L’Europa reale ha scelto la guerra. La Commissione Ursula von der Leyen II si impernia su questo, con commissari arrembanti alla difesa e agli esteri.
Non si può parlare della nuova Commissione europea presentata dalla presidente, Ursula von der Leyen, a prescindere da quanto sta accadendo e coinvolge l’Europa reale. Chiamo da tempo così l’Unione europea, per dire che la Ue è una sorta di Europa reale totalmente diversa da quella pensata (prevalentemente) nel dopoguerra. Dalla pace è passata alla guerra. Dall’Europa sociale, fondata su occupazione, pubblico e servizi, è geneticamente modificata da Maastricht in poi in direzione di un iper ideologico ordoliberismo e di nuove mire sub imperialiste, la “vecchia” ricerca di “un posto al sole”. Perché siamo vecchi e dobbiamo difenderci, perché c’è la competizione dobbiamo armarci, per dirla con Mario Draghi.
Ho scritto “prevalentemente” rispetto ai tempi della nascita del processo di integrazione europea, perché certamente tra le borghesie c’era anche allora chi pensava ad una Europa potenza, armata e nucleare, capitalistica e neocoloniale. Si può dire che un piano come quello di Draghi avrebbe corrisposto a scelte in tal senso maggiormente negli anni ‘50. Ma allora la Germania non poteva, visto da dove arrivava, e la Francia non riusciva.
Il movimento operaio aveva, per fortuna, altre idee. Di fatto da Brandt a Palme a Berlinguer ancora negli anni ‘70 e ‘80 si cercava di partire dal grande successo del compromesso sociale e democratico europeo per proporre una globalizzazione umana. Purtroppo il neoliberismo è andato in direzione opposta, con Thatcher e Reagan ad aprire la strada. E l’Europa scelse il funzionalismo e l’intergovernativismo come proprie strutture, e la competizione neoliberale come orizzonte.
Un uomo come Jacques Delors pensò di poter gestire così le contraddizioni nazionali. In realtà il neoliberismo faceva sì che la contraddizione tra europeismo e nazionalismo si ricomponesse nel rapporto tra funzionalismo e intergovernativismo. Il 1989 e gli allargamenti furono gestiti così, con crescenti velleità sub imperiali. Di costituzionale, anche in senso storicamente moderno, non c’era niente se non l’ipotesi di 'costituzionalizzare' il trattato di Maastricht.
Con le crisi finanziaria e poi pandemica questo assetto si è consolidato con l’austerità e il rapporto con le multinazionali. Con la guerra ora degenera. L’Europa reale ha scelto la guerra costituente di sé. La Commissione Ursula von der Leyen II si impernia su questo, con arrembanti commissari alla difesa e agli esteri. Un ex consulente Shell al clima, e la scomparsa del commissario al sociale. Mantiene invece l’austerità. Incamera per via 'intergovernativista' Raffaele Fitto che rompe il presunto perimetro politico di popolari, socialisti, liberali e verdi. Di Draghi prende il complesso militare e industriale, che poi è l’unica cosa concreta anche se, come dicevo, da anni ‘50. Lo rompe anche politicamente inseguendo le destre, ad esempio sui migranti. Intanto il Parlamento europeo mette sempre più l’elmetto. Macron se ne frega del voto popolare. Voto popolare che, con la recessione, fa ballare la Germania.
Certo, Ursula von der Leyen è un po’ un direttore d’orchestra sul Titanic, e deve trovare voti in Parlamento con i socialisti nervosi e quelli tedeschi di più, visto che la presidente connazionale non aiuta certo il governo semaforo, anzi. Ma è l’Europa reale che è il Titanic. Le borghesie, insegna la Storia, lasciate a se stesse producono tragedie. Ora la crisi della globalizzazione può fare di peggio rispetto alla globalizzazione stessa.
Purtroppo quello che manca è un movimento operaio europeo che sappia fare quello che fece con gli Stati nazionali, e cioè impedire le follie del capitalismo. Sarebbe ora di provare a costruirlo.
Intanto la partita principale si gioca sulla guerra. Per fermarla. E si gioca contro il complesso militare-industriale, a cui un movimento operaio europeo deve contrapporre una politica della buona occupazione e delle produzioni pulite. E, soprattutto, della pace.