C’è chi sostiene che lo sciopero non serve, che gli scioperi non funzionino, che la protesta sia un atto superato, del passato, inutile. Noi pensiamo invece che nella vertenza di Trenitalia i due scioperi di aprile e luglio siano serviti. Pensiamo che a differenza di altre volte si sia mosso qualcosa. L’accordo del primo agosto è un primo passo che non chiude la vertenza ma ha già portato dei risultati, non solo per Trenitalia ma per tutto il Gruppo Fsi.
Verrà completato un piano di assunzioni di circa duemila unità. Queste ultime consentiranno una copertura del turn-over in alcuni settori e in altri, per personale viaggiante ad esempio, saranno utili al fine di attuare interventi mitigativi strutturali sui turni di lavoro. È stato aumentato il valore del buono pasto.
Nello specifico della variegata realtà di Trenitalia è stata “sanata” una situazione che fino ad oggi comportava che lavoratori e lavoratrici che svolgono le stesse attività e mansioni avessero dei livelli professionali diversi. Nel settore commerciale saranno svolti percorsi di formazione e professionalizzazione importanti, sia per quanto riguarda una valorizzazione professionale degli addetti, che per dare una prospettiva e guardare al futuro per la materia legata al settore commerciale.
L’accordo prevede che a livello territoriale parta un confronto per definire turni di lavoro riferiti ai nuovi modelli di servizio. Per il settore uffici sarà necessario aprire un confronto sulle attività, inquadramenti, evoluzioni che hanno comportato necessità di adeguare alla contemporaneità le norme in essere. Sulla manutenzione rotabili, settore storico e fondamentale, a partire dal 20 settembre l’azienda ha aperto al confronto sul futuro del settore e il suo rilancio.
Per quanto riguarda il settore degli equipaggi sono state previste una serie di azioni finalizzate alla fruizione del diritto al pasto. Il confronto che si svilupperà, grazie alla vertenza, avrà un grande obiettivo: mitigare la gravosità dei turni di lavoro del personale, migliorare il benessere dei lavoratori.
L’accordo sottoscritto il primo agosto ha creato le condizioni di una nuova fase di confronto ma non ha chiuso la vertenza. La mobilitazione ha portato a primi risultati concreti, ha portato anche un clima diverso e più positivo da parte dell’azienda, che ha prodotto uno sforzo economico rispetto alle prime risposte ricevute.
I risultati della lotta e della contrattazione ci richiamano comunque ad una maggiore attenzione sui temi delle condizioni di lavoro e della sicurezza sul lavoro. Sebbene sia sempre complicato e difficile, anche emotivamente, parlare di morti sul lavoro e di incidenti, non possiamo non dire qualcosa rispetto alla tragedia di Brandizzo. Lo faccio in punta di piedi, con il massimo rispetto di chi è stato coinvolto e delle famiglie. Perciò parlerò del sistema e non del fatto, del fatto si occuperà chi è deputato a farlo: magistratura e istituzioni.
Per definire il luogo e i colleghi di lavoro nel mondo ferroviario non è corretto definire i colleghi “famiglia” ma trovo adeguato, e mi sento parte di, una “comunità”. La comunità dei ferrovieri, non è una comunità di dipendenti di una stessa ditta. È una comunità di uomini e donne che si svegliano alle 2 di mattina, che vanno a dormire alle 6, 7 od 8, che le notti non sono sempre a casa o per cui gli orari in cui si svegliano fanno impallidire quelli dei fornai. È una comunità ormai abituata a subire insulti come se fosse una cosa normale, a subire che una certa politica/cultura li definisca nullafacenti con lo stipendio assicurato. Qualche turno lo mostrerei a questi geni, solitamente incompresi, che si permettono di dire cose del genere.
Non siamo sottoposti a continue pressioni? Se il treno è in ritardo di chi è la colpa? Solitamente mai dell’organizzazione del lavoro ma sempre dell’ultimo che è sottoposto alle pressioni. Se non si fa l’attività di chi è la colpa? Di chi, nonostante abbia un “lavoro sicuro” e sia “privilegiato/a” per questo, non ha dato la disponibilità. Fai, che bisogna fare; vai, che bisogna andare. Perché sappiamo di essere colpevolizzati, non colpevoli, se il treno arriva in ritardo, se l’attività non viene svolta, se le persone non arrivano.
Poi però ci dicono che cinque morti all’anno in incidenti ferroviari è una media buonissima... Buonissima per chi? Per chi non ha un marito, un padre, un fratello che muore! Ogni volta che succede qualcosa è colpa dell’ultimo anello della catena, o della fatalità... Chi costruisce regole inapplicabili - così la responsabilità è di chi non le applica - non è mai responsabile. Ragioniamoci: vogliamo colpevoli o responsabili? Io voglio responsabili, anche morali. Il pensiero va alle vittime causate delle responsabilità, anche morali, e a chi ha perso un suo caro o una sua cara.