Noi e la grande ambizione - di Andrea Raschia

Sul numero 200 di Sinistra sindacale la recensione del film “Berlinguer, la Grande Ambizione” contribuisce ad un dibattito salutare per la sinistra.

Attraverso il racconto emozionante di quegli anni, dal ’73 al ’78, “anni di enorme intensità esistenziale e politica”, il film dipana una storia che appartiene a molti di noi. Chi ha avuto l’opportunità di incontrare Andrea Segre l’ha ascoltata direttamente attraverso le sue parole.

Una riflessione profonda sull’ambizione condivisa da milioni di persone - grande, dunque - di incidere nella realtà, nonostante difficoltà e resistenze enormi, modificarla, procedere verso ciò che sembra impossibile.

Non ha a che fare con l’oggi? Tempo martoriato da guerre e ingiustizie, dalla natura che sembra ribellarsi all’avidità umana! Milioni di persone si incontrano per reagire all’ineluttabile, guidate da un’ambizione collettiva. Un pezzo di società, con i propri sogni e illusioni, orienta l’agire politico verso la realizzazione del bene comune. Oltre la sfera privata. Non individui, ma comunità.

Un senso che traspare guardando vecchie immagini d’archivio. Una foto ipnotica pubblicata da Rep.it mi ritrae immerso in una folla sterminata ad ascoltare il segretario del Pci a Napoli, settembre 1976, Mostra d’Oltremare, Festival nazionale de l’Unità. Spettacolo straordinario di una moltitudine serena e appassionata: centinaia di migliaia di persone sotto il palco. Prova di democrazia diffusa, momenti di condivisione alta dell’agenda di priorità da sviluppare nel Paese e nel Parlamento. “Prima di tutto la pace”.

Questa dimensione deve spingerci a riflettere, proprio mentre grandi questioni si ripongono in modo ancor più drammatico. Nella distrazione generale, condizione sintetizzata dall’affluenza alle urne, pericolosamente dimezzata. Segno di sfiducia che supera il limite della rassegnazione e diviene impotenza. Senza reazioni adeguate, senza mettere in campo la benché minima volontà di tornare davvero allo spirito e al senso della politica con quell’idea di partecipazione attiva dei cittadini che può ridar fiato ad istituzioni sempre più rattrappite.

Tra le domande, una coglie forse il limite temporale del film: la ricostruzione abbraccia solo il periodo antecedente gli anni ‘80: anni di lotte interne pesanti, di cui abbiamo coscienza leggendo i verbali delle riunioni della Direzione. Nell’ultima, in particolare, Berlinguer viene “aggredito”, messo in serie difficoltà. È un confronto teso che segna un solco nel gruppo dirigente. La proposta del segretario di posizionare il Pci contro il taglio della scala mobile (ostruzionismo in Parlamento, battaglia nel Paese, fino al referendum) vede insorgere la destra interna. Lama è preoccupato di svilire l’iniziativa sulla riforma del salario e dei rischi per l’unità della Cgil.

Quando oggi gli stessi dati Ocse confermano la caduta del valore reale dei salari nel corso degli ultimi 30 anni, quando le ragioni di questo progressivo, inesorabile declino sono molteplici e vengono da lontano, difficile non far risalire il punto di rottura a quella fase drammatica. Si potrà certo obiettare che la politica salariale sia slegata dagli automatismi, e che a far la differenza sia l’essere autorità salariale capace di difendere le condizioni e l’autonomia del lavoro nel processo produttivo. Rimane però indiscutibile che la questione sociale e salariale si ponga già da quel momento.

Storia che diviene cronaca dei nostri giorni: lavoro sfruttato, mal pagato, precarizzato, senza diritti, insicuro. Una china e una deriva che sembrano non incontrare limiti, né ostacoli. Un quadro che deve interrogarci: siamo sicuri di svolgere al meglio ruolo e funzione? Abbiamo il dovere del dubbio. Quel dubbio - per tornare al film - che sembra guidare Berlinguer, fra le critiche, sotto il peso della fatica quotidiana e di difficoltà enormi: motivi di così tanto affetto ed emozione.

Quanto alle altre domande, le risposte sembrano nei fatti. Il segretario comunista opera con tenace ostinazione per uscire dalla contrapposizione distruttiva Est-Ovest, ricercando alleati nella socialdemocrazia europea. Servono riforme per un nuovo ordine mondiale in grado di fronteggiare emergenze planetarie. L’obiettivo di superare disuguaglianze e povertà, il bisogno insopprimibile di pace e giustizia sociale, tutto ciò richiede intelligenza per adeguare principi rivoluzionari ad un mondo in rapida evoluzione, per indicare vie unificanti, alleanze e solidarietà: desiderio profondo di Berlinguer. La ricerca di intese con Moro, di una mediazione che unifica, contiene questa ansia: compiere passi avanti per attuare la Costituzione. Ciò che scatenerà reazioni “interne” ed internazionali.

Quel compito rimane davanti a noi, ancor più arduo da realizzare: richiede il massimo del nostro impegno e della nostra passione per una grande causa.

“Quando si ha la piena consapevolezza di servire una grande causa, una causa giusta, ognuno può dire alla propria donna, ai propri figliuoli, affermare di fronte alla società, di avere compiuto il proprio dovere. Buon lavoro, compagni” (Giuseppe Di Vittorio).

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