Eravamo in tante e tanti lo scorso 31 gennaio, nella sala del Commiato del Cimitero maggiore di Padova, per l’ultimo saluto a Malakzarin Attarzadeh, universalmente conosciuta come Mali, inestimabile compagna e amica, riconosciuta portavoce della comunità iraniana, arrivata in città negli anni ‘60 da studentessa e mai più rientrata nel suo Paese dopo la rivoluzione khomeinista, scomparsa all’età di 77 anni.
In una delle molte testimonianze di compagni, amici, connazionali, così l’ha ricordata Maria Giovanna Turudda, sorella del nostro amato e compianto compagno Beppe:
“ 'Donna, vita, libertà' sono le parole che Mali pronunciava quotidianamente in relazione alla attuale situazione iraniana, permeata dal grido delle donne ribelli alle imposizioni anti libertarie del regime khomeinista. Questo perché Mali portava su di sé, donna e ebrea e curda e del Tudeh, i segni indelebili del perseguitato politico, dell’esule che mai spezza il legame con la propria terra ma ne evoca in ogni istante i colori, i profumi, le persone, i rituali, attraverso la propria particolare bellezza, i gesti delicati, la estrema coerenza e la grande inalterabile dignità.
La pacatezza, che non è debolezza né rassegnazione, era la sua forza, la comprensione dell’altro e l’accoglienza tratti sia del carattere che - mi è sempre sembrato di capire - della cultura antica del suo amatissimo paese.
La sua cucina, che tanti degli innumerevoli amici di Mali hanno avuto modo di apprezzare, narrava di lei in quanto donna e in quanto donna iraniana.
L’eleganza raffinata, naturale, era tutt’uno con il suo inalterato rigore ideologico e la sua saldezza morale: l’ingiustizia, la prevaricazione, la violazione dei diritti, di cui lei stessa è stata per tutta la vita vittima, la indignavano così come l’indifferenza e la superficialità. Costretta a stare lontana dalla sua terra e dalla sua famiglia per tutta la vita, fece della lotta la cifra dominante fino all’ultimo, sempre contro chiunque osasse avventurarsi sul terreno del sopruso e della violenza. Qui, dove è approdata tanti anni fa, ha fatto proprie le istanze umanitarie e sociali, diventando nel tempo un punto di riferimento dei connazionali fuggiti o perseguitati dalla Guardie della Rivoluzione, un porto fraterno in cui trovare aiuto, comprensione, ascolto. Con quel timido discreto sorriso che non potremo dimenticare garantiva comprensione, sostegno, amicizia. Vai, Mali, libera finalmente di danzare, con la stessa leggerezza con cui danzasti al matrimonio del tuo ‘fratellino’ Giuseppe”.
Così l’ha invece ricordata Hamid Reza Kakhpur, anch’egli iraniano, esule a Padova, già attivista e dirigente della Cgil: “Mali, compagna iraniana di origine curda, che ha lavorato sino alla pensione all’Inca Cgil di Mestre, ha sempre lottato non solo per la libertà del suo paese, ma anche per i diritti dei lavoratori. È una figura importante della comunità iraniana. Ha combattuto insieme ad altri compagni iraniani contro il regime dello Scià di Persia. Finalmente arrivò la rivoluzione con la caduta del regime. Ben presto fu un enorme delusione: nasceva la Repubblica islamica e una nuova e peggiore repressione, molti compagni imprigionati e fucilati in Iran.
Mali è stata un punto di riferimento di tanti giovani iraniani che frequentavano la mensa Anpi a via del Padovanino di Padova, dove c’era anche la sede storica della Cgil. Mali è rimasta in Italia per continuare la sua missione per la libertà, sempre in prima fila nella lotta per i diritti civili, ultimamente nelle manifestazioni tenute a Padova e in altre citta sull’onda di ‘Donna, vita, libertà’ che sono dilagate proprio dalle donne dopo l’assassinio di Mahsa Amini. ‘Le donne sono pronte a dare la loro vita per la libertà, vogliamo riprenderci il nostro paese dalla dittatura, la repressione e la tortura non ci possono fermare’: sono le sue parole alla manifestazione dell’ottobre 2022. Ciao compagna Mali, i compagni iraniani non hanno perso una compagna ma ‘la’ compagna!”.
Fuori dalla cerimonia, Leopoldo ricorda un episodio della lunga militanza di Mali, quando, nell’ottobre del 2005, accompagnò una delegazione promossa dalla Cgil nazionale in Afghanistan, per incontrare il sindacato, ma soprattutto associazioni di donne e della martoriata società civile afgana: “La sua presenza fu fondamentale, non solo per l’indispensabile lavoro di traduzione senza il quale non avremmo potuto comunicare direttamente e “liberamente” con le tante donne e i tanti attivisti afgani che abbiamo potuto incontrare in cinque intensi giorni. Ma furono importantissimi la sua consueta disponibilità, la sua intelligenza e visione, empatica con le donne e la società locale, capace di trasmetterci il senso più profondo della loro lotta quotidiana per l’autonomia, l’indipendenza e la libertà, individuale e collettiva. E la sua innata gentilezza, e il suo indimenticabile sorriso. Grazie, compagna Mali!”.