I Brics verso la de-dollarizzazione - di Alessandro Volpi

Dal 22 al 24 ottobre scorsi si è svolto a Kazan, sotto la presidenza russa, un vertice dei Brics che rischia di avere un valore storico.

Non pare molto credibile un accostamento tra Brics e il fronte dei “paesi non allineati” della metà degli anni Cinquanta, legato a doppio filo alla guerra fredda. Oggi si profila lo scontro tra le democrazie del capitalismo finanziario, dove la proprietà e il mercato sono nelle mani dei grandi fondi, ormai i veri gestori dell’economia, a cominciare dalla determinazione dei prezzi, e quindi del valore di ogni cosa secondo le logiche del capitale, e quello di un insieme di Stati dove, pur tra molteplici differenze, gli elementi dominanti sono riconducibili al potere politico, fondato su forti costruzioni ideologiche e religiose. In pratica la finanza “occidentale” con le sue regole versus gli Stati “politici” che cercheranno, inevitabilmente, di costruire anche una nuova economia politica e finanziaria.

Già nel vertice di Johannesburg, lo scorso anno, uno dei temi centrali è stato rappresentato dalla sostituzione del dollaro come moneta da utilizzare negli scambi internazionali. Il primo passo in tale direzione dovrebbe essere l’adozione di una moneta di conto comune, in pratica uno strumento con cui misurare il valore in attesa dell’adozione di una moneta vera e propria. Sembra un disegno difficile da realizzare ma c’è un dato che è già emerso durante quel vertice che colpisce davvero molto: nel corso del 2022 solo il 28,7% degli scambi commerciali tra Brasile, Russia, Cina, India e Sudafrica è stato fatto in dollari.

La piattaforma discussa a Kazan prevede, di nuovo, una decisiva spinta alla fine del dollaro come valuta internazionale, la creazione di una unità contabile comune e un sistema di pagamenti internazionali in valute digitali con una regolamentazione e criteri di funzionamento diversi da quelli occidentali. Tali pagamenti avverranno su blockchain detto ‘Brics pay’, totalmente distinto dal dollaro. In sintesi, questi paesi, dopo aver acquisito il controllo delleconomia reale, si stanno dotando della moneta e della finanza necessarie a tale economia.

In questa direzione si muovono peraltro vari elementi. La Banca centrale cinese ha abbassato sensibilmente i tassi d’interesse e il governo cinese sta deliberando una iniezione da 142 miliardi di dollari nelle banche cinesi per garantire una ripresa tale da raggiungere una crescita del 5% del Pil, alimentata dalla destinazione dei risparmi interni verso le strutture finanziarie nazionali. Immediatamente le società cinesi quotate ad Hong Kong, Shenzen e a Shangai hanno registrato un aumento del prezzo dei loro titoli.

Appare chiaro come il più grande colosso industriale del pianeta stia rapidamente autonomizzandosi anche in termini finanziari, costruendo un circuito interamente dominato dalla politica di programmazione pubblica. Dopo l’abbandono del sistema finanziario “occidentale”, che è passato dall’abbandono delle Borse statunitensi e dalla fine degli acquisti di titoli del debito pubblico americano, il legame con il dollaro sembra diventare sempre più debole.

Un ulteriore elemento di novità proviene da alcuni andamenti borsistici. Il titolo della piattaforma social Reddit è cresciuto in pochi giorni del 42%, un balzo dopo tante esitazioni ma che sembra destinato a durare. Il vero tema però è di chi sia Reddit: il principale azionista è la società cinese Tencent, insieme ad altri fondi più piccoli dell’ex impero celeste. A sua volta Tencent ha una partecipazione di Prosus che è una partecipata della sudafricana Naspers.

Lungo la linea Cina-Sudafrica sta prendendo corpo così una nuova dimensione finanziaria. I Brics stanno iniziando a muoversi attivamente sui mercati finanziari: dopo la conquista dell’economia reale, inizia la penetrazione sul terreno finanziario?

Sempre la Cina, del resto, sta preparandosi allo sganciamento. Insieme all’Autorità monetaria di Hong Kong, alla Banca centrale della Thailandia, alla Banca centrale degli Emirati Arabi Uniti, alla Banca centrale dell’Arabia Saudita, la Banca centrale cinese sta spingendo mBridge, una piattaforma su blockchain, molto simile a quella ipotizzata a Kazan, dove scambiare valute digitali e in particolare lo Yuan digitale, per ridurre la dipendenza dal dollaro nelle transazioni internazionali.

Si tratta di una soluzione che mette insieme grandi esportatori di petrolio con la principale esportatrice globale, e che sta attraendo altre realtà produttive dei paesi emergenti, nella prospettiva di togliere agli Stati Uniti la sua merce più preziosa e, dunque, a ridimensionarne radicalmente il ruolo mondiale. Ad oggi all’iniziativa collabora la Banca dei Regolamenti Internazionali con l’intento di evitare proprio “disaccoppiamenti” troppo marcati, ma si tratta di un controllo sempre più flebile.

In sintesi, la Cina si organizza per far valere fino in fondo la propria capacità produttiva, ormai la più grande del pianeta. La campagna elettorale Usa parla molto di Cina, ma la Cina senza dollaro sarebbe davvero uno scenario sconosciuto.

 

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