Una mobilitazione unitaria il 9 giugno in piazza Montecitorio.
Lo scorso 20 maggio è stato sottoscritto un Patto per rilanciare il sistema scolastico nazionale, con le firme da una parte del ministro dell’Istruzione, su delega del presidente del Consiglio, e dall’altra dei segretari confederali di Cgil Cisl e Uil. Obiettivo del Patto è di intervenire organicamente sulla scuola, per rilanciare il Paese verso un nuovo modello di sviluppo (dopo la grave crisi causata dalla pandemia), promuovere le nuove generazioni e valorizzare il lavoro scolastico.
La gestazione del Patto è stata molto lunga, in quanto le trattative hanno preso l’avvio all’indomani della sottoscrizione tra governo e sindacati di un altro accordo, quello del 10 marzo sul lavoro pubblico. Questo ultimo accordo, pur contenendo impegni che riguardano l’insieme della Pubblica amministrazione, non poteva affrontare aspetti peculiari del sistema scolastico, e pertanto ha richiesto la definizione di uno specifico Patto di settore.
La difficoltà a chiudere l’accordo è dipesa dall’esigenza di stringere il governo su impegni politici e sindacali che avessero una ricaduta concreta e un valore generale per l’intero Paese, comportando con ciò, in alcuni casi, anche l’assunzione di impegni onerosi aggiuntivi.
Uno degli impegni di maggior rilievo contenuti nel Patto è quello di garantire una ripresa delle attività scolastiche a settembre che assicuri fin dal primo giorno non solo generali condizioni di sicurezza per chi frequenta le aule scolastiche, ma anche che ogni posto di lavoro sia occupato da un lavoratore a tempo indeterminato. Questo perché negli ultimi anni l’incidenza del precariato - tra personale docente e personale tecnico e amministrativo - ha superato, di molto, la soglia delle 100mila unità, comportando con ciò non solo condizioni di insicurezza lavorativa per i tanti supplenti, ma anche conseguenze negative per la continuità e qualità del servizio offerto. Con l’accordo siglato ora c’è l’impegno a stabilizzare entro l’estate il personale precario mediante una procedura urgente e transitoria e, in prospettiva, a indire regolari concorsi per non alimentare più il precariato.
Altro punto importante del Patto è l’impegno a prevedere, con il prossimo rinnovo del contratto, “efficaci politiche salariali per la valorizzazione del personale scolastico”. Val la pena ricordare che il Ccnl è scaduto ormai da oltre due anni, e che le risorse stanziate in legge di bilancio sono al di sotto delle necessità di una categoria che, di fronte all’emergenza sanitaria e senza mezzi adeguati, si è fatta carico di garantire a tutti gli studenti, in presenza o a distanza, la continuità del diritto all’istruzione. Gli ultimi governi che si sono avvicendati hanno sempre assicurato aumenti stipendiali almeno “a tre cifre”, senonché le risorse effettivamente stanziate garantiscono per docenti e Ata della scuola aumenti medi ben al di sotto delle promesse fatte. Ora con il Patto il governo si assume la responsabilità di rispondere a un’aspettativa molto sentita, in una categoria i cui stipendi sono tra i più bassi non solo rispetto agli omologhi europei, ma anche tra i lavoratori pubblici italiani.
Molti altri sono i punti di interesse contenuti nell’accordo, dalla questione del numero degli alunni per classe, agli organici, ecc. Trattandosi di un Patto politico, è però evidente che rappresenta solo un punto di partenza, che occorrerà attentamente presidiare e monitorare perché sia rispettato ed applicato. Cosa per niente scontata, considerando la varietà della maggioranza parlamentare che sostiene questo governo, che non solo può mettere in discussione le singole scelte riguardo la scuola ma addirittura può compromettere la tenuta stessa del governo.
Il rischio è che possa venir meno il consenso politico necessario a trasformare gli impegni assunti in scelte conseguenti. E purtroppo le prime decisioni definite con il decreto legge “Sostegni bis” in materia di scuola già contrastano con quanto concordato, evidenziando così tutti i limiti di un governo incapace di imprimere il necessario cambiamento per il riconoscimento dei diritti sociali e universali a partire dall’istruzione. Ciò comporta che il sindacato sia chiamato a mobilitarsi, nell’interesse generale e per rivendicare il rispetto degli impegni sottoscritti dallo stesso governo.
Con questo obiettivo, una prima manifestazione di tutti i sindacati di categoria è stata indetta per il 9 giugno a Roma, in piazza Montecitorio.