Thailandia: il ritorno dei Shinawatra - di Giovanni Monaci

Come era facilmente prevedibile, alla fine la famiglia Shinawatra è tornata alla guida del governo tailandese, grazie al beneplacito della (intangibile) monarchia e dei militari, suoi fedeli esecutori e già acerrimi nemici del tycoon Thaksin Shinawatra, del suo partito e della sua famiglia

(vedi https://www.sinistrasindacale.it/index.php/component/content/article/283-2023/numero-16-2023/2900-compromesso-storico-alla-thailandese-di-giovanni-monaci?Itemid=437).

Domenica 18 agosto, infatti, Paetongtarn Shinawatra è diventata il 31esimo primo ministro della Thailandia, segnando l’ennesimo cambiamento nel governo voluto dall’esercito e dai realisti.

A 37 anni, Paetongtarn è il primo ministro più giovane, la seconda donna a ricoprire la carica e la terza della sua famiglia, dopo suo padre Thaksin Shinawatra (2001-2006) e sua zia Yingluck (2011-2014). Sia suo padre che sua zia furono rimossi dal potere dai militari e dalla Corte costituzionale e andarono a vivere in esilio.

L’elezione di Paetongtarn alla carica di primo ministro è stata sostenuta da quasi tutti i membri del parlamento realisti e filo-militari, il che indica un accordo tra il Pheu Thai, il partito dei Shinawatra, e i militari realisti del paese, che per due volte avevano rimosso con la forza i governi guidati dai Shinawatra.

Paetongtarn è stata eletta con 319 voti a favore, 145 contrari e 27 astensioni, sui 500 membri tra Camera dei Rappresentanti e Senato, i cui 250 membri sono quasi tutti nominati dai militari o dalla monarchia.

Tutti i 143 deputati dell’ex partito Move Forward, che aveva vinto le elezioni del 14 maggio 2023, hanno votato contro Paetongtarn.

Subito dopo l’elezione della nuova primo ministro, il re ha annunciato la grazia per il padre Thaksin Shinawatra, che scontava agli arresti domiciliari una pena di otto anni per corruzione e abuso di potere. Thaksin era tornato nel Paese l’anno scorso, ponendo fine al suo esilio autoimposto, durato dieci anni e mezzo.

Dopo aver prestato giuramento come primo ministro, Paetongtarn ha annunciato che seguirà i consigli di suo padre su questioni importanti, tra cui le modalità per rilanciare l’economia del paese, nonostante la grazia reale abbia vietato a Thaksin di dedicarsi alla politica attiva.

Il Move Forward Party era il partito più grande della Camera dei Rappresentanti, ma all’inizio di agosto è stato costretto allo scioglimento dalla Corte costituzionale per la sua posizione contraria alla legge sulla diffamazione della famiglia reale (legge sulla “lesa maestà”) e i suoi leader sono stati banditi dalla politica per dieci anni.

Dopo le elezioni dell’anno scorso, il Move Forward aveva formato una coalizione con il Pheu Thai, arrivato secondo alle elezioni per la Camera dei Rappresentanti. I realisti e i militari, che controllano il Senato, gli hanno impedito di formare il governo, utilizzando una controversa disposizione costituzionale inserita per la prima volta sotto il governo militare di Prayut Chan-o-cha, che rendeva obbligatorio per qualsiasi candidato ottenere il sostegno della maggioranza combinata sia della Camera dei Rappresentanti che del Senato.

In seguito al blocco del Move Forward da parte della maggioranza del Senato, controllata da militari e realisti, il Pheu Thai ha formato una nuova coalizione con questi ultimi e Srettha Thavisin è stato nominato primo ministro. Tuttavia, anche lui nel luglio scorso è stato licenziato dalla Corte costituzionale, dopo meno di un anno al governo, per aver nominato un ministro che era stato condannato per un tentativo di corruzione di un giudice.

La legge sulla diffamazione della famiglia reale è ampiamente contestata in quanto prevede fino a quindici anni di reclusione per chiunque critichi la monarchia. I governi sostenuti dai militari hanno utilizzato la legge per perseguitare l’opposizione democratica. La sua abolizione è stata una delle principali richieste delle proteste popolari da parte di studenti e altri settori della società contro il governo militare di Chan-o-cha tra il 2020 e il 2021: gli attivisti sostengono, a ragione, che sia uno strumento per prevenire qualsiasi cambiamento politico nel paese.

Move Forward – dopo lo scioglimento negli anni passati di altri movimenti e partiti democratici – traeva la propria forza e buona parte dei propri quadri proprio dalla mobilitazione studentesca e popolare del 2020-21, spinta che lo aveva portato ad essere il partito più votato nelle elezioni del 2023.

Dopo lo scioglimento di Move Forward, il 9 agosto si è costituito il Partito Popolare che ha deciso di continuare il movimento per le riforme nella politica del paese, la cui “democrazia” è tuttora sotto il giogo dei militari e della monarchia.

 

(29 agosto 2024)

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