Kobane, la solidarietà fa Staffetta - di Frida Nacinovich

 

Ci sono storie da raccontare, anche se non vanno sulle prime pagine dei giornali. Perché si parla sempre più di muri e sempre meno di ponti, perché nel mondo globalizzato va di moda chiudere le frontiere, perché la guerra c’è sempre anche se si fa finta di nulla. C’è poi chi dice no, come nella canzone di Vasco Rossi, e diventa staffetta sanitaria nella prima linea del Rojava. È il caso di Emanuele Noviello, pubblico dipendente e attivista della Fp Cgil di Roma. “Nel dicembre 2014 - racconta - Uiki e Rete Kurdistan Italia chiesero a associazioni, movimenti e singoli cittadini di impegnarsi ad aiutare politicamente e con iniziative concrete la lotta di Kobane contro Isis”.
Come è iniziata l’avventura degli italiani solidali? “La prima ‘missione’ è stata quella di Suruc in Turchia, a pochi chilometri da Kobane, dove si combatteva strada per strada - spiega Noviello – e 200mila persone si erano rifugiate nelle zone curde. La Carovana di solidarietà ha fatto arrivare farmaci e attrezzature mediche portatili. Dopo le prime Staffette, altri medici ed infermieri volontari sono intervenuti a Suruc. Fino a quando, battuta l’Isis, gran parte della popolazione è riuscita a rientrare a Kobane”.

Da allora le Staffette hanno lavorato lì, nella prima linea del conflitto. “Sì – racconta Noviello - ma solo dopo aver avuto uno speciale permesso dalla rappresentanza Onu, per consentire al personale sanitario di attraversare il confine con la Turchia. L’accoglienza delle popolazione e dei sanitari a Kobane, e la possibilità di vedere con i nostri occhi e raccontare la ‘rivoluzione del Rojava’, ci ha emozionato. Abbiamo continuato a portare medicine e piccole attrezzature da soli e con le successive Carovane, e qualche altra Staffetta è arrivata a Kobane. Fino a quando il confine turco è stato sigillato da Erdogan”.

A questo punto cosa avete fatto? “Siamo passati dall’Iraq, da Erbil. Le Staffette sono state ‘prese in consegna’ dal personale di una Ong che le ha portate al confine e aiutate con i permessi. Senza di loro non avremmo potuto riprendere il lavoro, stiamo molto attenti ad assicurare le migliori condizioni di sicurezza: quasi sempre per le persone che partono con noi questa è la prima esperienza di solidarietà attiva”.

Avete avuto difficoltà anche nel Kurdistan iracheno? “Ne abbiamo avute - sottolinea Noviello - perché i vertici politici del Kurdistan iracheno sono compromessi con la Turchia. Questo territorio è governato dal ‘clan Barzani’, che è di ascendenza sunnita, come i turchi, mentre un’altra porzione è governata da Talabani”.

Domanda d’obbligo: perché gli attacchi agli ospedali, che dovrebbero essere le uniche zone franche nel teatro del conflitto? “Isis ha fatto terra bruciata ovunque è passata. A parte il Rojava, difeso dalle forze di protezione popolare, nelle altre zone di guerra sono stati presi di mira anche gli ospedali. Per giunta i turchi hanno impedito alle ambulanze di soccorrere i feriti e persino di seppellire i cadaveri”. Una realtà terribile. Ma non avete desistito. “Nel giugno scorso - aggiunge Noviello - i medici e gli infermieri sono stati tenuti fermi alla frontiera per 10 giorni, con la promessa quotidiana di passare il giorno dopo. Alla fine il permesso per entrare è arrivato, ma solo quattro giorni prima della data della scadenza. Un segnale chiaro di cui abbiamo dovuto tenere conto”.

Quali iniziative portate avanti oltre alle Staffette? “In Rojava si sta cercando di costituire un sistema sanitario autonomo, e per questo supportiamo il progetto di Mezzaluna Rossa - Kurdistan Italia di raccolta di risorse finanziarie per costruire un Piccolo Ospedale a Tell Temr (https://buonacausa.org/cause/un-ospedale-per-il-rojava), e abbiamo avviato un’iniziativa di collaborazione didattica con le Accademie del Rojava”.

Come pensate di finanziare questi progetti? “Mezzaluna ha avviato un’iniziativa di crowdfunding via web - spiega ancora Noviello - noi stiamo avviando altre iniziative che coinvolgono i territori ed i nodi di Rete Kurdistan: la produzione di un cd con canzoni dedicate alla resistenza kurda, la vendita di arance fornite sottocosto da Sos Rosarno. Lo scorso anno abbiamo imbottigliato e venduto mille bottiglie di vino di produttori No-Triv”.

Come possiamo aiutare le Staffette? “Sono essenziali le iniziative di solidarietà che partendo dal basso coinvolgano media ed istituzioni, fino a quelle europee che potrebbero avere un effettivo impatto sul futuro del Rojava e delle aree in Turchia, Iraq e Iran in cui vivono quasi 50 milioni di curdi”. La guerra va avanti, di staffette sanitarie c’è sempre un gran bisogno. Nonostante i pericoli e la difficoltà di muoversi in un territorio storicamente conteso e di grande importanza geopolitica. In bocca al lupo, Staffette.

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