Norvegia: destre sconfitte, cresce la sinistra radicale - di Franco Ferrari

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Gli otto anni di governo delle destre in Norvegia sono terminati con una secca sconfitta elettorale. I quattro partiti che hanno sostenuto la prima ministra uscente, la conservatrice Erna Solberg, hanno perso complessivamente 20 seggi, scendendo largamente al di sotto degli 85 necessari per costituire una maggioranza parlamentare. Nel blocco di destra risulta penalizzato dagli elettori anche il Partito del Progresso che, al di là del nome, rappresenta la destra populista e xenofoba. In queste elezioni il tema immigrazione è rimasto fuori dall’agenda.

Invece le implicazioni del cambiamento climatico, per un Paese che affida una parte significativa del suo Pil all’estrazione e alla vendita di gas e petrolio, sono diventate particolarmente rilevanti e hanno dominato il dibattito elettorale dopo l’ultima relazione dell’Ipcc (il gruppo intergovernativo dell’Onu sul cambiamento climatico), che ha lanciato a livello globale l’allarme per un aumento della temperatura fuori controllo.

La Norvegia non potrà continuare a beneficiare a lungo di questo “tesoro” naturale e i partiti si sono dovuti schierare su modi e tempi dell’uscita dal fossile. I Verdi, che hanno assunto la posizione più intransigente, non sono stati premiati dagli elettori. Dopo i successi delle elezioni amministrative del 2019, si attendevano di beneficiare di un’“onda verde” ma alla fine non sono riusciti a superare la soglia di sbarramento del 4%.

Tra le forze dell’opposizione si sono soprattutto rafforzati il Partito di Centro e le due formazioni della sinistra radicale (Partito Socialista di Sinistra e Partito Rosso). Il Partito di Centro rappresenta soprattutto le aree rurali che sono state particolarmente colpite dalle politiche di centralizzazione portate avanti dalla destra. Il governo della Solberg ha ridotto, attraverso un percorso di unificazione forzata, le unità amministrative decentrate e questo ha anche messo in pericolo i servizi del welfare nelle zone periferiche. Il Partito di Centro si era dichiarato indisponibile a governare insieme ai Socialisti di Sinistra, ma dopo il voto questa posizione sembra più sfumata e dalla leadership del partito sono emerse anche voci di dissenso.

Indubbi vincitori delle elezioni sono anche i due partiti della sinistra radicale. Il Partito Socialista di Sinistra (SV) ha le sue origini in una scissione di sinistra del Partito Laburista avvenuta all’inizio degli anni ’60, alla quale si sono poi aggiunti una corrente eurocomunista e un’ulteriore tendenza socialdemocratica ostile all’ingresso della Norvegia nell’Unione Europea. La SV ha una forte presenza ad Oslo e la sua base elettorale nel settore pubblico (insegnanti, personale sanitario), soprattutto nella componente femminile. Si caratterizza come partito rosso-verde che unisce temi ambientali e giustizia sociale.

Il Partito Rosso si è formato nel 2007 sulla base della confluenza fra una formazione di origini maoiste con militanti attivi a livello di base nei movimenti sociali. È critico del capitalismo e opera in una prospettiva socialista ma in una dimensione non dogmatica e attenta ai problemi sociali. In queste elezioni per la prima volta ha superato la soglia elettorale del 4% e manda allo Storting, il Parlamento, una combattiva pattuglia di otto eletti. Ha avuto successo soprattutto tra i lavoratori a basso reddito.

Primo partito del Paese si è confermato il Partito Laburista che è però sceso dell’1%. Negli ultimi anni ha adottato argomenti che, almeno sul piano propagandistico, lo collocano più a sinistra. Dopo l’infatuazione per il blairismo è tornato a parlare il linguaggio classicamente socialdemocratico della riduzione delle ineguaglianze e, con cautela, della necessità di “tassare i ricchi”. È molto prudente sulle prospettive di uscita dal fossile e di riconversione ecologica dell’industria, e resta fortemente ancorato alla politica estera atlantista.

La previsione degli osservatori è che si andrà alla formazione di una coalizione a tre formata dai Laburisti, guidati dal multimilionario Jonas Gahr Store che diventerà primo ministro, dal Partito di Centro e dal Partito Socialista di Sinistra. Questa maggioranza aveva già governato per otto anni ed era nata anche per la pressione della LO, l’organizzazione sindacale tradizionalmente alleata ai Laburisti, ma che negli ultimi anni ha avviato nuove relazioni con le altre forze di sinistra. Ora la possibilità di realizzare una svolta significativa è molto affidata all’influenza che avranno, dentro o fuori dal governo, le due formazioni della sinistra radicale.

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