“Come promesso abbiamo approvato oggi un decreto legislativo attuativo del patto per la terza età: è una riforma di cui andiamo orgogliosi e che l’Italia aspettava da più di vent’anni, solo una tappa di un percorso che andrà avanti per tutta la legislatura”. Ecco come, in maniera trionfalistica, veniva presentato dalla presidente del Consiglio Meloni il primo decreto legislativo della legge nazionale sulla non autosufficienza. Il decreto legislativo in questione è inserito nella norma quadro approvata il 3 marzo dello scorso anno. Le organizzazioni sindacali dei pensionati per anni avevano chiesto tutele e assistenza per gli oltre tre milioni di persone non autosufficienti e le loro famiglie, e sembrava che finalmente le loro richieste fossero state accontentate, anche come condizione per l’attuazione del Pnrr.
“Aumento dell’assegno di accompagnamento da 530 a 1.380 euro al mese, con più di un miliardo di euro in due anni diamo finalmente risposte concrete ai bisogni dei nostri oltre quattordici milioni di anziani”. Questa la propaganda elettorale (sul Tg1 la notizia è uscita in accoppiata con le date del voto europeo). Leggendo il decreto, invece, le cose cambiano. Ci si accorge che gli anziani, i non autosufficienti e le loro famiglie sono stati tutti ingannati.
L’assegno di accompagnamento viene incrementato di 850 euro e non di mille, ovvero 150 euro in meno di quanto sbandierato, e l’aumento avverrà solo con un voucher da spendere in prestazioni assistenziali.
Nella sua sperimentazione, che parte dal prossimo anno 2025 e dura due anni (naturalmente dopo le varie elezioni che si terranno quest’anno) l’incremento andrà solo agli ultraottantenni disabili gravissimi, non autosufficienti. Sarà l’Inps a certificare, attraverso la valutazione di cartelle cliniche e pareri medici. L’Isee non deve superare i seimila euro. Facendo i dovuti calcoli, la platea dei possibili beneficiari è di venticinquemila persone in tutta Italia, a fronte di una platea di quasi quattro milioni di ultrasessantacinquenni non autosufficienti, e di quattordici milioni di anziani.
Ultima perla: i fondi sono sottratti ad altri capitoli di spesa e non sono affatto aggiuntivi come sostenuto dal governo, e non sono neanche un miliardo ma 500 milioni, 300 milioni per il 2025 e 200 per il 2026.
Molte regioni d’Italia già intervengono a sostegno degli invalidi gravissimi, per esempio Lombardia, Liguria, Campania, Puglia, Molise ed Emilia Romagna. Queste Regioni distribuiscono agli aventi titolo un assegno di cura attingendo al fondo per la non autosufficienza, assegno che varia dai 350 ai 1.200 euro e con limiti di Isee decisamente più favorevoli, soldi che possono essere spesi solo per l’assistenza del malato da parte di personale regolarmente contrattualizzato. I possibili beneficiari non possono sommare i due interventi che sono alternativi, ma devono scegliere.
Facendo due conti, però, la spesa assistenziale per un non autosufficiente (una persona che non è in grado di compiere da sola le funzioni essenziali della vita quotidiana, come nutrirsi, spostarsi, vestirsi, lavarsi e con un bisogno di assistenza 24 ore su 24) è molto superiore all’importo dell’accompagnamento, anche a quello rafforzato dal governo.
Se si sommano le spese per una badante non qualificata regolarmente contrattualizzata, le spese per le cure sanitarie, i prodotti specifici per l’igiene degli allettati, i fisioterapisti e gli infermieri per le terapie complesse (non sempre forniti dalle Asl) la cifra arriva spesso ai duemila euro. Insomma, le famiglie dovranno ancora una volta mettere mano alle loro tasche per poter assistere i loro cari, e di questi tempi diventa sempre tutto più difficile.
In questi giorni nella Lega Spi del mio comune, Barletta, c’è stato un via vai di anziani che venivano a informarsi su come poter accedere ai mille euro sbandierati. Il messaggio era arrivato forte e chiaro, in tanti speravano di vedersi aumentare la misera pensione di una cifra ai loro occhi, e non solo ai loro, considerevole. Vederli uscire a volte delusi, a volte arrabbiati dopo le spiegazioni ricevute è stato veramente brutto, anche per noi che eravamo portatori di disillusione.
Quanti milioni di anziani sono in attesa di vederli i mille euro, magari per aiutare il figlio o il nipote disoccupato o per potersi finalmente curare i tanti acciacchi dell’età? Magari ricominciando a canticchiare una canzoncina in voga alla fine degli anni trenta: “Se potessi avere, mille lire al mese”...