Il referendum internazionale sulla Palestina - di Milad Jubran Basir

No alla deportazione “volontaria” dei palestinesi da Gaza e dalla Cisgiordania.

L’Assemblea generale della Nazione Unite ha approvato venerdì 10 maggio una risoluzione che riconosce la Palestina, per cui da quella data la Palestina è qualificata a diventare membro a pieno titolo dell’Onu. L’Assemblea generale raccomanda al Consiglio di Sicurezza di “riconsiderare favorevolmente la questione”. Va ricordato che la Palestina partecipa da decenni ai lavori della Nazione Unite in qualità di Osservatore.

Questo voto, in piena aggressività e guerra senza precedenti da parte dell’esercito israeliano, rappresenta un referendum mondiale al livello più alto dal punto di vista istituzionale, che ha visto un verdetto chiaro e trasparente con 143 Stati a favore del riconoscimento della Palestina, 9 contrari, tra cui gli Usa, l’Ungheria, l’Argentina e Israele.

Venticinque Stati, fra cui l’Italia, la Germania e l’Inghilterra, si sono astenuti, andando contro ogni logica e diritto internazionale. Questi Stati da anni non fanno altro che parlare di “due Stati e due popoli”, ma evidentemente si tratta di chiacchiere e null’altro. Una ipocrisia politica che con questo ‘referendum’ si è manifestata in modo chiaro e trasparente.

L’Italia guidata dalla destra appoggia in modo incondizionato il governo israeliano, non rispettando la storia che ha “il bel paese” con la causa e il popolo palestinese. Il governo italiano, con questo comportamento antistorico, annulla e cancella una tradizione oramai consolidata di solidarietà, vicinanza e sostegno del diritto del popolo palestinese all’autodeterminazione.

Il 10 maggio, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha dato alla Palestina il diritto di operare all’interno del suo plenum, come Stato membro a pieno titolo. Questo voto rappresenta a tutti gli effetti un referendum mondiale sulla questione palestinese, a cui ne va aggiunto un altro rappresentato dall’opinione pubblica mondiale dei giovani universitari in tutto il mondo, che si stanno mobilitando per sostenere il diritto del popolo palestinese.

Due ‘referendum’ schiaccianti che si contrappongono allo spirito coloniale ancora vivo in molti Stati occidentali. Il voto del 10 maggio dimostra in modo inequivocabile che purtroppo non ci siamo ancora liberati da questo concetto.

Il 15 maggio ricorre l’anniversario del Nakba e, purtroppo, dopo 76 anni, anziché affrontare la tragedia di un popolo, il mondo occidentale non solo sta a guardare di fronte alla seconda Nakba che si sta verificando a Gaza e in Cisgiordania, ma agisce diventando esso stesso complice di questa ennesima tragedia del popolo palestinese. Da tempo si parla di deportazione di massa dei palestinesi di Gaza. E siccome questa proposta ha trovato un rifiuto da tutti, sia dai popoli che dai governi di tutto il mondo, si è iniziato a parlare di ‘migrazione volontaria’, un termine molto soft per evitare la reazione ed il rifiuto della politica verso la deportazione di massa, l’ennesima pulizia etnica.

L’annunciata costruzione di un porto mobile a Gaza da parte dell’amministrazione americana, che ufficialmente doveva essere utilizzato per fare arrivare gli aiuti umanitari ed i medicinali, di fatto serve a permettere la migrazione “volontaria” di chi non vuole morire sotto le bombe oppure per fame.

Chi accoglierà questi “deportati volontari” palestinesi? Sembra pronto un piano di distribuzione. Se queste informazioni si riveleranno fondate, sarà l’ennesimo atto di ingiustizia verso il popolo palestinese, di cui l’Occidente dovrà assumersi la responsabilità di fronte alla storia e alle future generazioni.

 

 
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