna “sulla non sostenibilità del sistema previdenziale”, con tutte le ben note conseguenze. La situazione del sistema previdenziale non ha alcun problema finanziario: ciò risulterebbe ancora più evidente se, come chiede il Civ, si procedesse ad un vero bilancio con situazioni attive e passive e l’assistenza distinta dalla previdenza.

La seconda azione è quella relativa alla gestione dell’istituto: i 105 miliardi di euro di crediti contributivi riscossi, o meglio da riscuotere, da parte di Equitalia, e sui quali sono mancati atti tempestivi e evidenze di bilancio; l’opacità e la mancanza di una piena trasparenza - ancora da raggiungere, come dimostrano anche le recenti vicende giudiziarie - circa l’utilizzo del patrimonio immobiliare (15mila immobili di proprietà, per circa 3 miliardi di euro); il tema ancora gravemente carente delle attività di accertamento e repressione dell’evasione contributiva, verso le aziende come verso le pubbliche amministrazioni. E ancora, il processo di riorganizzazione dell’istituto sul quale pesano sia il ricorso al Tar, presentato dal Civ per violazione degli obblighi di legge, sia le numerose contestazioni dei ministeri vigilanti. La riorganizzazione non affronta i temi nodali per il funzionamento dell’istituto, contribuendo invece a determinare il suo peggioramento. Il principio della rotazione della dirigenza, adottato in modo ideologico, senza attenzione alla continuità dell’azione dell’ente, rischia di determinare un rallentamento della funzionalità dell’Inps.

In sostanza, il peggioramento della capacità dell’ente di dare risposte a cittadini e pensionati trova una delle sue cause nelle politiche dei governi (unificazione; tagli di spesa; blocchi delle assunzioni; politiche del personale basate sulla riduzione dei costi; esternalizzazione di servizi e funzioni), e nella scarsa attenzione al tema dei trasferimenti di risorse per permettere all’Inps di svolgere le sue funzioni. Ma accanto a ciò risalta un assetto sbagliato della governance dell’istituto – dopo gli interventi del governo Monti - e l’idea che “un uomo solo al comando”, che agisce incurante delle regole, possa produrre innovazione. Chi dissente diviene automaticamente il vecchio.

La vicenda voucher è emblematica: in un’intervista il professor Boeri ha affermato che i maggiori utilizzatori dei voucher sono i sindacati, e tra questi la Cgil. A richiesta di conoscere gli utilizzatori ha negato i dati al Civ, accampando motivi di privacy. Siamo all’uso privato e discrezionale di informazioni pubbliche. Nonostante il tentativo del presidente di sottovalutarlo - definendolo “strumentale” in quanto contrario all’innovazione presidenziale nei confronti del “vecchio”, rappresentato dalle parti sociali (un dejà vu) - il voto contrario del Civ è un voto di merito sul bilancio, che chiama in causa il governo e la presidenza dell’Inps.

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