Strage di Brescia: verità e giustizia sono scritte nell’antifascismo - di Antonella Poli e Santo Gaffurini

Il 28 maggio ricorre il 50° anniversario della strage di Piazza della Loggia a Brescia, in cui persero la vita otto manifestanti di cui cinque insegnanti iscritti alla Cgil Scuola. Alla manifestazione in Piazza della Loggia parteciperà Maurizio Landini e sarà presente il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Per riflettere su quei fatti e ricordare solennemente le vittime della strage, sono convocate congiuntamente per il 27 maggio le Assemblee generali della Flc nazionale, Lombardia e Brescia.

Trascorsi cinquant’anni da un evento, il leit motiv ritiene che i fatti debbano essere consegnati alla “storia” per il venir meno di testimonianze dirette, ma anche la loro ormai scarsa attendibilità a causa del velo emotivo, dell’inesorabile tempo che trascorre. Perché dunque una comunità, una città intera non si acquieta, perché non le bastano le istituzionali corone d’alloro, le verità politiche e giudiziarie acclarate e promuove senza sosta una quantità importante di iniziative? Per almeno due ragioni che intrecciano il personale con il politico, la vita delle cittadine e dei cittadini: la prima è che quella strage ha funzionato come seconda nascita, quella della consapevolezza; la seconda che la democrazia è una costruzione alla quale decidiamo o meno di partecipare come protagonisti e dunque non ha scadenze, anniversari celebrativi.

Allora la cornice internazionale era l’equilibrio della guerra fredda, il mondo separato, con una ramificazione di dittature nella “parte occidentale” sostenute dagli Usa con la giustificazione politico-culturale del blocco sovietico quale nuovo nemico dopo quello sconfitto del nazifascismo. In realtà, in Occidente era in atto uno scontro di classe. Su un versante il capitalismo senza freni che trovava nei regimi autoritari, quelli fascisti (Spagna, Grecia, Portogallo, Vietnam, Cile, …) la cornice adatta all’affermazione “libera” del capitale. Dall’altra i movimenti, i sindacati, i partiti che credevano possibili una nuova etica, organizzazione, visione sociale, e che, in assenza di modelli a cui ispirarsi, provavano a dare sostanza a sogni collettivi. Fondamento di queste azioni la Costituzione, non solo per la sua armonia costruttiva, ma anche per la sua genesi nel dolore di chi aveva vissuta la tortura e l’oppressione e le sollevava all’altezza, appunto, di un sogno realizzabile.

Non c’era allora alcun dubbio sul significato della parola antifascista: si concretizzava ogni giorno in una ricerca diffusa che interessava il proprio lavoro, ma anche gli spazi associativi culturali e/o sociali, l’agire nel consesso politico rifuggendo la palude vischiosa della burocrazia, la sclerosi dei partiti politici, dello stesso sindacato.

In questo sono stati testimoni unici le compagne e i compagni Giulietta Banzi, Clementina Calzari, Alberto Trebeschi, Livia Bottardi, Luigi Pinto, Euplo Natali, Vittorio Zambarda, Bartolomeo Talenti. I primi cinque insegnanti della Cgil Scuola allora “sindacato in costruzione” che loro immaginavano schierato, dentro la classe operaia, capace di rivendicazione culturale, di dignità cognitiva per i più deboli, il contributo proprio che i docenti dovevano offrire per la rimozione degli ostacoli che impedivano la parità sancita dall’articolo 3 della Carta.

Nel ripercorrere negli anni successivi il loro percorso professionale per comprendere la loro “storia” anche con la pubblicazione “Quaderni dalla piazza”, abbiamo riscoperto la loro volontà di interpretare nell’innovazione metodologica, la fermezza nel rivendicare contenuti che aderissero alla vita degli studenti insieme con quanto veicolato dalla cultura classica, la grandezza attualizzata del suo portato, la loro cifra vitale. Ma anche la necessità di agire per l’affermazione di diritti civili, anche nuovi, sorprendenti, attraverso la partecipazione assidua alle iniziative in gruppi civili (Aied-Circolo del Cinema…) perché la “scuola”, il luogo privilegiato del confronto è la società nel suo insieme e non solo il laboratorio aula.

Per questo, per il loro sentirsi parte, erano in piazza della Loggia alla manifestazione antifascista promossa dal Comitato Unitario Antifascista: quella l’aula di quel giorno per illuminare lo slogan: “Studenti operai uniti nella lotta”.

Abbiamo voluto negli anni successivi renderci interpreti della memoria antifascista: presenti nella scuola alla ricerca di metodi di studio che non annichilissero gli studenti, negli organi collegiali che proprio in quell’anno le lotte degli insegnanti ci avevano consegnato, nelle Rsu per evitare una gestione del salario e dei diritti in capo solo a dirigenze pseudo padronali.

Oggi questo intendimento, questa azione, ci permette di vedere con lucidità il disegno autoritario e spesso “fascista” dell’azione del governo, ci fa essere in piazza, a scuola, nel contesto sociale a proclamare il nostro fermo antifascismo.

In questi anni si sono spente le voci di Ada, moglie di Luigi, e Lucia gemella di Clementina, presenti nella Piazza quel giorno e il cui dolore non ha mai sopito il loro e il nostro grido che rende indissolubile la richiesta di verità e giustizia.

 

 
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