Fermare l’escalation delle guerre: solo così l'Ue può invertire il suo drammatico declino - di Giacinto Botti

La Pace è questione dirimente dell’elaborazione e del profilo costitutivo della Cgil, di contrasto e ripudio della guerra in attuazione dell’articolo 11 della nostra Costituzione antifascista. Lo abbiamo sottolineato nell’ordine del giorno presentato da Lavoro Società all’assemblea generale Cgil di fine luglio e assunto dalla presidenza, nel quale esprimevamo preoccupazione per l’evolversi della situazione internazionale e delle guerre in corso.

In questo ultimo mese la situazione internazionale ha subito un’ulteriore, pericolosa escalation, nella guerra nel cuore dell’Europa tra Russia e Ucraina e con il perdurante massacro del popolo palestinese. Nel mentre l’Ue della finanza, dei vincoli di stabilità, dell’austerità si sta sbriciolando, come indica il voto in Francia e in Germania con lo spostamento di voti popolari, di giovani e operai verso le destre xenofobe e razziste. Sono le conseguenze di politiche liberiste, classiste e belliciste che hanno impoverito la popolazione più debole, aumentato povertà e diseguaglianze, ridotto lo Stato sociale spostando ingenti risorse a sostegno di una economia di guerra, verso l’industria bellica e a discapito della spesa per il welfare.

Sul contrasto alle guerre la Cgil è chiamata alla coerenza dell’azione, con il suo autonomo giudizio e profilo anche davanti ad una opposizione politica in cui si evidenziano differenze tra silenti, neutrali e complici. Ma senza la Pace e un diverso assetto internazionale ci sono solo guerra, inciviltà, distruzione di vite e di ambiente, nuove povertà e diseguaglianze.

Fino a quando il “civile” Occidente e l’Unione europea saranno indifferenti e complici allo sterminio del popolo palestinese, da parte di uno Stato israeliano guidato da un governo di destra fondamentalista che sta commettendo impunemente crimini di guerra? Oltre 40mila civili uccisi per rappresaglia, persone, vite e non numeri, più della metà donne e bambini, massacrati con le armi che noi, l’Occidente, continuiamo ad inviare a un governo che manifestamente non vuole soluzioni pacifiche ma concludere lo sterminio, se non lo si vuole chiamare genocidio, di un popolo.

Presto non ci sarà più un popolo palestinese se non si fermerà il governo israeliano, non con vuoti appelli ma togliendo l’appoggio politico e l’incessante invio di armi a un governo irrispettoso delle risoluzioni Onu e di qualsiasi diritto umanitario. Passa nell’indifferenza la decisione dell’Onu di sospendere gli aiuti umanitari perché non esistono più zone sicure per intervenire con cibo, acqua, medicinali necessari per far sopravvivere le persone che fuggono dalle bombe e dai missili lanciati su scuole, ospedali e strutture civili.

Non ci sarà nessun negoziato, nessuna “giusta” soluzione senza il riconoscimento di uno Stato, di una terra palestinesi.

Ancora, dopo 30 mesi di conflitto tra Russia e Ucraina, che si poteva e doveva evitare, fino a quando si forniranno armi e supporto politico ad una Ucraina utilizzata per uno scontro con la Russia senza possibilità di vittoria militare? Fino a quando si sacrificheranno le giovani generazioni di soldati in una guerra senza senso? Siamo al delirio servile di onnipotenza delle cancellerie europee, alla follia di pericolosi rappresentanti europei come Josep Borrell, che vorrebbe fornire missili a lunga gittata all’Ucraina per colpire in profondità il territorio russo.

Le conseguenze non sono immaginabili per i popoli europei, per il mondo intero, per l’Italia, è dimenticata la dura lezione delle due guerre mondiali. Se non sarà fermata con la diplomazia e un possibile accordo per la Pace, ci troveremmo ad essere in guerra aperta con la Russia, una potenza nucleare con forti alleanze nel Sud globale. E il possibile conflitto di ordine mondiale, con utilizzo di bombe nucleari di nuova generazione, si svolgerebbe non sul territorio cinese, russo e americano, ma in Europa.

Intanto, con la prossima manovra di bilancio, le scelte riarmiste si ripercuoteranno pesantemente sulla già drammatica situazione sociale del paese.

E’ sempre più forte il bisogno di una Cgil unita e plurale, che rimetta fortemente al centro della sua azione sociale e politica la Pace e la cooperazione internazionale, che sappia saldare con determinazione l’agenda sociale e rivendicativa con il forte contrasto alla guerra e la riaffermazione del bisogno assoluto di Pace.

 

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