Prima di tutto l’unificazione del mondo del lavoro - di Giacinto Botti

È urgente affrontare le sfide del domani. Occorre governare i grandi processi in atto, i cambiamenti climatici, la rivoluzione digitale, gli andamenti demografici, i flussi migratori, le diseguaglianze economiche e sociali, le povertà diffuse, la disoccupazione e la precarietà di vita e di lavoro di milioni di persone, delle donne e delle nuove generazioni.

Partiamo dal nostro No alle guerre: prima di tutto la Pace, il ripudio, secondo la nostra Costituzione, delle guerre in atto che destabilizzano il sistema internazionale centrato sull’Onu, senza credibilità da decenni. Guerre colonialiste, di potere geopolitico, di controllo di materie prime e vie commerciali. Alimentano odi, nazionalismi, morti, sofferenze e distruzioni con rilevanti conseguenze sociali, economiche, ambientali e istituzionali nel paese, in Europa e a livello globale.

Rimarchiamo solidarietà e vicinanza al popolo palestinese, vittima di una criminale azione di guerra del governo fondamentalista di Israele.

Siamo di fronte a una politica e a forze reazionarie di destra, che vivono solo nel presente, gestiscono il potere con un’idea autoritaria in sé e per sé. Una politica senza responsabilità sociale e senza orizzonte, che si alimenta di individualismo, qualunquismo e rassegnazione. Una politica che consuma e brucia la speranza di un futuro migliore.

Lo scontro centrale rimane ancora tra capitale e lavoro. Il vero antidoto rimane quello di una non breve mobilitazione generale capace di creare le condizioni per una vasta, concreta, condivisa opposizione sociale e politica di merito e sul merito. C’è bisogno di unità e di un programma concreto, spendibile tra le persone, la classe che si vuole rappresentare, con il coraggio della radicalità e la coerenza dell’azione.

Dobbiamo concentrarci sull’attacco al sistema democratico, alla democrazia parlamentare, alla divisione del paese con l’autonomia differenziata, preparando l’azione referendaria contro l’attacco alla Costituzione e contro la legge sull’autonomia differenziata, con un comitato largo di “difesa costituzionale”, per raccogliere ben oltre le 500mila firme necessarie.

Il risultato non è scontato: oltre a vincerlo con un Sì all’abrogazione, dovremo superare la soglia del 50% dei votanti, in un clima di montante astensionismo. I referendum si vincono e si perdono nella società prima che nelle urne. Lo strumento referendario per la battaglia sociale e del lavoro, sul quale la Cgil sta discutendo, rischia in questo contesto di non essere una risposta adeguata ed efficace alle scelte scellerate del governo.

La destra vince utilizzando l’arretramento culturale presente nel paese, sulla divisione, l’individualismo, gli interessi particolari. Occorre ricostruire un tessuto solidale, riunificare il mondo del lavoro frammentato; una mobilitazione diffusa anche sul piano dei valori, con lotte confederali e di categoria, rafforzando la presenza nei luoghi di lavoro per conquistare il rinnovo dei Ccnl per oltre 12 milioni di lavoratori.

Riunificare il fronte attorno all’azione confederale e contrattuale, per rimettere al centro dello scontro e del confronto con governo e padronato la condizione del cittadino-lavoratore, del pensionato, dei giovani e delle donne. Questa rimane “la via maestra”.

 

Siamo un soggetto sociale di rappresentanza generale, autonomo nelle sue elaborazioni e azioni. Per questo siamo oggetto di attacco da parte del governo e delle forze padronali e lobbistiche. Per questo il paese ha bisogno di una Cgil forte, unita e plurale.

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