Aly Baba Faye, un compagno, un amico - di Pietro Soldini

Aly Baba Faye, un compagno, un grande amico. Improvvisa e prematura la sua scomparsa, e quindi che brucia ancora di più. Lo abbiamo salutato per l’ultima volta nella grande Moschea di Roma, e adesso la sua salma riposa in pace nella sua terra in Senegal, ma è ancora molto vivo nei nostri pensieri e circolano ancora le sue poesie e i suoi video.

Io ho conosciuto Aly alla fine degli anni ottanta, un senegalese immigrato in Italia che ha portato l’immigrazione, con tutti i suoi significati, dentro la Cgil e dentro la testa dei suoi dirigenti. Prima di allora la Cgil si era occupata di stranieri, anche con alcuni inserimenti nel suo quadro attivo, ma si era trattato di rifugiati politici, cileni o palestinesi in particolare. Compagni e compagne che avevano approcciato la nostra organizzazione dal versante dell’attività internazionale di solidarietà e di relazioni con organizzazioni sindacali sorelle, di altri paesi.

Con Aly Baba inizia un’altra storia che riguarda i cosiddetti immigrati “economici” che irrompono nel mercato del lavoro. Infatti, lui è protagonista della grande manifestazione indetta dalla Cgil dopo l’assassinio di Jerry Masslo nelle campagne di Villa Literno il 7 ottobre del 1989. Una storica manifestazione antirazzista, che mette in comunicazione la Cgil con il mondo dei lavoratori immigrati stagionali super sfruttati nella raccolta dei prodotti agricoli.

Durante i giorni scorsi, della sua scomparsa, si è ricordato il suo rapporto speciale con Bruno Trentin, ma io vorrei ricordare che il suo primo rapporto di vicinanza politica e sindacale è stato con Antonio Pizzinato, che ebbe il coraggio e la lungimiranza di spendere la Cgil in quella storica manifestazione nazionale dell’89, e con Fausto Bertinotti che, nella segreteria confederale di allora, si occupava di mercato del lavoro.

È infatti dal Dipartimento mercato del Lavoro che prende corpo il Coordinamento Immigrati con Aly coordinatore nazionale, che poi svilupperà la sua rete di uffici in tutte le Camere del Lavoro d’Italia. Non posso non ricordare, avendolo poi vissuto anch’io in prima persona, che questo percorso non è stato né facile, né lineare, né indolore, e che lo stesso Aly ha dovuto subire delle discriminazioni, al punto di dover lasciare la Cgil. Ma nonostante avesse avuto molte ragioni per recriminare, non ha mai aperto una polemica e soprattutto non si è mai distaccato dalla Cgil, anche quando si è dedicato ad altri incarichi.

Aly era un intellettuale, con una notevole capacità di analisi, un uomo colto, molto “alla mano”. Umile e generoso, anche per questo, era una personalità molto apprezzata, soprattutto nella sua comunità di senegalesi della diaspora, ma più in generale nel mondo sindacale, associativo e politico in Italia ed anche in Senegal.

Vorrei ricordare un episodio di forte vicinanza che ebbi con lui, in un periodo molto incerto della sua vita. Lui era tornato in Senegal e aveva lasciato a Roma la sua famiglia, doveva sbrigare un po’ di cose familiari. Ma mentre era lì si prospettò per lui la possibilità di assumere un importante incarico di governo nel suo paese; però anche in quel caso il percorso era tutt’altro che lineare. Lui mi mise al corrente e voleva consigliarsi con me; i tempi si facevano sempre più lunghi e incerti, quando mi disse che si era stancato e voleva ritornare, io lo invitavo a rifletterci bene. Ma lui mi disse che erano alcuni mesi che non vedeva la sua famiglia e gli mancava tantissimo. Di fronte a questo argomento, non ci fu discussione: “Dai, torna!” E tornò.

La Cgil deve molto ad Aly, e spero che valorizzi anche oggi e nel futuro le cose che lui ha scritto e che sono negli archivi dell’organizzazione, spesso richiamate dai ragazzi universitari nelle loro tesi accademiche dedicate al fenomeno migratorio. Spesso i dirigenti, a vario titolo, di grandi organizzazioni sindacali o politiche, nel congedarsi da esse, dicono, anche con un po’ di falsa modestia, di aver ricevuto dall’organizzazione più di quanto abbiano saputo e potuto dare. Sicuramente non è il caso di Aly Baba Faye che ha dato molto ed avrebbe dovuto ricevere un po’ di più.

Comunque, siamo in tanti ad avergli voluto bene...

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