Un’organizzazione sindacale come lo Spi Cgil è per sua stessa natura portata a conservare memoria di tragedie del passato quali le guerre. Ed è anche per tale sensibilità che è da sempre impegnata per la promozione della pace e per la risoluzione dei conflitti contemporanei.
In questo solco si inserisce l’iniziativa “Parole di Pace”, organizzata ad Assisi lo scorso 26 gennaio. La Sala della Pace della Basilica francescana ha visto lo svolgersi di un intenso dibattito sulla cessazione del conflitto mediorientale e sulla costruzione di prospettive di pace e di giustizia.
I primi interventi sono stati quelli del Padre Custode del Sacro Convento, Moroni, e di Stefania Proietti, sindaca della città umbra. Discorsi di benvenuto, che hanno anche affrontato in modo diretto questioni difficili: Padre Moroni ha chiesto che il sindacato intervenga per la riconversione delle fabbriche di armi, giudicando la produzione lecita e illecita di armi e il loro traffico come cause dei conflitti nel mondo, domandandosi anche cosa ci sia di lecito nel costruire armi. La sindaca di Assisi ha ripreso questo tema accostandovi quello dell’economia di guerra e del rapporto tra banche e amministrazioni locali. “Prima di affidare i propri risparmi ad una banca, bisognerebbe chiedersi se questa è impegnata o meno nel commercio delle armi”, ha affermato, aggiungendo che le risorse vanno impiegate nel fronteggiare i cambiamenti climatici, non nella produzione bellica.
Il dibattito si è rivelato di alto livello, concretezza, interesse e tensione ideale sia per la drammaticità della situazione affrontata che per le caratteristiche degli ospiti che lo Spi ha saputo riunire.
Jamal Zakout, dirigente della prima Intifada palestinese ed ex portavoce del primo ministro palestinese Salam Fayyad, ha ricordato l’impegno antico della Cgil e dei sindacati per i diritti del popolo palestinese. Ha poi denunciato con forza l’inutilità delle condanne delle Nazioni Unite contro lo Stato israeliano, se queste non sono seguite da provvedimenti punitivi per il mancato rispetto delle risoluzioni adottate dall’Onu. Ha parlato dell’esperienza della persecuzione subita da lui e i suoi familiari come esempio della repressione, delle violenze e dei soprusi sofferti da tutto il popolo palestinese; un’esperienza fatta di carcere, torture, deportazioni, lutti. Ha poi ricordato di essersi sempre opposto ad Hamas e, da dirigente dell’Intifada, di aver sempre dato indicazioni contro qualunque attacco verso civili israeliani. Ma si ha il dovere di ricordare che sono stati il fallimento degli accordi di Oslo e le umiliazioni subite dal popolo palestinese ad aver fatto nascere Hamas.
Ilan Baruch, ex ambasciatore di Israele in Sudafrica, ha affermato l’impossibilità della soluzione del conflitto mediorientale senza l’intervento diretto e l’impegno dell’Europa. E la risoluzione del conflitto è interesse di tutti. Ma tale soluzione è ormai dall’esterno che va imposta.
Aida Touma-Suleiman, deputata araba alla Knesset israeliana, ha parlato del terribile shock e del dolore straziante provocato in Israele dalla strage di Hamas del 7 ottobre. Ma nulla di ciò può costituire una giustificazione per i crimini successivamente commessi con l’invasione della striscia di Gaza, né può motivare la negazione del diritto del popolo palestinese all’autodeterminazione.
La storica e giornalista Paola Caridi, autrice del saggio “Hamas. Dalla resistenza al regime”, ha ripercorso le tappe che hanno portato alla tragica situazione attuale, sottolineando come, se si è arrivati a dover ricorrere alla Corte dell’Aja da parte del Sudafrica, è perché la politica internazionale è stata assente.
Giuseppe Provenzano, responsabile esteri del Pd, ha evidenziato il pericolo costituito da chi opera per scivolare verso un mondo dove si tornino a costruire scontri di civiltà e dove l’unica pace possibile sia quella garantita da una nuova guerra fredda e da nuovi blocchi politico-militari.
Ivan Pedretti, segretario generale dello Spi Cgil, concludendo l’incontro, ha ripreso la richiesta di aiuto proveniente dagli ospiti israeliani e palestinesi, che insistevano sulla necessità di interventi e prese di posizione chiare da parte dell’Europa. Pedretti ha descritto la crisi della democrazia occidentale, che mentre vede il ritorno di guerre non più governate si scopre anche sprovvista di leader adeguati. Ha poi parlato del bisogno di un’Europa che, partendo dai suoi valori fondamentali, sviluppi una sua autonomia basata sull’unità e il federalismo, con trasferimenti di poteri dagli Stati nazionali al livello continentale, e dagli stessi sindacati nazionali a quelli europei. Ad agire deve essere la politica, gli Stati e anche il sindacato: anche la Ces può svolgere un ruolo convocando una Conferenza tra i sindacati dei paesi in conflitto.