Emilio Gabaglio ci ha lasciati dopo una vita spesa al servizio dei lavoratori e della causa della pace e della giustizia sociale.
Giovanissimo cattolico comasco, dopo essersi laureato alla Università Cattolica è stato chiamato da Livio Labor, il carismatico presidente delle Acli, ad operare nell’Ufficio studi di quella importante associazione che professava sin dalla propria nascita la sua triplice fedeltà: fedeltà alla Chiesa, fedeltà al mondo del lavoro e fedeltà alla democrazia.
Sin dai primi anni Sessanta le Acli erano schierate per l’unità sindacale, ed avevano avviato un progressivo processo di superamento dello storico collateralismo che le legavano alla Democrazia Cristiana.
Gabaglio, diventato uno dei collaboratori più stretti di Labor che nel vivo delle lotte dell’autunno caldo si era impegnato nel far decollare dapprima l’Acpol e successivamente la sfortunata ma innovativa formazione politica del Mpl, nel 1969 è stato eletto a soli 32 anni presidente nazionale delle Acli. Nel convegno nazionale di studi che si è tenuto a Vallombrosa, nell’estate del 1970, Gabaglio ha proposto per le Acli la assunzione di una “ipotesi socialista”, manifestando un’opzione che ha da subito determinato forti tensioni e provocato alcune contenute scissioni.
Tensioni che si sono accresciute con il mondo ecclesiastico, fino a registrare una pesante quanto autorevole “deplorazione” da parte di Papa Paolo VI, che giunse a ritirare il supporto degli assistenti spirituali alla storica organizzazione dei lavoratori cristiani che l’allora giovane monsignor Montini aveva contribuito a fondare nel 1944.
Nel 1972, dopo aver vinto il congresso nazionale, Emilio ha lasciato le Acli e qualche anno dopo è divenuto un dirigente della Cisl, chiamatovi da Bruno Storti e da Luigi Macario. Qui ha svolto importanti funzioni sempre caratterizzate da una forte cultura unitaria, seguendo le tematiche dell’ambiente e poi le politiche internazionali, un incarico assunto dopo la sua elezione in segreteria avvenuta su proposta di Pierre Carniti.
In questo ruolo ha svolto funzioni di straordinaria importanza operando fattivamente sia nella Federazione Cgil Cisl Uil che nella Confederazione Europea dei Sindacati (Ces). Qui si è affermato con un riconosciuto prestigio, e nel 1991 è stato plebiscitariamente eletto segretario generale della stessa Ces, incarico che ha ricoperto sino al 2003.
Con lui, il sindacato europeo ha avuto l’ambizione di trasformarsi in un attore del dialogo sociale. Gabaglio ha diretto in questi lunghi anni la Ces, interloquendo proficuamente e con autorevolezza in una fase nevralgica dello sviluppo dell’Unione europea con il presidente della Commissione, Jacques Delors.
Poliglotta sperimentato, ha promosso momenti di elaborazione sindacale e sociale molto avanzati, intercalati con iniziative di mobilitazione culminate con la convocazione di partecipatissime manifestazioni di lavoratori indette in numerose grandi metropoli europee.
Emilio ha contribuito fattivamente alla stesura della Carta dei Diritti Sociali, assunta dalla Unione europea nella sua conferenza di Nizza all’inizio del nuovo millennio.
Conclusa questa rilevante esperienza, ha seguitato a dedicare le proprie energie alle attività internazionali del sindacato, utilizzando la sua incredibilmente estesa rete di rapporti. E’ stato tra i protagonisti dei negoziati che hanno portato finalmente a Vienna nel 2006 alla creazione di un’unica centrale sindacale mondiale tra l’allora Icftu e la cristiana Wcl: l’Ituc-Csi.
Successivamente si è impegnato direttamente in politica, assumendo la direzione del Dipartimento Economia e Lavoro del Partito Democratico, chiamato a svolgere tale funzione da Pier Luigi Bersani. Sin dal 1998 era confluito insieme con il piccolo movimento politico dei cristiano-sociali nei Democratici di Sinistra.
Ha poi seguitato, con la sua personalità così forte e al tempo stesso così garbata quanto discreta, con la sua rilevante figura di sindacalista e di uomo della sinistra politica, ad essere partecipe delle vicende del sindacato, dei partiti progressisti e della riflessione storico-culturale sul valore sociale del lavoro, partecipando con passione ad esperienze importanti come quelle di Koinè e della Fondazione Giacomo Brodolini, delle cui vicende è stato protagonista sostanzialmente sin dalla sua costituzione.
Ha lasciato ai lavoratori e ai pensionati, così come al sindacato confederale e alla società italiana, un contributo incancellabile. E’ stata una bella persona ed ha avuto una bella vita. Lo ricordiamo con stima e con affetto.