Durante la seconda guerra del Golfo, all'inizio del secolo, gli attivisti arcobaleno della Toscana e non solo si ribellarono al continuo passaggio di carichi di armamenti che facevano tappa nella grande base logistica Usa di Camp Darby, un enorme pezzo di territorio incastonato fra il mare e la strada statale Aurelia fra Pisa e Livorno. Nacque così il “train stopping”, che connotò la resistenza civile di un bel pezzo di popolazione alla guerra avviata dalle potenze occidentali contro l'Iraq di Saddam Hussein, sulla base di presunte prove di armi chimiche poi rivelatesi inconsistenti.
Vent'anni dopo, è più che un'idea quella di attuare un “tir stopping”, dopo la scoperta che a settembre sono state ben sette le comunicazioni del Comando logistico della Difesa all'amministrazione comunale della città della Torre Pendente, per trasporti su ferro e gomma di materiale bellico destinato a Camp Darby e da lì ai terribili scenari di guerra che stanno incendiando i confini dell'Europa, il Medio Oriente e la martoriata Palestina.
La (non) risposta della giunta di centrodestra alla richiesta di chiarimenti è stata emblematica: il sindaco leghista Conti ha invocato l'obbligo di riservatezza, richiamando l'articolo 262 del codice penale: "Chiunque rivela notizie, delle quali l'Autorità competente ha vietato la divulgazione, è punito con la reclusione non inferiore a tre anni. Se il fatto è commesso in tempo di guerra (…), la pena è della reclusione non inferiore a dieci anni”.
Insomma la popolazione civile deve stare zitta e buona, e non sapere se e quando a pochi metri dalle loro case transiteranno ingenti quantitativi di armi. Così il non piccolo movimento no war di un'area fra le più militarizzate del paese ha anticipato: “Proveremo a bloccare questi mezzi con il nostro lavoro nelle istituzioni ma anche nelle piazze”. Un gesto rischioso ai tempi del ddl 1160 “sicurezza” ma necessario, di fronte a un'escalation bellica che sta portando a una nuova guerra mondiale.