Extintion Rebellion: non chiamateci “estremisti del clima” - di Alice Benedetti

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Dal 30 settembre al 2 ottobre a Milano, in occasione della PreCop26, giovani da tutta Europa si sono mobilitati nelle piazze e nelle strade per porre attenzione sull’emergenza della crisi climatica con marce ed azioni. In particolare, gli attivisti di Extinction Rebellion, di cui faccio parte, hanno partecipato a diversi presidi e blocchi stradali, subendo multe e fermi, venendo poi bollati da alcuni giornali come “gli estremisti del clima”. Io vorrei spiegarvi il nostro punto di vista.

Partiamo con una definizione: Extinction Rebellion, o Xr, è un movimento che, attraverso le azioni dirette non violente, cerca di creare coscienza nei governi e nei cittadini sulla crisi climatica. Il movimento nasce in Inghilterra nel 2018, e nel giro di pochi anni ha riscontrato un successo notevole. Il movimento è diviso in gruppi locali, dove le decisioni vengono prese in maniera autonoma, democratica ed orizzontale. Inoltre, non esiste un “grande capo di Xr”, ma tante piccole o grandi realtà che chiunque può creare.

Extinction Rebellion è diventato famoso soprattutto grazie alle sue azioni, teatrali e di forte impatto visivo, ma anche per le cosiddette azioni di “disruption”, ovvero volte a causare disagi nel business as usual.

In questi giorni di PreCop, Milano ha visto un po’ di tutto. Le strade intorno al Milano Convention Center (MiCo) sono state bloccate, la Red Rebel Brigade ha sfilato per il Duomo e i Navigli, le sedi dei giornali sono state occupate, e le piazze sono state riempite da cori, bandiere e striscioni. Ma perché tutto questo? Perché quella che si terrà a breve a Glasgow è la ventiseiesima Cop della storia, e nelle venticinque precedenti non sono stati presi provvedimenti concreti per fronteggiare una vera e propria emergenza che, negli ultimi anni, ha iniziato a colpire anche i paesi più potenti. Per citare Greta Thunberg, tutto ciò che è avvenuto sono state chiacchiere, un “bla bla bla” dei potenti che poi, contemporaneamente, si aspettano che i giovani trovino soluzioni, ma allo stesso tempo li criticano se essi tentano di cambiare le cose.

I potenti del mondo ignorano le disperate richieste d’aiuto dei più deboli, dei meno ricchi e privilegiati, che non possono scansarsi dagli effetti della crisi climatica. Inoltre i media di massa, come i giornali, la televisione e le radio, non danno minimamente lo spazio mediatico che questa emergenza si meriterebbe di avere. Ed è proprio per questo che gli attivisti e le attiviste di Extinction Rebellion in questi giorni hanno occupato pacificamente la sede della Rai.

Molte persone, compreso il ministro della transizione ecologica Cingolani, ci chiamano estremisti (e radical chic), ma secondo noi non c’è nulla di estremista nel lottare per un futuro migliore per tutti e tutte. Quindi cerchiamo di causare i più possibili disagi nel business as usual (ovvero nel procedere incalzante della vita di tutti i giorni, come se nulla stesse accadendo), ma sempre e comunque rimanendo non violenti. Questo perché la non violenza è uno dei dieci principi di Extinction Rebellion, e, nella storia contemporanea, si è sempre dimostrata efficace nello smuovere l’opinione pubblica su tematiche sociali. Noi non crediamo nella violenza, e nemmeno nel puntare il dito su qualcuno accusandolo di stare causando danni (No blame no shame, altro principio di Xr). Questo non significa che non ci si debba prendere le proprie responsabilità, ma che noi, in quanto movimento, cerchiamo di colpevolizzare il meno possibile le singole persone. Anche perché, una volta puntato il dito, se la persona in questione è un multimiliardario potente ed influente, difficilmente in esso si smuoverà qualcosa di positivo.

Spero che questo articolo abbia fatto chiarezza su chi siamo e su che cosa vogliamo. Spero anche che qualcuno dei lettori, magari proprio tu, decida di unirsi alla nostra causa. Anche se mi sembra sbagliato chiamarla causa, perché stiamo lottando per contrastare qualcosa di enorme, che coinvolge tutte e tutti. Con amore e rabbia.

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