La sera stessa del 9 giugno in cui i risultati delle europee ridicolizzavano la sua “maggioranza” (in realtà una minoranza fin dalle elezioni legislative del 2022), inchiodandola ad un misero 14,6%, e mentre la destra di Marine Le Pen giungeva al 31,4%, Emmanuel Macron scioglieva l’Assemblea nazionale. Il presidente, il cui mandato scadrà nel 2027, gioca sempre con lo stesso schema: “O me o il caos”, cercando di utilizzare la crescita del Rassemblement national (Rn) come una sorta di polizza di assicurazione sulla sua vita politica, e di radunare a suo favore il “Fronte repubblicano”. Lo scioglimento della Camera dei deputati è avvenuto nel momento peggiore per una gauche divisa da mesi di polemiche furibonde al suo interno (niente a che vedere con i colpi di fioretto tra Schlein e Conte).
Da questo punto di vista Macron ha fatto cilecca perché la sinistra, pressata da manifestazioni spontanee di piazza fin dalla notte del 9-10 giugno, da appelli di centinaia di intellettuali, da manifestazioni sindacali in tutto il paese, già la sera di lunedì 10 aveva annunciato la nascita del Nouveau Front Populaire (Nfp), con un accordo sul programma, sui candidati nei collegi, e sulla modalità per designare eventualmente il nome del primo ministro.
Quando leggerete questo articolo probabilmente conoscerete già i risultati del primo turno delle elezioni legislative francesi, e avrete altri elementi per valutare a pieno la situazione. I sondaggi oggi a disposizione (23 giugno) prevedono che in poco più di una cinquantina dei 577 collegi il ballottaggio sarà tra un candidato del Rn ed uno del raggruppamento del presidente; negli altri 520 il duello sarà tra l’estrema destra e la sinistra di Nfp. Il quadro non è però così lineare, perché la legge prevede la possibilità di accedere al secondo turno anche ai candidati che hanno raggiunto il 12,5% dei voti. Così c’è il rischio, se non si concretizzerà un fronte comune contro il partito della Le Pen al secondo turno, che ci siano molte triangolazioni tra estrema destra, centro-destra macroniano e sinistra, che favoriscano il candidato del Rn.
Molti francesi temono le politiche razziste dell’estrema destra: i previsti tagli al welfare dei non franco-francesi, e l’accettazione del mantra liberista. Il 47% dei giovani francesi con meno di 25 anni discende da un nonno o una nonna o da un padre o una madre immigrati, mentre i musulmani sono 6-7 milioni. Sono ancora nella memoria collettiva le rivolte delle periferie dopo l’uccisione da parte della polizia del giovane Nahel di Nanterre, un comune della banlieue parigina con vista sui grattacieli della Défense.
Il Nfp ha puntato sulla lotta al razzismo (no all’antisemitismo e no all’islamofobia), allo scioglimento dei corpi speciali di polizia, alla difesa e all’ampliamento dello stato sociale (pensione a 60 anni, aumento del salario minimo, no alla controriforma dell’indennità di disoccupazione, no alle privatizzazioni, pubblicizzazione dell’acqua, miglioramento della vita delle periferie, servizi medicali nelle aree rurali, scuola e università gratuite, ecc.), e all’allargamento della democrazia (proporzionalismo, referendum).
Per quanto concerne la politica estera si è concordato un accettabile compromesso sulla Palestina, molto meno sull’Ucraina. Qui bisogna comunque precisare che, per la Costituzione francese, la politica estera, le alleanze internazionali, la difesa, i rapporti con la Ue (al Consiglio europeo per la Francia partecipa Macron e non il premier) restano prerogative del Presidente della Repubblica. Questi elementi relativizzano l’importanza del documento su questo punto.
Nel frattempo, Jordan Bardella, il candidato primo ministro per il Rn, per rassicurare il padronato e i vertici di Bruxelles ha precisato che manterrà la pensione a 64 anni, rimangiandosi ciò che il Rassemblement aveva proclamato all’epoca delle grandi manifestazioni contro la controriforma delle pensioni di Macron. Tra le giravolte del Rn anche la posizione sull’Ucraina: “Non vogliamo rimettere in discussione gli impegni presi dalla Francia sulla scena internazionale…c’è una sfida di credibilità nei confronti dei nostri partner europei e dei nostri alleati della Nato” (dichiarazione di Bardella del 19 giugno). Un sovranista ‘à la carte’, stile Meloni.
La cosa forse più importante è che il Nouveau Front Populaire ha ridato slancio alla partecipazione popolare e prevedibilmente alla conflittualità sociale. È questa dinamica che va sostenuta.