Sudafrica: dopo 30 anni l’Anc perde la maggioranza assoluta - di Leopoldo Tartaglia

A trent’anni dalle prime elezioni libere e dalla fine dell’apartheid nel 1994, nelle elezioni dello scorso 29 maggio per la prima volta l’African National Congress (Anc), il partito che fu di Nelson Mandela e che da allora guida la ‘nazione arcobaleno’, ha perso la maggioranza assoluta in Parlamento.

La Commissione elettorale ha fornito i dati ufficiali, che, come previsto dai sondaggi, hanno decretato la fine del dominio dell’African National Congress. Il nuovo Parlamento (400 seggi) vedrà l’Anc occupare 159 seggi, seguito dalla Democratic Alliance (Da, 87), uMkhonto we Sizwe (Mk, 58), Economic Freedom Fighters (Eff, 39), Inkatha Freedom Party (Ifp, 17) e Patriotic Alliance (Pa, 9).

Rispetto alle elezioni del 2019 il passo indietro dell’Anc è stato significativo: è passato dal 57,5% (230 seggi) al 40,2%. Il principale partito di opposizione, la Democratic Alliance (Da), che ha il suo bastione elettorale all’interno della minoranza bianca, ha ottenuto il 21,8% dei voti. uMkhonto we Sizwe (Mk) – “lancia della nazione” in lingua zulu – il nuovo partito guidato dall’ex presidente Jacob Zuma è riuscito a ottenere il 14,6%, e nonostante abbia ottenuto risultati migliori del previsto ha dichiarato che sta valutando la possibilità di impugnare i risultati in tribunale. Economic Freedom Fighters (Eff) ha ottenuto il 9,5%.

Le ragioni della “sconfitta” dell’Anc vanno cercate nella sfiducia generata da tre decenni di scandali, assenza di prospettive per le giovani generazioni, inefficienza, crescita delle diseguaglianze. La corruzione dilagante sotto il predecessore dell’attuale presidente Cyril Ramaphosa, Jacob Zuma, ha svuotato le casse dello Stato; circa quattro sudafricani su dieci sono disoccupati, mentre i servizi pubblici di base sono pressoché inesistenti. Il potere e la ricchezza sono ancora nelle mani di una piccola minoranza, mentre la povertà estrema rende il Sudafrica uno dei paesi più disuguali al mondo, oltre che uno dei più pericolosi. I continui blackout elettrici, la crisi degli alloggi e il rallentamento di quella che è la seconda economia più sviluppata del continente non fanno che acuire il malcontento.

Dei 52 partiti che si sono presentati alle elezioni, il tradizionale partito di opposizione, ancora una volta secondo nelle preferenze, è l’Alleanza Democratica (Da), storica espressione degli interessi e dei privilegi della minoranza bianca, che ha sostanzialmente confermato la sua base di consenso. In precedenti elezioni amministrative aveva conquistato la gestione di Città del Capo e della provincia del Capo Occidentale.

Nemmeno gli Economic Freedom Fighters di Jiulius Malema, ex leader dell’ala giovanile dell’Anc, espulso dal partito un decennio fa, si sono giovati del pesante arretramento dell’Anc, arretrando a loro volta leggermente dal loro precedente consenso elettorale. Il loro è un partito nazionalista e populista che trova grande seguito nella giovane popolazione nera, in assoluto il segmento più deluso e in conflitto con l’Anc. A erodere più consensi all’Anc è stato il nuovo partito uMkhonto weSizwe (Mk), fondato da Jacob Zuma, che non era candidato in conseguenza della sua condanna a 15 mesi di carcere, poi condonata, per i mille scandali che avevano portato alla sua destituzione e all’allontanamento dall’Anc.

Nel tentativo di recuperare consensi, a due settimane dal voto il presidente Ramaphosa ha firmato un disegno di legge che introduce la copertura sanitaria universale nel paese di 62 milioni di abitanti; ha inoltre promesso, entro due anni, l’adeguamento di un “contributo al reddito di base” per i disoccupati. Ma si è trattato di provvedimenti e promesse poco credibili, di fronte agli insuccessi degli oltre trent’anni di ininterrotto governo dell’Anc.

Sugli oltre 27 milioni di aventi diritto hanno votato circa 16,3 milioni di elettori, oltre un milione in meno che nel 2019. Il presidente della Repubblica e capo del governo viene eletto dai membri del Parlamento entro trenta giorni dalle elezioni generali. Per la prima volta l’Anc si trova costretta a collaborare con uno o più dei partiti di opposizione, con la probabilità di dar vita ad una coalizione piuttosto instabile, viste le differenze politiche e le profonde rivalità tra i partiti che hanno ottenuto più seggi.

Se il leader di Da, John Steenhuisen, ha promesso di “salvare” il Sudafrica dalla malagestione dell’Anc e di voler evitare a tutti i costi una possibile alleanza tra Anc, Eff e Mk, quest’ultima coalizione sembra altamente improbabile proprio per la storia, recente e passata, dei conflitti intestini e delle scissioni dello stesso Anc.

Paradossalmente, ma non troppo, sembrano più vicine le piattaforme politico-programmatiche “riformiste” dei rivali storici Anc e Da. In ogni caso, purtroppo, sembra improbabile una svolta politica che risponda ai drammatici bisogni economici e sociali della maggioranza della popolazione.

 

 
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