In tutti i congressi delle categorie della Cgil si è discusso della necessità di affrontare il tema della riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario. Anche in quello della Filt nazionale è stato approvato un documento politico con un chiaro indirizzo di riduzione dell’orario di lavoro all’interno dei contratti.
Per quanto riguarda le aziende che ricadono nel perimetro del trasporto, sicuramente quella in cui è più facile portare avanti queste rivendicazione è il gruppo Fs. Nelle aziende della holding Fs si applica un Ccnl che prevede 38 ore settimanali (36 fino a qualche anno fa), i rapporti sindacali sono continui, le aziende hanno necessità di riorganizzarsi. E non bisogna dimenticare che i ferrovieri, fin dalla fine dell‘800, sono stati un punto focale della classe operaia italiana.
Il gruppo Ferrovie dello Stato chiude i bilanci con utili significativi ormai già da molti anni e ultimamente, essendo Rfi l’azienda destinataria del maggior utilizzo dei fondi del Pnrr, sta portando avanti richieste di ristrutturazione dell’orario di lavoro, per aumentare in modo importante la produttività e la flessibilità.
Le condizioni per richiedere fortemente una riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario ci sono tutte. Lavorare 32 ore a settimana con un’articolazione di 4 giorni su 7 - spalmati su tutta la settimana - sarebbe possibile e utile per entrambe le parti. Da un lato miglior conciliazione dei tempi di vita, riduzione di stress e miglior qualità dei riposi, dall’altro incremento di produttività riorganizzando i turni di lavoro su 7 giorni per i manutentori, liberando spazi e tracce orarie per incrementare il trasporto di merci e persone su ferro, dando così avvio ad una transizione green, da troppo tempo invocata e rinviata.
Riducendo l’orario di lavoro ed articolandolo su 4 giornate si andrebbero a ridurre anche le assenze e i permessi usati per la cura dei familiari, con conseguente miglior pianificazione dei turni, si arginerebbero le dimissioni volontarie e aumenterebbe la produttività senza ricorrere allo straordinario, sempre più mal visto e causa di stress. Nel gruppo Fs infatti è forte il fenomeno delle dimissioni volontarie di giovani che non riescono a conciliare i tempi di vita e di lavoro.
A seguito della pandemia sono cambiate le esigenze e le priorità di gran parte della popolazione. Sono aumentate la ricerca di tempo libero e di socialità e sono ora in cima alle priorità dei giovani, unici ad aver realmente colto e coltivato il mantra ripetuto a non finire nel 2020 ‘ne usciremo migliori’. Assistiamo infatti ad un’alta adesione ai movimenti Fridays for Future, e al bisogno di coltivare passioni e aspirazioni fuori dai luoghi e dai tempi di lavoro. È il momento anche per noi e per le aziende di cogliere il cambiamento, e iniziare a farlo sopratutto dove il tempo è maturo per farlo.
La riduzione dell’orario di lavoro nel gruppo Fs renderebbe più attrattivo un mestiere che sta scendendo negli indici di gradimento e rischia quindi di perdere professionalità adeguate e importanti. Alzerebbe la produttività del gruppo rilanciando il trasporto su ferro, e creerebbe nuovi posti di lavoro.
Di pari passo va portata avanti un’altra battaglia sindacale: quella dell’eliminazione del dumping contrattuale. Ogni categoria ha il dovere morale di muoversi velocemente su questo argomento, partendo fin da subito dal ridisegnare i perimetri dei contratti di cui è firmataria.
Nelle strade ferrate si incontrano ormai lavoratori che fanno lo stesso mestiere ma ai quali vengono applicati svariati Ccnl. Per i macchinisti e il personale viaggiante abbiamo il Ccnl delle attività ferroviarie e del gruppo Fs, quello di Italo, quello del Trasporto pubblico locale e quello ‘merci logistica e spedizioni’ ( tutti firmati dalla Filt) e quello del multi servizi (Filcams); per la manutenzione abbiamo il Ccnl delle attività ferroviarie gruppo Fs per i lavoratori di Rfi (Filt) e quelli di edilizia e metalmeccanici (Fillea e Fiom) per tutte le altre ditte, oltre a svariati contratti aziendali di secondo livello molto diversi tra loro.
Armonizzare tutti questi Ccnl e portarli dentro un unico contratto – quello delle attività ferroviarie - metterebbe fine ad una concorrenza tra aziende basata tutta sulla riduzione del costo del lavoro e la contrazione dei riposi, facendo lavorare di più e pagando meno i lavoratori. Avere un unico Ccnl, magari che preveda 32 ore settimanali, porterebbe le aziende a investire in nuove tecnologie e aumenterebbe notevolmente la sicurezza del trasporto su ferro e dei lavoratori interessati. Non si può infatti permettere alle aziende di fare profitti sulla logistica e sulla manutenzione delle infrastrutture, perché questo porta inesorabilmente ad una riduzione di sicurezza, con lavoratori sottopagati e poco riposati che guidano treni su binari dove lavorano ditte che cercano profitto nei lavori di manutenzione, effettuata da lavoratori stanchi e stressati.
Al lavoro e alla lotta, per migliorare le condizioni del proletariato.