La decisione del capo del governo spagnolo Pedro Sanchez (Psoe) a fine marzo di considerare come “base credibile” il piano di autonomia per il Sahara Occidentale proposto dal Marocco all’Onu, esattamente 15 anni fa, l’11 aprile 2007, costituisce l’ennesima pugnalata alla schiena del popolo sahrawi da parte di Madrid. Il piano prevede infatti una “autonomia” amministrativa del Sahara Occidentale all’interno del Regno del Marocco. Lo Statuto di questa autonomia sarà negoziato e poi sottoposto a un referendum. Rabat pretende di spacciare come “autodeterminazione” questo voto che non contempla l’opzione dell’indipendenza.
Tale proposta è decisamente respinta dal Fronte Polisario che si batte per l’autodeterminazione del Sahara Occidentale, attualmente occupato per circa i 2/3 dal Marocco. Il piano di autonomia è dal 2007 presente in tutte le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, nel quadro degli “sforzi seri e credibili” da parte del Marocco. Tuttavia è la prima volta che Madrid si smarca apertamente dalla formula abituale del generico sostegno all’autodeterminazione del popolo sahrawi. Il motivo di questa improvvida decisione è nel ricatto esercitato da Rabat nei confronti di Madrid a proposito delle migrazioni.
Da sempre il Marocco manovra il rubinetto delle migrazioni per costringere la Spagna, ed anche l’Unione europea, a modificare la propria politica, in particolare nei confronti del Sahara Occidentale. L’ultima volta è successo nel maggio dello scorso anno, quando Rabat ha letteralmente lanciato circa 8mila migrati oltre le barriere di Ceuta, una delle enclave insieme a Melilla che la Spagna mantiene sulla costa mediterranea del Marocco, per protestare contro l’ospitalità per cure sanitarie che Madrid aveva concesso al leader del Polisario, Brahim Ghali, affetto dal Covid19.
La crisi si è trascinata quasi un anno, ed ha come epilogo la dichiarazione di Madrid in cambio di un riconoscimento della “integrità” della Spagna, che teoricamente dovrebbe comprendere anche le due enclave, residui del passato coloniale spagnolo in Africa.
La decisione di Sanchez è stata fortemente contrastata dai partiti di opposizione e dai sindacati come Comisiones Obreras e Ugt. Ha suscitato tensioni nella stessa coalizione di governo, dove Unidas Podemos si è dissociato. La società civile è scesa in piazza in diverse città spagnole per protestare, anche perché nel frattempo la guerra nel Sahara Occidentale è ripresa dopo la rottura del cessate il fuoco da parte di Rabat nel novembre 2020, e la repressione nei confronti degli attivisti sahrawi nei territori occupati si è accentuata.
Il primo e fondamentale tradimento che Madrid ha compiuto nei confronti della sua ultima colonia africana risale al febbraio 1976, quando decise di abbandonare definitivamente il territorio nelle mani del Marocco che, insieme alla Mauritania poi ritiratasi dal conflitto, aveva iniziato a invaderlo militarmente. Ne è seguita una politica sempre ambigua: da una parte ha sostenuto formalmente gli sforzi dell’Onu, che dal 1991 ha una missione dei caschi blu per osservare il cessate il fuoco tra Marocco e Polisario e per organizzare il referendum di autodeterminazione; dall’altra non ha mai smesso, con la complicità dell’Unione europea, di saccheggiare le risorse naturali del Sahara Occidentale, anche sulla base di accordi con Rabat in materia di pesca e agricoltura. La Corte di giustizia europea li boccia regolarmente perché il territorio sahrawi non fa parte del Marocco, ma Commissione europea e Madrid insistono.
La decisione di Sanchez ha profondamente irritato l’Algeria, che da sempre sostiene il principio dell’autodeterminazione dei Sahrawi, e capita nel momento dell’invasione russa dell’Ucraina e della conseguente crisi mondiale del gas, di cui Algeri è uno degli attori principali. La Spagna riceve infatti la metà del suo fabbisogno dal gas algerino, attraverso due gasdotti, uno dei quali passa attraverso il Marocco (Maghreb-Europa).
A seguito della rottura delle relazioni diplomatiche tra Algeri e Rabat e della crescente tensione tra i due paesi, il gasdotto che transita dal Marocco è stato chiuso, e l’Algeria nei primi mesi di quest’anno è riuscita a fornire alla Spagna solo un quarto del fabbisogno, pur impegnandosi a mantenere le forniture ai livelli precedenti.
Intanto Madrid ha promesso al Marocco, privato del gas algerino, di alimentarlo in gas. La partita diplomatica e geostrategica si fa dunque sempre più complessa e imprevedibile.