Il primo marzo scorso Bola Tinubu è stato dichiarato vincitore delle elezioni presidenziali in Nigeria, dove si è votato il 25 febbraio. La vittoria di Tinubu è contestata dai due principali partiti di opposizione, secondo i quali il sistema elettronico di voto è stato usato in maniera poco trasparente.
Tinubu, 70 anni, del partito di centro del presidente uscente Buhari, il Congresso di tutti i progressisti, ha ottenuto il 36% (circa 8,8 milioni di voti), contro il 29% (7 milioni) di Abubakar, 76 anni, del Partito democratico del popolo, centrodestra, e i 6,1 milioni (25%) del 61enne Obi, del Partito laburista.
Obi aveva attirato più attenzioni durante la campagna elettorale: è particolarmente popolare tra i più giovani, la parte più consistente degli 87 milioni di elettori, e rappresentava una novità: nella sua storia democratica – iniziata nel 1999 dopo 16 anni di dittatura militare - la politica nigeriana era stata dominata dai partiti di Tinubu e Abubakar.
La vittoria di Tinubu è stata dichiarata al termine di uno spoglio andato a rilento, proprio perché contestato. Tinubu è l’ex governatore dello Stato di Lagos - in cui Obi ha ottenuto la maggioranza dei voti - e uno dei politici più ricchi del paese, soprannominato “il padrino”. È stato accusato di aver assegnato appalti e contratti in modo non trasparente a persone a lui vicine.
Un altro motivo per cui la vittoria di Tinubu è contestata è la sua appartenenza religiosa: è musulmano, come il suo predecessore Buhari. In Nigeria, paese dalle molte divisioni religiose, c’è una consuetudine non scritta sull’alternanza di presidenti provenienti dal nord, a maggioranza musulmana, e presidenti del sud, a prevalenza cristiana, di norma affiancati da candidati alla vicepresidenza di provenienza opposta. Ci si aspettava che venisse eletto un presidente cristiano e del sud del paese, come Obi.
La Nigeria è uno dei principali produttori di petrolio in Africa, con un potenziale di estrazione di 2 milioni di barili al giorno. Ma la produzione reale va da 1,2 a 1,3 milioni e nell’ultimo anno il paese non è riuscito a sfruttare l’aumento dei prezzi del greggio, né a rispettare le quote di produzione assegnate dall’Opec, a causa del mancato ammodernamento delle infrastrutture, ma anche dei cosiddetti furti di carburante, rivenduto su mercati semi-clandestini. Non solo: la Nigeria, sfruttata dalle grandi multinazionali, non è in grado di raffinare il proprio petrolio per produrre carburante, come ha denunciato anche, dal congresso della Cgil, Emmanuel Ugboaja, segretario generale del Nigerian Labour Council, la principale confederazione sindacale del paese.
Le sfide principali della Nigeria riguardano la corruzione, l’insicurezza endemica dovuta agli estremisti come Boko Haram nel nord-est, al banditismo diffuso e a questioni etniche legate al controllo e sfruttamento delle risorse del territorio, ma anche la disattenzione verso i giovani.
Gli effetti dell’instabilità della prima economia dell’Africa si ripercuotono inevitabilmente al di fuori del continente. Gli osservatori mondiali hanno gli occhi puntati sulla Nigeria per l’influenza geopolitica del paese, e soprattutto per le sue grandi e ambite risorse energetiche.
Le relazioni tra Unione europea e Nigeria – cominciate nel 1975 dalla Cee con l’accordo di Lomé - si sono fatte più strette a partire dal 1999. Oggi la Commissione europea ha in corso un programma, che terminerà nel 2024, con un investimento da 508 milioni di euro nel campo dell’economia sostenibile, della governance e dello sviluppo umano mirato a combattere le diseguaglianze.
L’Italia, dal canto suo, opera in Nigeria con l’Agenzia per la promozione e l’internazionalizzazione delle imprese italiane, e i rapporti commerciali sono forti ed estesi. La Nigeria è infatti il secondo partner commerciale dell’Italia nell’Africa sub-sahariana dopo il Sud Africa: esportiamo mobili, materiali da costruzione, tecnologia. Le esportazioni dall’Italia sono state valutate a 1,89 miliardi di dollari (2018). L’Eni è presente nel paese dal 1962. Ultimamente ha firmato nuovi contratti di esplorazione e produzione di gas naturale liquefatto, mentre non si sono mai fermate le estrazioni di petrolio.
Ma Italia e Europa guardano a quanto accade in Nigeria (213 milioni di abitanti) per la sua popolazione giovane, costretta spesso alla migrazione forzata a causa del destabilizzato contesto economico-sociale. Nel 2050 la Nigeria sarà il terzo paese più popoloso al mondo: l’età media è di 18 anni, e il 70% della popolazione è under 30.
La Nigeria ha circa 90 milioni di giovani disoccupati, e i nigeriani sono i più numerosi tra i gruppi africani che vivono in Italia e nell’Unione europea. Nella sua furia di chiusura delle frontiere il governo italiano a guida neofascista ha pensato bene di definire la Nigeria, con un decreto della Farnesina del 17 marzo scorso, un “Paese di origine sicuro”, rendendo sempre più difficile per i nigeriani, anche quelli che fuggono dai territori controllati da Boko Haram, ottenere la protezione umanitaria nel nostro paese!