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Quando nel 1947 il Bullettin of Atomic Scientists di Chicago inventò l'Orologio dell'Apocalisse - il Doomsday Clock - per mettere in guardia dal rischio nucleare, erano passati meno di due anni dalla devastazione assoluta di Hiroshima e Nagasaki, ferita irrimarginabile nella coscienza della specie umana. Oggi le lancette sono vicine all'ora fatale della mezzanotte ancor più di quanto accadeva negli anni della Guerra Fredda, così è stata importante l'iniziativa “Fermiamo le lancette del Doomsday Clock. Cessare il fuoco e negoziare per fermare il conflitto in Ucraina e il rischio di una guerra nucleare”, organizzata dalla Cgil in Corso d'Italia a Roma, alla vigilia della grandissima manifestazione di sabato “La Via Maestra”.
Nel corso della giornata, promossa dai firmatari dell’appello “Cessate il fuoco”, dal Coordinamento per la democrazia costituzionale e da Europe for Peace, ha avuto (al solito) il pregio della chiarezza la disamina fatta dal fisico e premio Nobel Giorgio Parisi, da sempre schierato per il disarmo: “Pochissimi Paesi hanno firmato dichiarazioni ufficiali per garantire che non useranno per primi l’arma atomica. Lo hanno fatto Cina e India, non molte altre. Negli anni ’80 e ’90 la Nato ha sempre ribadito che la reazione ad un attacco avrebbe condotto anche all’uso di armi atomiche. All’epoca la minaccia veniva dal Patto di Varsavia, che non esiste più. La Nato però è sempre lì”.
“Da anni si fanno sforzi nella direzione di un trattato che abroghi l’uso delle armi atomiche – ha ricordato Parisi - ma i negoziati non stanno facendo passi avanti. Così la dottrina di nazioni come la Francia, l'Inghilterra, gli Usa e la Russia è che l'atomica può essere usata in caso di invasioni del territorio, se è in ballo la sopravvivenza dello Stato nazionale”. Una eventualità nefasta, che deve far moltiplicare gli sforzi a sostegno delle ragioni della pace.
Il 7 ottobre è stata una tappa della “via maestra”: una grande, bella, plurale mobilitazione di popolo, donne, uomini, lavoratori, pensionati, giovani, militanti della Cgil e di tante associazioni democratiche e antifasciste, pacifiste, ambientaliste, femministe. Un popolo capace di indignarsi di fronte alla deriva politica e culturale del paese, con un governo violento, disumano, feroce verso i più deboli, le morti e le sofferenze degli immigrati.
Siamo scesi in piazza per difendere e applicare la Costituzione, per i diritti sociali e civili, per l’uguaglianza. Per difendere lo Stato sociale, la sanità e la scuola pubblica. Per la democrazia parlamentare e rappresentativa.
Ci vuole ora lo sciopero generale per continuare il percorso, difficoltoso ma necessario per una Cgil riferimento e speranza per milioni di persone, soggetto generale di rappresentanza sociale, non a caso sottoposto a un violento attacco mediatico.
Sciopero generale come risposta condivisa nelle nostre assemblee, perché le condizioni di vita e di lavoro impongono di continuare la mobilitazione. Sciopero generale, possibilmente unitario, per spostare i rapporti di forza nel paese tra capitale e lavoro e far riprendere alla classe lavoratrice il ruolo dirigente che le compete, per la conquista del cambiamento radicale, economico, sociale e politico di cui c’è bisogno. Sciopero generale per la pace, contro un’Italia e un’Unione europea piegate a un atlantismo ideologico subalterno agli interessi Usa. Siamo in guerra, in un’economia e un’informazione di guerra: si aumentano le spese militari e si continua a inviare armi in Ucraina, in spregio alla Costituzione, sapendo che sul terreno bellico non vincerà nessuno, sarà la sconfitta della civiltà.
Sciopero generale contro un governo patriarcale, oscurantista verso i diritti delle donne, del mondo lgbtq+, repressivo verso i giovani e chi contesta nelle piazze. Contro chi privatizza e affossa il Sistema sanitario nazionale, taglia la spesa pubblica e non garantisce il diritto allo studio. Contro governo, associazioni padronali, Confindustria che alimentano precarietà, lavoro povero e salari indegni, contro chi, anche la maggioranza del Cnel, contrasta la legge sul salario minimo.
Sciopero generale contro un governo che continua a utilizzare i pensionati come “bancomat”, non rivaluta e impoverisce le pensioni da lavoro. Sciopero generale contro chi fa cassa con la privatizzazione delle aziende pubbliche, depauperando e svendendo, come nel passato, settori strategici. Sciopero generale contro chi, con presidenzialismo, premierato, autonomia differenziata, vuole la delegittimazione del Parlamento, la secessione dei ricchi e la rottura dell’unità del paese. Sciopero generale per difendere la democrazia e applicare la Costituzione antifascista: occorre mettere al centro la persona e il pianeta, non il mercato e il profitto.
La “via maestra”, costruita e condivisa con tante e tanti, ora dobbiamo percorrerla insieme. Sciopero generale per un futuro migliore e un paese più giusto!
Al Teatro dell’Affratellamento di Firenze - storica sede della Società di Mutuo Soccorso, nata dapprima come Società Corale nell’allora quartiere operaio di Ricorboli nel 1876 e restata sempre un patrimonio del movimento operaio, nonostante la buia parentesi del regime fascista - si è riunita sabato 23 settembre per l’intera giornata e con oltre sette ore di interventi, tutti straordinariamente brevi (10 minuti!) e tutti ascoltati, un’assemblea che ha raccolto, con adesioni individuali, il movimento della pace, in tutte le sue componenti, politiche, associative, laiche e cattoliche.
I nomi dei partecipanti raccontano la pluralità delle voci: da Domenico Gallo a Maria Luisa Boccia, a Marco Tarquinio, a Marc Botenga, Flavio Lotti, Alex Zanotelli, Pasqualina Napolitano, Ida Dominijanni, Moni Ovadia. Presenti anche Luigi De Magistris, Fausto Bertinotti (in video), Raniero La Valle, Michele Santoro, Stefano Fassina. Tra gli intervenuti, vogliamo ricordare Alfonso Gianni, ex parlamentare e sottosegretario nel governo Prodi e Roberto Musacchio, ex eurodeputato, Luisa Morgantini, ex segretaria nazionale Fim Cisl, vicepresidente del Parlamento europeo e animatrice delle Donne in nero, che sono tra coloro i cui articoli Sinistra Sindacale ospita sovente e con grande soddisfazione. Qualche altro nome, e ce scusiamo, ci sfugge.
L’assemblea è stata introdotta da Claudio Grassi che, insieme ad altre compagne e compagni, è stato tra i promotori dell’iniziativa, proseguita il giorno successivo con la costituzione di una associazione che ha riunito una parte dei partecipanti e quanti altri vorranno aderire, poiché “pace è la prima parola. Disarma è il nostro imperativo”.
Abbiamo partecipato con altri compagni all’assemblea. Il teatro, che ha una platea di oltre 120 posti a sedere, è sempre restato gremito durante tutta la giornata, e i presenti hanno seguito con attenzione tutti gli interventi.
Il conflitto tra Russia e Usa-Nato sulla pelle del popolo ucraino è stato analizzato sotto tutti i punti di vista: dei rapporti internazionali, della economia politica, del diritto, del conflitto tra i paesi e tra le classi sociali, dal punto di vista di genere.
Negli interventi non solo la lucida denuncia della inutilità della guerra, ma anche lo sdegno per le morti inutili, le distruzioni, il silenzio della politica italiana, del mondo imprenditoriale, l’inanità delle istituzioni internazionali, la fine del sogno di un’Europa unita fattore di pace e di coesistenza tra i paesi, proprio a partire dal continente, teatro non esclusivo, ma principale di due guerre mondiali. E le conseguenze sulla economia dei paesi belligeranti, con la crescita dei profitti legati alla produzione e al commercio delle armi, all’aumento dei costi delle materie prime, ma anche dei cereali, e quelle pesantissime sulle economie dei paesi coinvolti direttamente, ma anche indirettamente come l’Italia. Il vertiginoso aumento dei prezzi che falcidiano pensioni e salari, i tagli alla spesa pubblica, la follia di rilanciare il liberismo e le sue politiche mentre una guerra è in corso…
La “pace” è stata al centro di ogni intervento.
La contrarietà manifesta del popolo italiano verso la guerra, nonostante il tentativo del governo, delle grandi centrali dell’informazione, dei partiti politici parlamentari con poche eccezioni (5Stelle e la componente di Sinistra italiana nel gruppo Alleanza Verdi Sinistra e singoli parlamentari del Pd) di fomentare bellicismo e rassegnazione, deve trovare voce e dar vita ad un movimento largo e inarrestabile.
All'iniziativa è mancata la voce – non in platea e neppure tra i promotori, ma dal palco – della Cgil.
Il 7 ottobre siamo stati a Roma a manifestare anche per la pace, con movimenti e associazioni che a Firenze erano presenti e che erano con noi alla grande manifestazione del 5 novembre scorso.
La Cgil è un punto di riferimento importante per tutto il movimento della pace. Non è l’unico, ma è importante che sia sempre presente con la propria voce e il proprio contributo, anche quando non è il promotore. Non è questione di primazia. È questione di rendere più forte ed efficace la lotta per la pace.
Pensiamo a una cameriera ai piani con straordinari non pagati e lo stipendio legato alla quantità di stanze sistemate, parliamo di cottimo. Immaginiamo un addetto di sala bar o ristorante, con gli straordinari e qualche giornata o serata di lavoro pagati in nero, poi voucher e lavoro a chiamata. Lavoro per una manciata di ore e spesso in appalto e con il contratto multiservizi anche per cuoche, sporzionatrici, addetti delle mense. Oppure aiuto cucina inquadrato con contratto agricolo.
Immaginiamo operatori e guide museali altamente qualificati, con lauree e master, in appalto, con contratto intermittente, inquadrati senza rispetto della loro specializzazione. Come succede anche a tecnici audio-video, grafici e personale dell’industria culturale e creativa. Contratto e mansioni di addetti alle pulizie anche per gli operatori della filiera turistica stagionale: bagnini, guide culturali, addetti all’accoglienza e al facchinaggio in hotel, campeggi, strutture ricettive varie.
Sono solo alcune delle tante storie che varcano le nostre Camere del Lavoro, e rappresentano la quotidianità dell’offerta di lavoro nel settore del turismo. Part-time involontari, iper flessibilità, svalorizzazione delle professionalità e della formazione: il turismo vissuto e costruito come laboratorio di ultra precarietà, dove la maggioranza degli occupati è donna.
“Mettiamo il Turismo SottoSopra”, campagna lanciata dalla Filcams nazionale giunta alla seconda stagione, significa ribaltare modelli occupazionali insostenibili e capovolgere narrazioni false sulla mancanza di disponibilità lavorativa lamentata dalle controparti.
Quello che manca è la qualità del lavoro proposto e prestato! Lo confermano le indagini a campione dell’Ispettorato nazionale del lavoro: in Italia il 76% delle aziende controllate nel turismo e nei pubblici esercizi risulta irregolare, 4 imprese su 5, il 26% degli addetti lavora in nero. Irregolarità retributive e contributive e violazione delle norme di sicurezza anche nella provincia di Perugia: di recente l’Itl ha trovato irregolari 3 locali su 4, sospendendo 21 attività, il 75% di quelle controllate.
Le rilevazioni del Sistema informativo Excelsior ci parlano di assunzioni in Umbria sopra la media nazionale per i settori culturale, turistico e creativo: a luglio 2023 le assunzioni programmate segnano +140% (35% del totale regionale) sullo stesso mese del 2022, e nel trimestre luglio-settembre le assunzioni effettuate nella filiera del turismo crescono del 120% circa, e rappresentano più del 32% degli avviamenti totali regionali.
Ma queste figure professionali, spesso altamente specializzate, difficili da trovare come lamentano le imprese, come vengono formate e assunte? Per l’Inps i lavoratori dell’industria turistica sono tra i più precari e sottopagati. In effetti, il Ccnl del Turismo Confcommercio-Federalberghi è scaduto nel 2018, insieme a Turismo Confesercenti e a Turismo Confindustria, quello dei Pubblici Esercizi nel 2021, per un totale di un milione e 200mila persone. Poi abbiamo Turismo Agenzie di Viaggio (Confcommercio) scaduto nel 2020. Già questo connota quanto la realtà sia frammentata, disordinata, a rischio di dumping contrattuale. La scomposizione datoriale, le spinte verso nuovi perimetri associativi e contrattuali sono una minaccia per la costruzione di realtà aziendali produttive, solide e di qualità. L’assenza di norme che regolino la rappresentatività degli attori negoziali è un ostacolo per le corrette relazioni industriali, per i diritti dei lavoratori, per la corretta concorrenza tra imprese.
Per l’Istat il settore sconta redditi medi tra i più bassi. Il comparto del turismo però cresce esponenzialmente rispetto agli altri settori e produce oltre cento miliardi di Pil. Anche l’Umbria del turismo religioso e spirituale, storico-artistico, ambientale, culturale, enogastronomico, agrituristico, ha visto buoni risultati in termini di presenze nel primo semestre.
Lo sforzo comune a cui tendere è quello di costruire un nuovo e più forte modello di industria turistica, sostenibile e responsabile, superando precarietà e irregolarità, tutelando i lavoratori stagionali con formazione e ammortizzatori, mirando ad un turismo attivo tutto l’anno così da limitare spopolamento, sottosviluppo, emigrazione. Investire nel turismo in questo modo significa anche dare prospettive e futuro ai tanti giovani che fuggono dalla nostra regione, laureati e non, (2mila in 10 anni), e dare un orizzonte ai tanti giovani che rimangono.
Chiediamo alle Associazioni datoriali un salto in avanti per costruire un turismo attivo e sostenibile tutto l’anno. Anche la politica ha un ruolo importante, nell’agire sulle asimmetrie territoriali dei comprensori umbri e nel costruire percorsi rispettosi delle norme, della continuità occupazionale e nell’esigere la corretta applicazione contrattuale, a partire dai tanti appalti con committenza pubblica.
L’impegno della Filcams Cgil è quello di far uscire il settore dalla marginalità e di costruire insieme a tutti i soggetti in causa dei percorsi virtuosi.