Questione palestinese. È finito il tempo dell’ambiguità - di Milad Jubran Basir

Sono passati 76 anni dalla Nakba, quando centinaia di migliaia di persone furono costrette a lasciare la loro casa e a rifugiarsi in campi profughi nei paesi limitrofi. Tutt’ora sono lì sfollati in attesa di fare ritorno a casa loro come prevede il diritto internazionale. In questo interminabile periodo di tempo il popolo palestinese ha subito ogni forma di violenza fisica, morale, etica e culturale, è stato umiliato, emarginato, isolato e anche torturato nella sua dignità. Da allora non ha mai smesso di lottare in tutte le forme, partendo dalla lotta armata fino alla diplomazia, attraversando diverse difficoltà, senza essere stato sconfitto nonostante i vari tentativi ed i complotti contro di esso.

Nel lontano 1988, al Consiglio Nazionale Palestinese ad Algeri, il presidente Arafat proclamò unilateralmente l’indipendenza della Palestina con la formula dei “due Stati per due popoli”. Da allora ad oggi sono state adottate decine di risoluzioni dell’Onu, il consiglio di Sicurezza e l’Assemblea Generale, a favore della Palestina. Ma nessuna risoluzione è stata applicata da Israele per la complicità degli Usa e del mondo occidentale.

Dal 1988 ad oggi hanno riconosciuto la Palestina oltre 146 Stati su 193 facenti parte delle Nazioni Unite. Per ricordare a tutti quali sono, si trovano qui elencati con l’anno del riconoscimento.

Fu l’Algeria nel 1988 il primo paese a riconoscere la Palestina per la sua storia, la sua lotta e guerra di liberazione, che ancora non è finita purtroppo. Hanno seguito l’Algeria: Bahrein, Iraq, Indonesia, Libia, Kuwait, Malaysia, Mauritania, Marocco, Somalia, Tunisia, Yemen, Turchia, Afghanistan, Bangladesh, Cuba, Madagascar, Giordania, Nicaragua, Pakistan, Malta, Qatar, Zambia, Arabia Saudita, Serbia, Emirati Arabi Uniti, Gibuti, Albania, Brunei, Mauritius, Sudan, India, Egitto, Repubblica Ceca, Cipro, Gambia, Nigeria, Seychelles, Slovacchia, Sri Lanka, Bielorussia, Namibia, Unione Sovietica, Vietnam, Cina, Burkina Faso, Cambogia, Isole Comore, Guinea, Guinea Bissau, Mali, Mongolia, Senegal, Ungheria, Repubblica democratica popolare di Corea, Capo verde, Niger, Romania, Tanzania, Bulgaria, Maldive, Ghana, Zimbabwe, Togo, Ciad, Laos, Sierra Leone, Uganda, Repubblica del Congo, Angola, Mozambico, Sao Tomè e Principe, Gabon, Oman, Polonia, Repubblica democratica del Congo, Nepal, Botswana, Burundi, Repubblica del Centro Africa, Bhutan (tutti nel 1988); Rwanda, Etiopia, Iran, Benin, Guinea Equatoriale, Kenya, Vanuatu, Filippine (1989); Swaziland (1991); Kazakistan, Turkmenistan, Azerbaijan, Georgia, Bosnia (1992); Tagikistan, Uzbekistan (1994), Papua Nuova Guinea, Sudafrica, Kirghizistan (1995); Malawi (1998); Timo Est (2004); Montenegro (2006); Costarica, Costa d’Avorio, Libano (2008); Venezuela, Repubblica dominicana (2009); Brasile, Argentina, Bolivia, Ecuador (2010); Cile, Guyana, Perù, Suriname, Paraguay, Uruguay, Lesotho, Liberia, Sud Sudan, Siria, Salvador, Honduras, Saint Vincent e Grenadine, Belize, Dominica, Antigua e Barbuda, Grenada, Islanda (2011); Tailandia (2012); Guatemala, Haiti (2013); Svezia (2014); Santa Lucia, Vaticano (2015); Colombia (2018); San Kits e Nevis (2019); Barbados, Jamaica, Trinidad e Tobago, Bahamas, Spagna, Irlanda, Norvegia (2024).

Il 28 maggio scorso i primi ministri norvegese Jonas Gahr, spagnolo Pedro Sanchez e irlandese Simon Harris hanno dichiarato formalmente il riconoscimento della Palestina. Una decisione storica che ha un valore politico di grandissimo rilievo non solo dal punto di vista simbolico. I tre primi ministri hanno definito questa scelta politica “un riconoscimento necessario per favorire la pace e la sicurezza nella regione”. La risposta rabbiosa di Israele è arrivata subito dopo l’annuncio: ha richiamato gli ambasciatori da Dublino, Madrid e Oslo. E poi ha messo in atto la vendetta contro i palestinesi.

Informazioni riservate dicono che prossimamente altri Stati europei seguiranno Spagna, Irlanda e Norvegia. A questo va aggiunto il consenso generalizzato delle opinioni pubbliche mondiali che fa sì che nessuno possa trascurare o giocare con l’ambiguità come si è fatto per lungo tempo nel mondo occidentale. Oggi gli Stati devono decidere se si collocano dalla parte giusta della storia, come hanno fatto i popoli, oppure continuano con la loro ambiguità, a partire dall’Italia, perché la storia non perdonerà.

Il mondo deve rendere giustizia a questo popolo e deve chiedere scusa in modo solenne a quei bambini massacrati e bruciati vivi solamente perché palestinesi. Con questa barbarie non hanno ucciso e bruciato vivi solo quei bambini, ma hanno bruciato anche la nostra dignità, il nostro essere persone libere. Per ricordare quelli angeli uccisi nel sonno e perché non accada mai più ovunque il 26 maggio potrebbe essere la loro Giornata della Memoria.

Si chiamava Palestina, si chiama Palestina, sarà chiamata Palestina! La Palestina, signora Meloni non ha bisogno del suo riconoscimento, lei stessa e il suo governo ha/avete bisogno del riconoscimento della Palestina.

 

 
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