Quale sia il programma del governo in tema di droghe e carcere, giustizia e sicurezza è stato sempre molto chiaro. Per le sostanze e i giovani non possiamo non ricordare il “decreto rave”: criminalizza comportamenti giovanili definendo i rave come emergenze per la salute e la sicurezza, trascurando completamente la dimensione creativa e di libertà dal mercato del divertimento che li caratterizza. Si vuol far passare il messaggio che sono luoghi dove si fa un uso incontrollato di sostanze, quando i rischi legati a questi eventi sono simili a quelli di in molte altre situazioni.
La stessa logica emergenziale sta dietro al recente “decreto Caivano”, a seguito di quanto accaduto in quella zona. Anche questo decreto aumenta le pene per i minori trovati in possesso di sostanze stupefacenti, prevede l’arresto in flagranza per lo spaccio lieve, estende il Daspo urbano ai quattordicenni, prevede l’ammonimento dal questore anche per i bambini, il carcere per genitori che ‘non mandano i figli a scuola’. In più, è stata abbassata da 9 a 6 anni la soglia della pena che consente di applicare la custodia cautelare.
La logica è sempre la stessa che già descriveva Foucault, di sorvegliare e punire, e rischia di avere conseguenze devastanti perché non è più carcere a produrre emancipazione ed educazione per minori fragili.
Sfiora il ridicolo pensare di rispondere all’abbandono scolastico con la reclusione dei genitori, così come affidare attività sportive dei bambini ad un centro gestito dalla polizia, e nominare un medico della polizia ‘esperto in catastrofi’ come commissario per la riqualificazione dell’area nord di Napoli.
La criminalità minorile è sicuramente un problema, ma non vi si risponde, né si contrasta, inasprendo le pene, senza analizzarne le cause ed intervenire per prevenirla.
Il diritto minorile in Italia, uno dei più avanzati in Europa, è stato caratterizzato dalla volontà di agire per dare la possibilità ai minori autori di reati di uscire dal circuito penale, esclusivamente repressivo, agendo per il recupero e la risocializzazione, come previsto dalla Costituzione. Oggi si assiste ad un’inversione di rotta, inutile e pericolosa.
Soprattutto con i minori bisogna lavorare nel territorio, con servizi educativi, luoghi di socializzazione. A maggior ragione dopo decenni in cui si sono sottratte risorse alle politiche sociali e si è pensato alle città solo in termini di sicurezza e decoro, si è indebolito tutto il sistema educativo, e depauperate le scuole.
I problemi sociali non si risolvono con la repressione, con il carcere. Che negli anni sempre più è divenuto una discarica sociale. Anzi, il rischio vero è che uno Stato sempre più lontano, sempre più ostile, aumenti lo spazio di agibilità delle criminalità organizzate.
Dobbiamo educare e non punire. Per farlo c’è bisogno di maggiori risorse e investimenti nel sociale e nelle scuole. C’è bisogno di risorse adeguate a garantire trasporti, mense, l’aumento dell’offerta educativa e formativa, ma anche ludica e culturale. C’è bisogno di offrire ai giovani prospettive per il futuro, tramite possibilità occupazionali che garantiscano un lavoro dignitoso. C’è bisogno di misure, anche economiche, di contrasto alla povertà. È necessario dare risorse agli enti di prossimità, invece il governo taglia i finanziamenti, previsti dal Pnrr, per la rigenerazione urbana delle periferie.
Non abbiamo davvero bisogno di interventi spot, legati a singole emergenze, che hanno un grande impatto mediatico ma nessuna reale efficacia per gli scopi che dichiarano di voler perseguire. Presidio di legalità non è l’esercito nelle strade; città sicure non sono quelle che espellono il disagio, le povertà, che impediscono di sedersi su una panchina, ma servizi efficienti, diffusi sul territorio, politiche per il lavoro, per la scuola, per la casa.
Una politica efficace sulle droghe non si fa con la tanto sbandierata ‘tolleranza zero’. Gli effetti devastanti della ‘guerra alla droga’ sono sotto gli occhi di tutti: criminalizzazione dei consumi, che hanno riempito le carceri, e patologizzazione di ogni consumo. Il populismo penale, il giustizialismo, individua il nemico nei giovani, nella droga, e in nome dell’emergenza dà risposte repressive, inutili, con costi elevati in termini sociali, senza intervenire, come sarebbe necessario, nelle politiche pubbliche.
Ma si continua nella stessa direzione: prova ne sono aver inserito il Cbd fra le sostanze stupefacenti e il provvedimento che interviene sul Codice della strada. Questo prevede l’immediata sospensione della patente anche in caso di sospetto uso di stupefacenti, in attesa del risultato delle analisi. Soprattutto, sostituisce la formula ‘guida in stato di alterazione psicofisica’ con la dicitura ‘dopo l’assunzione di sostanze stupefacenti’. A prescindere dal tipo di sostanza, dal tempo di permanenza nel corpo.
La manifestazione del 7 ottobre anche a questo risponde: al rigurgito securitario e giustizialista che offende i principi costituzionali di giustizia, uguaglianza, promozione della persona.