Gérard Lutte, sempre dalla parte degli ultimi - di Vittorio Bonanni

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Quando ascolto o leggo il nome di Lutte mi torna in mente immediatamente la rivoluzione sandinista che nel 1979 abbatté il regime del dittatore Anastasio Somoza in Nicaragua. E con lui il suo libro “Quando gli adolescenti sono adulti. I giovani in Nicaragua” (Edizioni Gruppo Abele, 1984) che lessi con grande interesse e passione.

Lutte, scomparso lo scorso 10 luglio all’età di 94 anni, era un prete di frontiera sempre dalla “parte degli ultimi”, uno di quei religiosi scomodi, tanto da essere espulso dalla Congregazione salesiana della quale faceva parte. Lutte era nato a Genappe, in Belgio, nel 1929. A ventotto anni viene ordinato prete e successivamente impegnato ad insegnare psicologia al Pontificio ateneo salesiano di Roma, dunque all’interno della Congregazione fondata da Don Bosco.

Arrivato nella capitale si accorge subito della situazione di grande disagio che vivono quei tanti cittadini italiani provenienti dal nostro Meridione, più o meno come i migranti stranieri di oggi, costretti a vivere in baraccopoli, anche queste simili a quelle degli attuai lavoratori in fuga da guerre e povertà. Persone che popolavano i famosi “borghetti”, che ricevettero aiuti importanti anche da un altro sacerdote come Roberto Sardelli, ricordato con parole toccanti da Lutte in occasione della sua morte avvenuta nel 2019.

Il luogo dove il religioso belga si impegnerà è Prato Rotondo, un vero e proprio accampamento, privo di ogni pur minimo servizio come l’illuminazione e le fognature. Uno scenario drammatico. “Il terzo mondo era dunque anche a Roma – denunciò lo storico Vittorio Vidotto - e anche nelle periferie della capitale era possibile dare un senso alla propria missione”. Lutte non esita a gettarsi nella mischia condannando chi, all’interno della Chiesa e delle gerarchie ecclesiastiche, è più vicino agli sfruttatori che agli sfruttati.

Sulla base di questa constatazione il religioso distingue tra burocrazia ecclesiastica e il Vangelo. Prese di posizioni che gli provocarono nel 1971 l’espulsione dalla Congregazione e la sospensione “a divinis”. Misura repressiva inflitta frequentemente a molti sacerdoti impegnati nel sociale e spesso con posizioni vicine alla sinistra, come successe anche per Giovanni Franzoni, abate della basilica di San Paolo Fuori le Mura, allontanato dalla Chiesa ufficiale nel 1976. Tutto questo sull’onda del messaggio proveniente dal Concilio Vaticano Secondo.

Sorte analoga toccò anche a Giulio Girardi, anch’egli grande amico della rivoluzione sandinista, nel cui governo rivoluzionario trovarono posto numerosi esponenti di quella Teologia della liberazione alla quale religiosi come Lutte erano vicini. Non a caso anche il “prete-psicologo” – otterrà anche la cattedra di psicologia dell’età evolutiva presso La Sapienza di Roma - sarà uno dei protagonisti dell’esperienza dei “cristiani per il socialismo”.

L’azione repressiva della Chiesa non ferma l’impegno di Lutte e degli altri protagonisti della lotta per un alloggio degno di questo nome, fino a quando i baraccati verranno trasferiti nelle case popolari del quartiere Magliana, dove sceglierà di vivere anche Lutte e dove fonderà il Centro di cultura proletaria all’interno di un altro luogo critico della Capitale, come appunto era quel quartiere costruito a due passi dal Tevere.

Dicevamo del suo impegno a fianco del Nicaragua sandinista. Ma anche il Guatemala entrò nel suo cuore. Anzi, fu nella patria dei Maya che il sacerdote spese principalmente le proprie energie fondando il Mojoca (Movimento dei giovani di strada) che sarà tra i sostenitori di Amistrada, una rete di sostegno a progetti di carattere sociale.

Per il presbitero e pacifista Tonio dall’Oglio senza Lutte “l’umanità è più povera ma è altrettanto vero che, grazie a lui, i poveri sono un poco più ricchi. Quando lo si rimproverava di non obbedire ai suoi superiori – ricorda il religioso - rispondeva che i suoi superiori erano i poveri e che obbediva loro in modo scrupolosissimo”.

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